Vittoria, confisca di beni da 20 milioni per Titta u ballerino Rapporti con Stidda e mafia dietro ascesa negli imballaggi

Gli indizi di appartenenza a un’associazione mafiosa hanno retto. Questa in estrema sintesi la tesi venuta fuori dal collegio di giudici chiamati a valutare la richiesta di confisca di beni nei confronti di Giombattista Puccio, il 61enne di Vittoria noto a molti come Titta u ballerinu, per le relazioni che hanno accompagnato la sua ascesa imprenditoriale nel settore degli imballaggi in cartone. Rapporti che avrebbero visto Puccio ballare tra la Stidda e Cosa nostra. A esprimersi in questa direzione è stata poche settimane fa la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Catania. Il pronunciamento è arrivato quattro anni dopo il sequestro del patrimonio dell’imprenditore ipparino. Rispetto ad allora, il collegio ha restituito alcuni dei compendi aziendali su cui erano stati apposti i sigilli; si tratta delle cooperative Deca Bio Green e Alba, della società Agro Bio Service e della ditta individuale Asta Salvatore. Confermata invece la confisca della Mp Trade – società quasi monopolista degli imballaggi in cartone al mercato ortofrutticolo di Vittoria – della Gzg in liquidazione, della International Packing, della cooperativa Giza, e poi ancora dell’impresa Gr Trade e delle ditte individuali Puccio Luigi e Garna Tahar. Il provvedimento riguarda anche un fabbricato, alcuni mezzi, i rapporti finanziari già sotto sequestro, per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro.

La confisca nei confronti di Puccio è arrivata pur tenendo conto di una assoluzione in primo grado, ottenuta a ottobre scorso dall’imprenditore in un processo in cui è accusato di partecipare al clan Dominante-Carbonaro, legato alla Stidda, da prima del 2012. Il motivo sta nelle molteplici vicissitudine giudiziarie che hanno costellato il passato del 61enne e che sono state più di recente confermate da diversi collaboratori di giustizia. «Si ritiene che il giudizio penale – si legge nel decreto di confisca – abbia comunque evidenziato specifiche circostanze le quali impongono di ritenere Puccio socialmente pericoloso». All’uomo – nel cui passato ci sono precedenti per rissa, furto aggravato, omicidio colposo, lesioni personali, porto abusivo di armi e favoreggiamento della latitanza di esponenti della Stidda – è stata applicata la misura della sorveglianza speciale, con l’obbligo di dimora nel comune di residenza, per tre anni.

L’appellativo di ballerino risale all’epoca, in pieni anni Novanta, in cui Puccio, dopo essere stato contiguo agli stiddari del clan Dominante, accettò l’avvicinamento da parte della Mammasantissima, associazione legata a Cosa nostra. Gli esponenti di quest’ultima riuscirono a convicerlo anche grazie alla simulazione di un attentato, fatto passare come un’idea degli stiddari e saltato per l’intervento fondamentale di coloro che puntavano a essere i nuovi referenti di Puccio. L’imprenditore, dal canto suo, a detta di alcuni collaboratori di giustizia, ricambiò fornendo indicazioni sui commercianti che all’interno del mercato ortofrutticolo di Vittoria erano stati fin lì sottoposti a pizzo da parte dei Dominante e che, sfruttando il momento di debolezza del clan seguito a una serie di arresti, sarebbero potuti passare sotto il giogo della mafia.

«Puccio? Persona di grande serietà e molto rispettabile». A parlare così del 61enne è stato Rosario Avila, uno dei collaboratori ascoltati in questi anni. Avila è l’ex genero del boss Giambattista Ventura, dal quale avrebbe avuto rassicurazioni sull’affidabilità di Puccio, il quale, dal canto suo, proprio grazie alla vicinanza alla criminalità organizzata si sarebbe garantito una posizione dominante nell’indotto che ruota attorno al mercato ortofrutticolo. A poter vendere gli imballaggi in cartone sarebbero stati soltanto lui ed Elio Greco, altro soggetto indiziato di appartenere a Cosa nostra. Puccio e Greco sono due dei nomi che monopolizzano il mercato, l’altro noto anche alle cronache giudiziarie è quello dei Consalvo. In principio sulle cassette in cartone ci sarebbero stati degli attriti, poi smussati – viene ricostruito nel provvedimento – con il coinvolgimento nella disputa di Roberto Salerno, cognato di Greco, e della famiglia gelese dei Paolello, vicina a Puccio.

Grazie a ciò tutti gli imprenditori sarebbero riusciti a garantirsi un’ampia fetta di mercato, escludendo qualsiasi forma di concorrenza proveniente dall’esterno. Un ex dipendente di Puccio, oggi collaborante, ha raccontato agli inquirenti che nel periodo in cui aveva lavorato nella Mp Trade aveva ricevuto da Puccio delle pistole ed era stato invitato a usarle senza remore nel caso qualcuno si fosse introdotto nell’azienda. Al vaglio dei giudici è finita anche una denuncia presentata, nel 2018, dall’amministratore giudiziario della società, Luciano Modica. Il professionista segnalò intimidazioni ai danni di due dipendenti della Mp Trade, avvicinati da colleghi per costringergli a restituire parte dello stipendio. Dagli accertamenti è emerso che la prassi di intascare somme inferiori a quelle previste in busta paga sarebbe stata diffusa nel periodo precedentemente al sequestro. Grazie a questo sistema, la guardia di finanza ha quantificato che soltanto nel 2017 l’imprenditore aveva risparmiato circa centomila euro in stipendi. «Ognuno poi si prende le responsabilità delle sue azioni», sarebbe stata una delle frasi rivolte a una lavoratrice da uno dei dipendenti ancora fedeli a Puccio. 


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