Durante la latitanza di Nuccio Mazzei i Carcagnusi si erano affidati a un triumvirato per la gestione degli affari. Un nuovo organigramma con un compito preciso: quello di riaffermare a Catania e provincia il peso della famiglia mafiosa nonostante i continui arresti che ne avevano decapitato la struttura. La nuova famiglia, dal nome dell’operazione portata a termine dalla Guardia di finanza sotto il coordinamento della Procura etnea, ha fatto luce sulla rinnovata vitalità. A finire in manette sono state sette persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, rapina, estorsione e intestazione fittizia di beni.
I nuovi vertici sarebbero, secondo gli inquirenti, Gioacchino Intravaia – marito di Simona Mazzei e di conseguenza cognato del boss Nuccio -, Carmelo Occhione e Sergio Gandolfo. Il «ragioniere», così viene identificato Intravaia, è stato già coinvolto nell’operazione Ippocampo. Il suo sarebbe stato un ruolo pienamente operativo con mansioni di cassiere della famiglia in particolare per quanto riguarda il denaro proveniente dalla discoteca 69 Lune. Il locale – che si trova in via Messina nei pressi del porticciolo di Ognina – era la cassa del clan; «gestita da una rete di prestanome», spiega il colonnello delle Fiamme gialle Roberto Manna. A occuparsi delle gestione dei profitti anche Gandolfo. L’uomo, conosciuto con l’appellativo di camaleonte, avrebbe avuto un ruolo operativo anche per interfacciarsi con gli altri gruppi criminali della città. Vere e proprie «riunioni di mafia», spiegano in conferenza stampa gli investigatori, con cui venivano gestiti e suddivisi gli affari in città. A completare il quadro è Carmelo Occhione. Un rappresentante storico dei Mazzei come viene ammesso da uno degli arrestati in una telefonata, senza sapere di essere intercettato: «Quello è il responsabile, lui rappresenta Nuccio… però nella sua povertà è un cristiano che si è fatto un sacco di carcere».
Vocazione imprenditoriale ma anche controllo del territorio. Un compito quest’ultimo che nel quartiere di San Cristoforo, storica roccaforte dei Mazzei, sarebbe stato affidato a Cristian Marletta. Una figura emergente – non ha ancora compiuto vent’anni – che sarebbe riuscito a farsi strada grazie alla parentela di sangue essendo il nipote del boss Nuccio. Tra le mansioni, anche l’organizzazione di vere e proprie spedizioni punitive nei confronti di chi non sottostava alle regole imposte dal clan.
Tra le pagine dell’inchiesta emergono anche aspetti legati ai vecchi dettami di mafia, come la differenza tra dichiarati e avvicinati, ossia coloro che ruotano attorno al gruppo criminale pur non essendone formalmente affiliati. In una telefonata intercettata due uomini dei Mazzei con compiti di manovalanza spicciola parlano della distinzione. «Se mi arrestano per associazione a questo punto mi dichiaro», spiega Giuseppe Caruso al suo interlocutore Michele Isaia, entrambi finiti in manette.
Nella lista degli arrestati è finito anche Nunzio Tenerelli, cugino di Nuccio. All’uomo viene contestato il reato di rapina aggravata. L’evento risale al 30 giugno dello scorso anno, quando insieme ad altre sei persone assaltò armi in pugno un treno alla stazione ferroviaria di Acireale per sottrarre a una donna di nazionalità cinese uno zaino pieno di soldi.
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