I presidi non saranno obbligati a denunciare i figli degli irregolari, ma la proposta di legge della Lega Nord potrebbe spingere i genitori a non mandare i bambini a scuola. Intervista ad Anna Maria Nicosia, direttore del circolo didattico Biscari, una delle elementari catanesi impegnate nellintegrazione - Tu chiamala, se vuoi, integrazione- Voci (e lingue) del verbo imparare
Archiviata la norma, resta la paura
La Lega nord ci ha provato ancora ed anche questa volta senza riuscirci. Se prima volevano che fossero i medici a denunciare i clandestini qualora avessero chiesto di essere curati, stavolta è toccato ai presidi. Nel ddl sulla sicurezza, infatti, c’era la cosiddetta norma secondo la quale i capi d’istituto avrebbero dovuto chiedere il permesso di soggiorno al momento dell’iscrizione dei bimbi nella loro scuole e a denunciare alle forze dell’ordine gli irregolari. Sin da subito è apparso un forte dubbio di incostituzionalità e un’aperta violazione della Dichiarazione universale dei Diritti umani che all’articolo 22 recita: “Ogni individuo ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali, indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”. Così facendo infatti i ragazzini senza il permesso di soggiorno (di certo per volontà dei genitori e non loro) non avrebbero potuto godere del diritto allo studio. Lo scorso 5 maggio la norma incriminata è stata tolta dal ddl. Step1 ha intervistato Anna Maria Nicosia, dirigente scolastico del circolo didattico Biscari, scuola esempio di integrazione multiculturale a Catania.
Partiamo da alcune informazioni pratiche. Qual è attualmente la prassi per l’iscrizione alla scuola primaria?
“Il modulo d’iscrizione predisposto dal Ministero comporta la semplificazione massima dal punto amministrativo. Si fa tutto con l’autocertificazione. Noi non dobbiamo chiedere nulla. I genitori dichiarano dove sono nati, dove abitano, ecc. A noi non interessa se queste persone sono regolari o clandestini. La novità di quest’anno già in corso è stata la richiesta, da parte del Ministero, della certificazione del titolo di studio o livello di preparazione dell’iscritto, tradotto in lingua italiana, in modo da assegnare il bambino nella classe più adeguata”.
Chi parla con i genitori al momento dell’iscrizione?
“In genere gli addetti alla segreteria, ma qui cerco di occuparmene personalmente, in modo da conoscere i genitori, rilevare se ci sono bisogni o aspettative particolari, illustrare il nostro piano educativo e gli eventuali servizi in più al piano formativo standard”.
Le è mai venuto il dubbio che qualche genitore fosse irregolare?
“Non mi sono mai posta il problema. I bambini hanno diritto all’istruzione, a venire a scuola. È un diritto inviolabile e questo mi basta”.
Se fosse passata la norma cosiddetta dei presidi-spia avrebbe denunciato o no?
“Per me il diritto del singolo viene prima di ogni altra regola. I diritti del fanciullo sono riconosciuti a livello internazionale. Nessuno può venirmi a dire di comportarmi diversamente, quindi, sono sicura: non avrei fatto la spia”.
È mai venuto qualcuno, forze dell’ordine o genitori, a chiedere se alla scuola Biscari frequentasse qualche clandestino?
“No, mai. Da noi nessuno ha paura del diverso. È dai primi anni 90 che bambini extracomunitari frequentano questo istituto tranquillamente. Devo dire che inizialmente erano proprio gli stranieri ad avere qualche timore nell’iscrivere i propri figli, l’istituzione pubblica li intimoriva. La proposta di una legge come questa potrebbe far tornare questa paura. Anche solo la proposta, anche il solo parlarne credo sia deleterio. Un obbligo del genere sarebbe molto grave perché non c’è un’anagrafe di questi bambini e quindi sfuggirebbero ad ogni controllo. I servizi pubblici, in teoria, si attivano subito se un bambino non risulta iscritto a scuola, ma senza l’iscrizione all’anagrafe, quindi in uno stato di clandestinità questo non potrebbe avvenire, sarebbero degli invisibili”.
Perché, secondo lei, il Governo sta agendo così?
“Tutto viene nascosto dietro la richiesta di sicurezza, ma io sono convinta che a Catania non c’è paura degli stranieri, anche perché da sempre i siciliani sono andati in giro per il mondo a cercare fortuna e quindi hanno rappresentato loro stessi ‘gli stranieri’. I catanesi, poi, ad esempio, hanno poco rispetto della cosa pubblica, mentre gli stranieri vi si accostano con molto più rispetto. Da questo punto di vista, in Sicilia siamo arrivati a ‘io’, massimo al ‘tu’, al ‘noi’ ci dobbiamo ancora arrivare”.
Il percorso fatto fino ad oggi dalla scuola Biscari, comunque, a partire dall’anno prossimo, procederà su una strada nuova. L’istituto, infatti, poiché conta 400 bambini, è considerato sottodimensionato rispetto al minimo di 500 richiesto dal Ministro dell’istruzione pubblica Gelmini. Dal nuovo anno scolastico, pertanto sarà accorpato alla scuola Martoglio.“Non è bello vedere che una scuola che ha una lunga tradizione deve essere trattata come un plesso qualsiasi e il rischio che il paziente lavoro e il patrimonio di questi anni vada disperso, e mi riferisco al coinvolgimento dei bambini disabili ed extracomunitari, al collegamento con le famiglie. Sono tutte situazioni che comportano tempo, attenzione, studio nella formazione delle classi. Possiamo dire con certezza solo che con giugno finisce un’esperienza”- -conclude la preside Nicosia.