Un vertice, l’ennesimo. Attorno al tavolo sedute le forze della coalizione del centrodestra. Sopra il tavolo una rosa di nomi, i soliti. «Nessun veto, nessuna riserva nei confronti di nessuno», come spiega a MeridioNews il leghista Fabio Cantarella. «La coalizione unita sceglierà un candidato», predica Totò Cuffaro. Alla vigilia dell’incontro che nelle intenzioni dovrebbe essere decisivo sulle elezioni amministrative di maggio, soprattutto per quel che riguarda la scelta del candidato sindaco di Catania, la calma è quasi irreale. Le poche parole che trapelano sono di distensione, di «grande fiducia», ma si tratta di una quiete che ai più ricorda quella degli spaghetti western: il silenzio prima dello scoccare dell’ora, la campana che suona e la telecamera che stringe sugli occhi dei presenti, sgranati l’uno a osservare l’altro in attesa del primo che estragga la pistola e dia vita alla bagarre.
All’incontro a cui dovrebbero partecipare i vertici di tutto il centrodestra, senza tuttavia il paracadute del moderatore Renato Schifani, i fari saranno puntati tutti sui padroni di casa: i meloniani di Fratelli d’Italia, che hanno messo a disposizione la loro sede provinciale catanese per il summit. Certo non saranno i primi a estrarre le armi ma, le pressioni perché la Sicilia non si allineasse alle date di voto del resto d’Italia, lasciano pensare che siano pronti a rendere difficile la vita a chiunque. In un quadro generale in cui Forza Italia ha la presidenza della Regione, FdI quella dell’Ars e un ministero, l’Udc può rivendicare Palermo e la nuova Democrazia cristiana di Cuffaro potrebbe accontentarsi anche solo di uno o due candidati sindaco sostenuti in blocco dalla coalizione in uno dei Comuni al voto con il proporzionale, la logica vorrebbe che siano Lega e Mpa a giocarsi la partita catanese.
E lo sanno bene i salviniani, che hanno deciso di giocarsi la carta pesante di Valeria Sudano, già senatrice, forte, fortissima sul fronte orientale, dove catalizzerebbe i voti del vicepresidente della Regione Luca Sammartino. Sul fronte opposto, Raffaele Lombardo propone una rosa di nomi. Su tutti quello dell’ex assessore di Nello Musumeci, Antonio Scavone. Ma ridurre tutto a un paio di nomi sarebbe semplice, anche perché non si possono fare i conti senza FdI che è pronto a estrarre dall’arsenale ben tre proposte. La prima è quella cara a Nello Musumeci, Ruggero Razza, ex assessore alla Salute, marito dell’attuale assessora regionale al Territorio e all’ambiente Elena Pagana e tessera in perenne attesa di incastro da quando è scaduto il suo mandato a palazzo d’Orleans. Il secondo è Sergio Parisi, presentato al mondo come propaggine del sindaco uscente Salvo Pogliese, uno dei più attaccati a che la poltrona più importante di Palazzo degli elefanti resti in casa FdI. Infine l’outsider, ma neanche tanto, Manlio Messina, altro reduce dalla campagna musumeciana alla Regione.
E Forza Italia? Al tavolo dei pistoleri è sicuramente il gringo più silenzioso. Il motivo è noto: la tendenza sarebbe quella di spalleggiare, pur senza sbilanciarsi troppo, Fratelli d’Italia, come dimostrato più volte dal comportamento dello stesso Renato Schifani, spesso incline a cedere alle richieste meloniane. Ma il punto è che tutto dipende dalla scheggia impazzita Gianfranco Miccichè, coordinatore e commissario regionale in rotta con l’intero partito che, nonostante le parole non proprio gentili di Schifani, ha comunque sentenziato: «Le liste le faccio io». In realtà, la strategia azzurra è quella attendista. Perché da Roma, via Arcore, potrebbe arrivare un commissario per il commissario. Una sorta di safety car per portare al traguardo delle prossime Amministrative il camper forzista. Insomma, quella di stamattina potrebbe essere una riunione come tante, ma potrebbe anche rivelarsi un mezzogiorno di fuoco, anche se i proiettili potrebbero essere tutti a salve. Perché alla fine potrebbe arrivare, come spesso è accaduto negli ultimi mesi, l’intervento dei vertici nazionali, se non addirittura del governo, a confermare o ribaltare il risultato della sfida.
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