Si è tenuto martedì un incontro per cercare di tutelare il frutto rosso invidiato da tutto il mondo. L'assessore regionale Dario Cartabellotta propone un accordo di programma per il 2020, ma non tutti i presenti sono d'accordo. Rappresentanti del mondo dell'agricoltura e del'industria chiamata a trasformare il prodotto, lamentano la tempistica e l'assenza di una struttura organizzata. «Non è possibile cercare di organizzare un sistema se questo non esiste ancora», sostiene il presidente catanese dellordine degli agronomi, Corrado Vigo
Arancia rossa, il piano 2020 per il rilancio «Stop assistenzialismo, azioni strutturali»
Rossa, succosa e nutritiva. Sono queste le caratteristiche dellarancia rossa di Sicilia protagonista di un incontro nella sede catanese della Regione Siciliana, martedì pomeriggio. Lo scopo del confronto voluto dall’assessore alle Politiche agricole regionale, Dario Cartabellotta, è quello di definire un accordo di programma per il 2020. «Perché serve un approccio collettivo, capace di superare i problemi di ognuno», afferma Cartabellotta. L’assioma di partenza è considerare l’arancia rossa, tipica del territorio dellEtna e in generale di quello siciliano, un piccolo tesoro da tutelare ed esportare. Il settore agrumicolo è in crisi da anni e lagrume rappresenta il simbolo di questa parabola discendente. Così, per risollevare il comparto, il delegato del governo Crocetta propone una serie di iniziative volte anche a favorire una maggiore disponibilità del prodotto durante il corso dellanno. «Non possiamo permetterci di concentrare le produzioni in due mesi all’anno come accade adesso», afferma Cartabellotta.
Lassessore regionale ha pensato anche ad attività di ricerca del Cra Agrumicoltura di Acireale, lattivazione di un catasto agrumicolo delle produzioni «per lidentità e la tracciabilità del frutto», nonché un accordo di filiera ai sensi del decreto assessoriale dell11 dicembre 2013 e la diffusione, a partire dalla Sicilia, del consumo di arancia rossa dalle scuole ai bar. «Deve diventare la nostra bevanda – afferma Cartabellotta – E un brand di eccellenza che abbiamo il dovere di tutelare con azioni che durino nel tempo, non come si è fatto in passato, con provvedimenti di tipo assistenziale che non aiutano a superare mai la crisi che attanaglia il settore da tanto tempo».
Non del tutto concorde con lassessore, o meglio con i metodi e con la tempistica da lui proposti, però, la platea dintervenuti composta da rappresentanti del mondo agricolo e di quello industriale. Cè chi lamenta che un tale incontro «doveva essere fatto almeno a novembre, quando le arance erano ancora in crescita e non adesso che stanno cadendo tutte a terra». Chi ancora sostiene linutilità delle proposte sentite, che non risolverebbero la crisi del comparto agrumicolo. «Non è possibile cercare di organizzare un sistema se questo non esiste ancora», sostiene il presidente catanese dellOrdine degli agronomi, Corrado Vigo. Tutti concordano sulla necessità di superare gli handicap del passato, in particolare lo squilibrio tra domanda e offerta e il rispetto degli standard di qualità che permettano alle arance siciliane di superare la crisi del prodotto.
Secondo leuroparlamentare Giovanni La Via, infine, il problema è di programmazione e promozione dovuto anche alla molte malattie di cui sono affette le piante, in primis la tristezza. Reputa quindi «inutile listituzione di un catasto che serve solo a spendere soldi e impossibile la ricerca». Lunica cosa da fare dunque, «sarebbe riconvertire tutto, riprogrammando lintero processo in modo che il prodotto sia il più idoneo possibile per lestero. Ma serve avere le idee chiare, oltre che cambiare tutte le piante. E’ un processo che richiede circa quindici anni», conclude.