Il Tar ha stoppato la procedura aggiudicata dall'ex Cas a due ditte campane. Sotto la lente dei giudici è finita la famiglia Imparato. L'anno scorso una situazione simile, che però non finì davanti alla giustizia amministrativa, si verificò a Palazzolo Acreide
Appalti, annullati risultati della gara per guard-rail sull’A18 «Imprese legate da parentela, possibile accordo sui ribassi»
L’attesa per la sostituzione dei guard rail antiquati e poco sicuri dell’autostrada Messina-Catania è destinata ad allungarsi. Quanto non si sa, di certo c’è che ad allontanare l’avvio dei lavori appaltati da Autostrade siciliane – l’ex Cas – è stato il Tribunale amministrativo regionale, annullando i risultati di una gara d’appalto su cui pesa l’ombra del familismo. La procedura dal valore di quasi 8,5 milioni di euro si era conclusa a inizio dicembre, con la commissione nominata dall’Urega che aveva individuato nelle imprese campane Imeva e Ital Sem le prime in graduatorie. Le due, con un ribasso del 28,83 per cento, avevano avuto la meglio sugli altri otto partecipanti, compresa l’Ati, formata dalle ditte Via Vai Road, Nuova Ises e Nevada, piazzatasi seconda. L’aggiudicazione era stata formalizzata, dopo avere superato anche il vaglio del Rup che ha accolto le motivazioni presentate dalle imprese per giustificare l’offerta risultata «anormalmente bassa». Status che aveva contraddistinto anche il ribasso delle seconde in graduatoria.
Quando però tutto sembrava pronto per avviare il cantiere, che prevede l’installazione delle barriere in un tratto lungo 16 chilometri che va dallo svincolo di Giarre ai caselli di San Gregorio – dati alla mano quello con più incidenti dell’intera A18 -, l’iter si è inceppato in seguito a un ricorso presentato dalle società arrivate terze. Davanti ai giudici della terza sezione del tribunale amministrativo di Catania, è arrivato un elenco di oltre trenta motivi secondo cui gli atti approvati dall’ex Cas sarebbero dovuti essere annullati. Il principale è quello riguardante i rapporti che intercorrono tra le imprese Ital Sem e Nuova Ises. «Il socio di maggioranza della Ital Sem è il fratello dell’amministratore unico della Nuova Ises, hanno identica residenza e sono figli del socio unico della Nuova Ises», hanno denunciato i ricorrenti, secondo i quali il rapporto stretto di parentela avrebbe creato le condizioni che in materia di disciplina degli appalti vengono definite come «collegamento sostanziale». E che tradotto significa che esistono, anche soltanto a livello potenziale, le condizioni per cui le due imprese – partecipanti ad Ati diverse – abbiano potuto adottare strategie per cercare di accaparrarsi l’appalto.
Protagonista di questa storia è la famiglia Imparato, imprenditori originari di Aversa, in provincia di Caserta. Benito Imparato, 31 anni, detiene il 65 per cento di Ital Sem ed è fratello di Salvatore Imparato, 26enne amministratore unico di Nuova Ises. La totalità delle quote sociali di quest’ultima è invece nelle mani di Ciro Imparato, padre dei due giovani imprenditori. «È ragionevole presumere che, in punto di fatto, il business familiare, sebbene esercitato tramite organizzazioni formalmente distinte, sia gestito secondo valutazioni che risultano almeno concordate e coordinate», si legge nella sentenza del Tar. Il pronunciamento ha portato l’Urega a indire per fine mese una nuova seduta di gara, nel corso della quale si prenderà atto della decisione della giustizia amministrativa. A non credere al possibile accordo a monte è stata anche la stazione appaltante. L’ex Cas, in sede di giudizio, ha sostenuto che «non sussiste alcun elemento da cui possa desumersi l’alterazione della procedura di gara e la concertazione delle offerte». Tra i motivi a sostegno di questa tesi ci sarebbe «il consistente scarto percentuale dei ribassi che sono stati offerti dai due concorrenti». Rispettivamente del 28,83 e del 19,38 per cento.
A sostenere questa versione sono stati anche i legali delle ditte aggiudicatarie. «Abbiamo già presentato appello e confidiamo nel ribaltare la sentenza in Cga – dichiara a MeridioNews l’avvocato Luciano Costanzo -. La giurisprudenza non vieta a due componenti dello stesso nucleo familiare di partecipare con imprese diverse a procedure per l’affidamento dei lavori pubblici. Ciò che è dirimente è provare che ci sia un unico centro decisionale, non di certo che i fratelli abbiano rapporti o pranzino la domenica insieme. Per noi non esistono – continua il legale – elementi che fanno pensare all’esistenza di una regia unica». Dal canto loro, i giudici nella sentenza hanno rinviato all’articolo 80 del codice degli appalti, che si occupa dei motivi di esclusione e su cui si è pronunciato di recente anche il Consiglio di Stato. «La giurisprudenza ha affrontato in più occasioni la questione dell’esito cui deve pervenire il predetto accertamento, precisando che non è richiesta anche la prova che il collegamento tra i concorrenti sia poi pervenuto a risultati di effettivo condizionamento dei contenuti delle offerte – specifica il Tar – e, attraverso queste, dell’esito della gara, per essere quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo presunto». E questo perché, hanno aggiunto i giudici, l’articolo 80 ha «funzione di garanzia di ordine preventivo rispetto al superiore interesse alla genuinità della competizione che si attua mediante le procedure di evidenza pubblica».
Nella sentenza, inoltre, vengono citate alcune gare a cui in passato hanno partecipato sia Ital Sem che Nuova Ises. Nelle buste capitava spesso che i ribassi fossero quasi identici. «Ulteriore elemento che depone per un collegamento sostanziale fra le due società», si legge nel provvedimento. «Ma in questo caso ci sono quasi nove punti percentuali di differenza, è tantissimo in una gara d’appalto», replica l’avvocato Costanzo. Che poi si augura che adesso l’Urega aspetti l’esito del ricorso al Cga. «Per tre mesi si è attesa la sentenza di primo grado senza che il lavoro venisse affidato, ci aspettiamo lo stesso trattamento. La seduta di fine mese? Abbiamo già inviato una diffida», rivela il legale.
La storia dell’appalto per la sostituzione dei guard-rail sulla Messina-Catania ricorda a distanza quella indetta dal Comune di Palazzolo Acreide, nel Siracusano, per affidare la realizzazione di una pista ciclabile che passerà attraverso la Valle dell’Anapo. In quel caso non si trattava di una procedura aperta a tutti gli operatori interessati, ma di una gara a inviti. A selezionare le imprese a cui chiedere di fare un’offerta furono gli uffici comunali: tra le 15 ditte invitate comparivano Di Maria Costruzioni ed Euroinfrastrutture, i cui amministratori sono padre e figlio. A risultare prima in graduatoria fu quella di quest’ultimo: Euroinfrastrutture presentò un ribasso del 18,93 mentre Di Maria Costruzioni, che finì ottava, il 15,25. A febbraio 2021, in seguito a un articolo di MeridioNews in cui si menzionava il rapporto di parentela tra i due amministratori, la stazione appaltante annullò la gara, per poi ritornare sui propri passi. A novembre scorso, infatti, il Comune tornò ad aggiudicare la gara a Euroinfrastrutture sulla scorta di un parere legale chiesto dall’ente.