In cella finisce Davide Garofalo, che avrebbe guadagnato 300 euro per ogni paziente ammazzato sulla sua ambulanza. L'uomo avrebbe favorito la cosca Mazzaglia-Tomasello-Toscano di Biancavilla e la famiglia Santangelo, collegati al clan etneo Santapaola-Ercolano. Le tre vittime avevano 94, 87 e 57 anni. Guarda il video
Ambulanza della morte, in carcere 42enne di Adrano Iniezioni d’aria ai malati per soldi, 50 i casi sospetti
È il barelliere 42enne di Adrano Davide Garofalo l’uomo arrestato dai carabinieri di Paternò nell’ambito dell’inchiesta Ambulanza della morte. È accusato di omicidio volontario nei confronti di tre persone anziane, con l’aggravante di aver favorito il clan mafioso Mazzaglia-Tomasello-Toscano a Biancavilla e la famiglia Santangelo ad Adrano. Sono poi indagate a piedi libero altre tre persone. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, fondata su testimonianze di parenti delle vittime, l’uomo avrebbe ucciso tre malati terminali – in uscita non soltanto dall’ospedale biancavillese, nel trasporto verso casa – iniettando loro dell’aria nel sistema sanguigno. Il che avrebbe provocato, a bordo della sua ambulanza, la morte dei pazienti per embolia gassosa. Fatti avvenuti a partire dal 2012, «all’insaputa del personale sanitario e dei medici». Gli investigatori hanno preso in esame circa 50 casi sospetti, poi ristretti a una decina. Su tre dei quali, risalenti al 2014, al 2015 e al 2016, ci sarebbero «riscontri oggettivi» dei comportamenti di Garofalo. Le vittime sarebbero due uomini e una donna, di 94, 87 e 57 anni.
Al momento della consegna della salma ai familiari, poi, Garofalo avrebbe mentito sulle cause della morte, definite «naturali». Con un guadagno per le agenzie – controllate dai clan – che effettuano i servizi di trasporto e vestizione di circa 300 euro. Molto più di quanto avrebbero incassato accompagnando a casa il malato ancora in vita. A quanto raccontano i magistrati, intorno alle attività di Garofalo ci sarebbe stato un accordo di spartizione dei proventi tra la cosca Mazzaglia-Toscano-Tomasello e i Santangelo. Che avrebbero «imposto» il nome del 42enne al titolare della ditta di ambulanze private. A parte quella mafiosa, all’indagato vengono inoltre contestate aggravanti particolarmente serie: avrebbe agito con crudeltà verso le persone, approfittato «delle circostanze di tempo e luogo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa» e avrebbe operato in abuso di prestazione d’opera.
Le morti sospette di pazienti ricoverati all’ospedale Maria Santissima Addolorata di Biancavilla erano state descritte da un’inchiesta de Le Iene trasmessa su Italia 1 lo scorso 21 maggio. Poco meno di un mese dopo – con un fascicolo aperto dalla procura – i militari paternesi avevano sequestrato decine di cartelle cliniche.
L’inviata de Le Iene Roberta Rei aveva intervistato testimoni che raccontavano dell’uccisione di diversi pazienti in agonia, dimessi dall’ospedale. Moribondi che – per l’appunto – sarebbero stati eliminati attraverso una iniezione di aria nelle vene durante il tragitto verso casa. Secondo la procura, l’indagine sarebbe la «naturale prosecuzione della serrata attività intrapresa dalla procura etnea e dai carabinieri di Paternò nel comune di Biancavilla ad un anno esatto dalle operazioni Onda d’urto e Reset, che hanno scardinato il clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello, affiliato alla famiglia catanese di Cosa nostra Santapaola-Ercolano.