Appiddaveru?

Ieri pomeriggio, senza alcuna possibilità di immaginare la cosa, apprendo da un sito internet che Zenga è il nuovo allenatore del Palermo. Fermi tutti.

Inutile sperare nell’esistenza di un omonimo: Walter Zenga, il nuovo allenatore del Palermo, è proprio lui. L’ex allenatore del Catania.

Che poi ex, che parolone. Il campionato è finito da sei giorni, nessuno mi ha ancora detto chi sarà il nuovo allenatore (si sa già, ma ancora non ufficialmente). Sei giorni fa, a Bologna, sulla panchina rossazzurra c’era lui. Mah.

Leggo e rileggo. Mille e più volte clicco su quel “Clamoroso: Zenga al Palermo” sotto cui c’è proprio lui, ma in tenuta rossazzurra. Crudeltà! Ho la bocca aperta, mi fanno notare.
 
Quando Fabio Caserta, centrocampista autore di tre splendide stagioni in rossazzurro, cambiò anch’egli prefisso dallo 095 allo 090, fu diverso. Già si sapeva, ero pronto e ben anestetizzato. Figuratevi che pochi giorni prima dell’ufficializzazione del suo passaggio in rosanero, lo beccai all’aeroporto, e un mio amico gli chiese dove stesse andando, evidentemente preoccupato per quella sua strana presenza lì. “Dal dottore per una visita medica”, ci sentimmo rispondere. Il mio buon amico, per nulla convinto, incalzò con tanto di dito intimidatorio; “Ma poi torni?”. Non lo vedemmo più. Così va il calcio.

In realtà lo vidi eccome! Catania-Palermo, lui con la maglia rosanero, entra in campo sommerso dai fischi, segna addirittura (inutilmente, perché perderà 3 a 1) e poi si fa subito espellere, tra il tripudio dei suoi ex tifosi. Così va la vita.

Anche stavolta, per WalterOne, ero preparato. Sapevo eccome che la sua avventura con la nostra squadra era bella che finita, con tanto di annuncio pubblico al termine dell’ultima gara casalinga di questo splendido campionato. Ma nessuno mi aveva detto che avrei dovuto preparare la morfina per attutire quest’improvviso dolore.

Ora capirete che il difficile sta nel trovare la lucidità per superare lo shock del momento. A farle spazio devono essere forse gli indelebili ricordi di questo campionato? La gioia di una salvezza anticipata e meritata, il record di punti, i derby stravinti all’andata e al ritorno con quattro pappine a casa loro e con il lusso di quel goal spaziale da centrocampo, la convocazione in nazionale di Mascara e Biagianti? Dovrei per caso pensare a queste imprese come a qualcosa da dover dimenticare, o ridimensionare, perché legate a doppio filo con il lavoro e il merito di mister Zenga?

La delusione è innegabile. C’è, eccome. Ma non se ne parla nemmeno di confonderla con qualcos’altro. C’è già chi lo chiama traditore, chi gli augura le peggiori sfortune e chi gli promette una pioggia di fischi appena metterà piede allo stadio. Io non sono tra quelli.

Senz’altro sto con i delusi, ma solo perché prima mi ero illuso, questo bisogna senz’altro ricordarlo. In primis a me stesso.

Si coltivava l’illusione, forse immotivata, che un allenatore che tanto bene aveva fatto qui da noi non pensasse nemmeno lontanamente di andare a cercar fama e successo proprio a casa degli storici rivali.

Fatto sta che è successo. Me ne farò una ragione. Anzi, ve la dico tutta, me la sono già fatta.

Cosa me ne frega se uno che prima lavorava a Catania ora lavora a Palermo? Nulla di nulla, se Walter Zenga fosse stato un impiegato delle poste improvvisamente trasferito a lavorare proprio lì nessuno avrebbe detto nulla. Ma di mezzo c’è il calcio, il tifo e il campanile. Attenzione, scatta il complesso di superiorità nei confronti di tutti coloro i quali non vestono i tuoi stessi colori.

Finiamola di considerarci i migliori di tutti. Non lo siamo. Così come migliori non lo sono gli altri, intendiamoci. Palermo e Catania sono due città. Il Palermo e il Catania, due squadre di calcio. Forti, a modo loro. Stop.

L’amatissimo, ora odiatissimo ex, tra non molto tornerà in casa nostra (che era anche la sua) per sfidarci da avversario. Dovrà fare i conti con quella ovazione strameritata che non riceverà, quella interminabile sequenza di applausi, già pronta. Se solo avesse scelto altri colori. Probabilmente quegli applausi diverranno fischi, insulti e minacce.

Io prenoto una dose di riconoscente indifferenza.  

È meglio non parlare più di questa cosa. Nella mia mente mister Zenga comincia già a far capolino in tuta rosanero. Mi devo riposare…

P.S. A questa mia agrodolce riflessione accompagno una dovuta celebrazione, in video, del derby stravinto (realizzata quando niente di tutto ciò era nemmeno immaginabile). Del resto, chi lo cancella quello 0-4 in casa loro? Vogliano i cugini rosanero considerare questo come un modo per non dimenticarsi mai del loro nuovo allenatore e del suo (nostro) più grande successo.


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