I dieci siciliani in commissione nazionale antimafia Dalla testimone di giustizia all’ex sindaco di Catania

Si delinea la rosa dei membri che comporranno la commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere della XVIII legislatura. A far parte della commissione d’inchiesta bicamerale, istituita per la prima volta con la legge del 20 dicembre del 1962, sono 25 deputati e 25 senatori. Tra questi ci saranno cinque deputati e cinque senatori siciliani che avranno un posto assicurato a palazzo San Macuto, nel cuore del centro storico di Roma. Per capire da chi sarà ricoperto il ruolo di presidente – che negli ultimi anni è stato di Rosy Bindi (Pd) bisognerà aspettare la prima convocazione. Intanto, ecco i volti, i profili e i primi commenti dei componenti siciliani della commissione parlamentare antimafia.

Piera Aiello (M5s). È la prima testimone di giustizia eletta in Parlamento. Durante la campagna elettorale ha dovuto mantenere segreto il suo aspetto per non essere riconosciuta perché la sua è una storia di ribellione alle dinamiche mafiose. Originaria di Partanna (in provincia di Trapani), Piera è la moglie di Nicola Atria, ucciso da quattro killer nel 1991 per questioni legate allo spaccio di droga, e figlio di don Vito Atria già vicino agli ambienti mafiosi locali. Lei decide di non stare in silenzio e denunciare. A condividere questa scelta è anche sua cognata Rita Atria, la sorella di Nicola che all’epoca dell’omicidio del fratello aveva 17 anni. È per questo che Paolo Borsellino la chiamava «a picciridda» (la bambina). Entrambe diventano testimoni di giustizia e vengono trasferite a Roma, il giudice per loro diventa «lo zio Paolo». Una settimana dopo la strage di via D’Amelio, Rita si uccide gettandosi dal settimo piano di un edificio dove viveva, insieme a Piera, in una casa protetta. 

Davide Aiello (M5s). Laureato in giurisprudenza, dal 2013 al 2017 è stato consigliere comunale a Casteldaccia, il paese in provincia di Palermo di cui è originario.  

Giusi Bartolozzi (Forza Italia). Magistrata gelese e compagna dell’assessore regionale all’Economia e vicepresidente della Regione, Gaetano Armao. Giudice civile e penale nel tribunale di Gela dal 2002, diventa componente del consiglio giudiziario della corte d’Appello di Caltanissetta. Dal 2013 svolge le funzioni di giudice penale e civile alla corte d’Appello di Roma.

Carmelo Miceli (Pd). Originario di Ribera, in provincia di Agrigento. Da avvocato penalista ha rappresentato la parte civile in diversi processi contro la mafia, tra cui quella del Pd nel processo contro Matteo Messina Denaro. Nel 2013 viene eletto segretario provinciale del partito a Palermo. 

Erasmo Palazzotto (Leu). Palermitano e figlio di Michele Palazzotto, sindacalista della Cgil balzato alle cronache negli anni Novanta per aver subito diversi attentati dovuti all’impegno antimafia nel suo territorio. Inizia l’attività politica da giovane con il movimento No global e nel 2005 diventa coordinatore provinciale dei giovani comunisti. L’anno successivo entra a far parte della segreteria nazionale. Nel 2008 è tra i fondatori di Sinistra ecologia e libertà. Da segretario della commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, è stato tra i primi deputati a entrare al Cara di Mineo e a denunciare le disumanità e il sistema di corruzione intorno. 

Antonella Campagna (M5s). È originaria di Termini Imerese, in provincia di Palermo, dove da sette anni milita nel Movimento 5 stelle. 

Mario Michele Giarrusso (M5s). L’avvocato catanese ha militato nel movimento antimafia sin da giovane. Ha collaborato con il giudice Antonino Caponnetto, fondatore del pool antimafia di Palermo. Dopo la sua morte è stato tra i promotori della fondazione a lui intitolata di cui, adesso, è il referente in Sicilia. È anche autore del libro Il voto di scambio politico mafioso. «Sono stato scelto dal mio gruppo in virtù dell’impegno che, da sempre, dedico a questi temi». Tra i primi argomenti da portare sul tavolo della commissione per Giarrusso c’è «la trattativa Stato-mafia, perché bisogna fare luce sulle responsabilità e perché è ancora di grande attualità: è in quegli anni – aggiunge – che, nel Paese, cambia il rapporto con il gioco d’azzardo a causa di lobby legate alla politica, penso per esempio al ministro Vincenzo Scotti».

Valeria Sudano (Pd). L’avvocata catanese nipote dell’ex parlamentare dell’Udc Domenico Sudano si interessa alla politica sin dagli anni Novanta, quando si iscrive alla Democrazia cristiana. Nel 2010 prende parte alla scissione della corrente dell’Udc, da cui nascono i Popolari per l’Italia di Domani. Due anni dopo viene eletta deputata regionale all’Ars nella lista Cantiere popolare che abbandona l’anno dopo per aderire ad Articolo 4, entrando a far parte della maggioranza a sostegno del governo di Rosario Crocetta. Quando Articolo 4 confluisce nel Pd, Sudano aderisce ed entra a far parte della corrente renziana

Pietro Grasso (Leu). L’ex magistrato nato a Licata che, dal 2013 al 2018, è stato presidente del Senato e, nel dicembre del 2017, è stato tra i fondatori del movimento politico Liberi e Uguali di cui è leader. Nella sua carriera di magistrato si è occupato principalmente di indagini sulla criminalità organizzata. Nel 1980 è stato titolare dell’inchiesta sull’omicidio del presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella; appena cinque anni dopo viene designato giudice a latere nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra con 475 imputati. È lì che inizia la sua collaborazione con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sarà lui poi a coordinare le inchieste sulle stragi del 1992 e del 1993, di cui è un bersaglio mancato. Nell’ottobre del 2005 è stato nominato procuratore nazionale antimafia e, con il suo lavoro, ha contribuito anche alle indagini che hanno portato alla cattura di Bernando Provenzano.

Raffaele Stancanelli (FdI). «Non so perché abbiamo scelto me», dice sorridendo l’ex sindaco di Catania ancora sorpreso di aver ricevuto la comunicazione ufficiale dell’incarico dalla telefonata di MeridioNews. Avvocato di professione e vicepresidente della commissione giustizia al Senato, Stancanelli afferma che «di temi è ancora presto per parlarne, ma porterò in commissione la mia esperienza di amministratore e di politico che si è battuto contro la criminalità organizzata senza declamarlo. Non mi piacciono – conclude – gli antimafiosi per professione».


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