«La capacità dei detenuti di comunicare con l’esterno è impressionante, i telefoni sono ovunque – denuncia il procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia-. Non è il sintomo di una falla ma di una situazione ormai fuori controllo. È così evidente che ci si potrebbe persino chiedere a cosa serva il carcere, se un capomafia, non […]
Allarme dalla procura di Palermo: «I telefonini in carcere sono ovunque»
«La capacità dei detenuti di comunicare con l’esterno è impressionante, i telefoni sono ovunque – denuncia il procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia-. Non è il sintomo di una falla ma di una situazione ormai fuori controllo. È così evidente che ci si potrebbe persino chiedere a cosa serva il carcere, se un capomafia, non quelli al 41 bis, perché lì il regime è più rigido, può continuare a gestire gli affari esattamente come faceva fuori. I telefoni sono ovunque, anche quelli di ultima generazione, che permettono di fare videochiamate con la stessa facilità di una persona in vacanza che chiama i familiari. Per farvi capire: oggi in carcere non entrano le armi solo perché loro non vogliono farle entrare».
«Cosa Nostra oggi è più debole ma non è scomparsa. Il sistema antimafia regge ma è circondato da un sistema giudiziario che sta affondando e che rischia di trascinare giù anche lui. Perseguire i reati dei colletti bianchi oggi è impossibile, a meno che qualcuno confessi spontaneamente» ha aggiunto, tra l’altro, il procuratore, spiegando che dopo l’arresto e la morte di Matteo Messina Denaro, la mafia siciliana tenta di riorganizzarsi tornando alla propria tradizione, con un esercito e un modello di business da anni Settanta: affari e discrezione. Si dimostra ancora capace di attrarre molti giovani, spinti dalla povertà e dalla carenza di alternative, e di trattare con politici e imprenditori locali. E intanto, la giustizia arranca.