Ventuno fiumi esondati e allagamenti diffusi in 37 Comuni ma anche la segnalazione di oltre 250 frane, di cui 120 particolarmente importanti in 48 Comuni. Sono i numeri, contenuti in un report dell’Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sull’ultima alluvione che ha interessato l’Emilia Romagna. Un evento che, come sempre accade, ha riportato su tutti i tavoli istituzionali la questione legata alle criticità che riguardano l’Italia e il suo territorio. Giovedì scorso, l’ex presidente della Regione Siciliana e attuale ministro per la Protezione civile Nello Musumeci ha annunciato anche l’imminente stesura di un nuovo piano nazionale sul dissesto idrogeologico. Tuttavia, i dati già esistenti fotografano da tempo una situazione da bollino rosso che riguarda anche la Sicilia. Regione in cui è ancora vivo il ricordo dell’alluvione del 2021 a Scordia (nel Catanese) e di quella a Casteldaccia, in provincia di Palermo, nel 2019. Ci sono anche la devastante frana a San Fratello, nel Messinese, nel 2010 e quella che il primo ottobre del 2009 causò 37 vittime e la distruzione di Giampilieri e Scaletta Zanclea, sempre in provincia di Messina.
In Italia sono 5,7 milioni i cittadini che vivono in aree a rischio frane e di questi 1,2 milioni risiedono in zone con la maggiore pericolosità. Sei le Regioni con maggiori criticità: oltre all’Emilia Romagna ci sono Lazio, Campania, Toscana, Liguria e Sicilia. L’Isola primeggia anche per quanto riguarda gli edifici a rischio frane. Su quasi due milioni di immobili censiti, circa 45mila vengono inseriti tra quelli con un livello di rischio che va da molto elevato a elevato. Per quanto riguarda il rischio alluvioni, il 3,5 per cento della popolazione nazionale risiede in aree allagabili. In questo caso, secondo le tabelle contenute nell’ultimo rapporto Ispra, le Regioni maggiormente a rischio sono Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia Romagna. Nell’Isola, su poco più di 5 milioni di abitanti, quelli che risiedono in zone con una elevata pericolosità idraulica sono 126mila. Salgono a 131mila quelli che vivono in aree con un livello di pericolosità medio e 137mila quelli con uno scenario a basso rischio.
L’inventario dei fenomeni franosi in Italia, realizzato dall’Ispra con la collaborazione di Regioni e province, ha censito 620mila eventi. «Ogni anno – si legge nel rapporto Ispra del 17 maggio – sono circa un migliaio le frane che si attivano o riattivano sul territorio nazionale e qualche centinaio quelle che causano impatti significativi sulla popolazione, sui centri abitati e sulla rete stradale e ferroviaria». Le cause del dissesto, secondo Ispra, vanno ricercate in primo luogo nelle condizioni fisiche del territorio italiano «geologicamente giovane e tettonicamente attivo, costituito per il 75 per cento da colline e montagne. Ma alle cause naturali si aggiungono sempre di più quelle antropiche legate a tagli stradali, scavi, costruzioni, perdite da acquedotti e reti fognarie. Da evidenziare ci sono, però, anche gli impatti dei cambiamenti climatici sui fenomeni franosi. In questi giorni, gli accumuli di pioggia in Emilia Romagna rappresentano il risultato più elevato sul territorio regionale, per due giorni consecutivi, dal 1997 e il più intenso nella stagione primaverile dal 1961.
Ma in Sicilia sotto osservazione c’è anche l’erosione costiera. L’Isola, insieme a Calabria, Sardegna e Puglia, è quella con il maggiore numero di chilometri di costa in arretramento. «Il loro sviluppo costiero – si legge nell’ultimo rapporto Ispra – è pari a più di due terzi della costa nazionale e, nonostante le complessa articolazione geomorfologica delle coste basse e dei lunghi settori di costa alta, il 61 per cento dei litorali italiani in erosione appartengono a queste Regioni».
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