Grande la partecipazione degli esponenti di tutti i partiti che compongono il fronte progressista. I tre hanno dibatutto di criminalità, corruzione e trasparenza amministrativa. Evitate polemiche sul tema dei parenti delle vittime di mafia in politica
Presidenziali, confronto tra candidati all’insegna del fair play Parte senza colpi bassi la sfida tra Fava, Chinnici e Floridia
Le primarie del fronte progressista partono all’insegna dell’ecumenismo tra le forze di coalizione. A Palermo, nel primo confronto tra Claudio Fava, Barbara Floridia e Caterina Chinnici, in rappresentanza rispettivamente di Centopassi, Movimento 5 Stelle e Partito democratico, che si contendono il ruolo di candidato a presidente della regione per il centrosinistra unito, oltre a un nutrito stuolo di attivisti e simpatizzanti, anche folte rappresentanze di tutti gli schieramenti. Dall’ex sindaco Leoluca Orlando al candidato sconfitto Franco Miceli, da una corposa delegazione dei deputati regionali pentastellati, tra cui spiccavano i volti di Nuccio Di Paola e Luigi Sunseri, ai quali è stata preferita Floridia dai vertici del Movimento, a consiglieri comunali e rappresentanti di ogni forza del fronte.
Per questa prima tappa, il tema scelto era quello dell’antimafia e dell’anticorruzione. I tre candidati hanno dato vita a un confronto pulito, senza colpi bassi, anzi, con ripetuti scambi di vedute argomentati e pacifici, complice anche un regolamento che centellinava gli interventi minuto per minuto e soprattutto un clima informale. Non sono mancate le domande scomode, a cui i protagonisti non si sono sottratti, specie Caterina Chinnici, che interpellata sulla figura di Raffaele Lombardo, di cui è stata assessora regionale, non ha rinnegato i buoni rapporti. «Da assessora – dice – ho avuto sempre modo di lavorare serenamente e senza ingerenze e di fare quello che ritenevo più giusto. E in un certo senso Lombardo ha sempre protetto la mia indipendenza». Parole meno clementi invece quelle spese nei confronti del successore del presidente autonomista, Rosario Crocetta, che pure era stato il candidato sostenuto fin dal principio dal Partito democratico. «Mi piace ricordare che nell’ambito del mio precedente impegno come assessora regionale, sono stata l’autrice di una norma importante proprio sull’anticorruzione e la trasparenza, approvata all’unanimità, ma finora rimasta inattuata – dice ancora Chinnici – Posso dire che il governo Lombardo mi ha consentito di scrivere questa norma, il governo Crocetta l’ha messa in un cassetto».
E su Crocetta spara anche Claudio Fava, che ha ricordato più volte dinamiche e vizi del cosiddetto sistema Montante, legato all’allora presidente di Confindustria Sicilia. «Questo sistema ha guidato spesa pubblica e determinazione delle spese di giunta – spiega il leader dei Centopassi – La cosa grave è che tutti lo sapevano. I commessi dell’Ars lo sapevano. C’erano riunioni che iniziavano due ore dopo perché Crocetta o altri dovevano definire quale doveva essere l’agenda di governo. Ci sono carriere che sono state definite all’ombra di Montante». Fava ha più volte posto l’accento sulla questione morale in politica, sollevata anche nell’ultima campagna elettorale per le Amministrative di Palermo. «La questione morale – dice – ormai è diventata più che altro questione giudiziaria: chiediamo ai giudici di fare il lavoro al posto nostro».
«Dagli approfondimenti fatti dalle commissioni Antimafia vengono sempre evidenziate le stesse criticità – ricorda invece Barbara Floridia – Se delle leggi sono state fatte e non riusciamo ad applicarle, o mancano, cosa possiamo fare? Trovare leggi che vadano a risolvere problemi. La mia esperienza riguarda il reddito di cittadinanza, che toglie manovalanza alla mafia, come abbiamo visto dalle ultime vicende giudiziarie. Ecco, servono misure economico-sociali che vanno a proteggere e liberare i cittadini e riprendere la legge sulla trasparenza». La candidata pentastellata ha anche ricordato l’importanza della presenza della stampa a palazzo dei Normanni, dove ancora non è possibile assistere dal vivo ai lavori d’Aula, non c’è una sala stampa attrezzata e non si può assistere alle sedute delle commissioni. E non è mancato neanche il passaggio sui parenti delle vittime di mafia, con Claudio Fava, figlio di Giuseppe Fava, ucciso a Catania nel 1984, che chiede: «Voglio che questi morti, i morti di mafia, vengano seppelliti come ci insegna Sofocle. Noi non dobbiamo dare dimostrazione a nessuno. Se qualcuno dopo quarant’anni è convinto che io utilizzo il nome di mio padre per fare politica, questo è un pensiero miserabile». Parole a cui fanno eco quelle di Caterina Chinnici: «Da magistrata all’inizio mi pesava essere definita “Caterina, la figlia di Rocco”. Poi ho capito che è parte di me e questo non c’entra con i risultati ottenuti a livello amministrativo. Seppelliamoli, dunque, i nostri morti, ma non dimentichiamoli». D’accordo anche Floridia: «Tutti e tre siamo qui per confrontarci sulle nostre competenze e capacità, il resto non conta, siamo sullo stesso piano».