Nella diciassettesima tappa del Giro d’Italia, da Ponte di Legno a Lavarone, trionfa Santiago Buitrago. E se volessimo entrare dentro il successo del ciclista colombiano? La chiave necessaria per aprire questa porta e metterci nelle condizioni di scoprire cosa c’è dietro l’exploit del sudamericano, che a 22 anni, sette mesi e 29 giorni è il più giovane colombiano a vincere una tappa al Giro d’Italia, la fornisce Paolo Alberati, il suo mentore. Qualcosa in più di un semplice manager essendo stato ed essendo ancora uno dei suoi punti di riferimento. Da quando, cioè, nel marzo 2019 Santi ha varcato la soglia dell’Europa. E fin dalle prime tappe del tour europeo e italiano, caratterizzato prima dall’approdo al team Cinelli di Francesco Ghiarè e la spola tra la Toscana e la Liguria e poi, dopo la segnalazione ad alcune squadre World Tour, dal triennale sottoscritto con il suo attuale team, la Bahrain Victorius, lo scopritore del talento colombiano si è reso conto di avere di fronte un atleta con qualcosa in più rispetto agli altri.
«Abbiamo fatto dei test nel mio studio a Perugia e sono emersi valori davvero importanti. Interfacciarsi con un atleta che ha qualcosa di speciale non capita così spesso – racconta Alberati a MeridioNews – sono davvero molto felice per questo successo alla tappa del Giro. Un exploit che conferma le qualità di questo ragazzo, uno dei tanti profili di alto livello come Egan Bernal suggeriti dal mio collaboratore Andrea Bianco. Vive in Colombia, è esperto di ciclismo e mi ha segnalato diversi talenti come Sosa, Rivera, Osorio e appunto Santiago Buitrago». Un giovane, scoperto di fatto in occasione della Settimana internazionale italiana, con la stoffa del predestinato: «Il suo segreto è rappresentato dalle qualità fisiche – prosegue Alberati – Se alla base non c’è un buon motore è difficile fare tanta strada. Anch’io, per esempio, da grande appassionato di bici, ho partecipato al Giro nel 1997 ma ho solo timbrato il cartellino. Lui ha vinto una tappa e ha tutte le carte in regola per confermare anche in futuro di avere un grande potenziale».
La base su cui è stata impostata la vittoria a Lavarone è stata costruita in Sicilia. Alberati, nato a Perugia ma residente a Pedara dopo avere sposato una donna di Catania, lo ha ospitato per alcuni mesi nella sua casa alle pendici dell’Etna. E tra il soggiorno a Pedara, dove peraltro avendo la tessera sanitaria ha potuto fare il vaccino anti-Covid, e gli allenamenti al Parco ciclistico dell’Etna, Santiago ha riempito il bagaglio, tecnico ma anche motivazionale, con cui si è presentato a questa edizione del Giro d’Italia. «E sull’Etna – aggiunge Alberati, titolare assieme a Bianco e a Maurizio Fondriest dell’AFB Cycling Academy – ha trovato anche le condizioni climatiche ideali, simili peraltro a quelle che scoperto tra i Pirenei, dato che ha la residenza ad Andorra, e a quelle di casa tenendo presente che lui è della regione di Bogotà. È abituato all’altura e allenandosi ad alta quota, in virtù della maggiore concentrazione di globuli rossi, ha avuto un vantaggio competitivo».
Ma chi è Santiago Buitrago? Nella carta d’identità del ciclista classe 1999 – altezza 174 centimetri e peso 60 chilogrammi – alla voce segni particolari c’è scritto semplicità: «Il suo valore aggiunto è l’equilibrio – spiega il suo mentore – è un tipo molto razionale e con la testa sulle spalle. E anche se domenica scorsa non è riuscito a trattenere le lacrime in seguito all’amarezza per il secondo posto a Cogne, di solito non esterna le sue emozioni. Ed è anche taciturno. Basti pensare che quando è a casa con noi mia moglie mi dice che è come se fossimo soli perché Santiago non si sente. È molto discreto ed è anche molto sveglio da un punto di vista culturale. Un messaggio da inviargli dopo il suo trionfo nella tappa del Giro? Gli dico di staccare il telefono. Ama fare le grigliate di carne in famiglia, con il fratello, e può continuare a farle senza tanti riflettori puntati addosso. Deve proseguire su questa strada rimanendo sempre umile e concentrato». Consigli preziosi per un giovane in rampa di lancio. Scalatore ma non troppo: «È molto bravo nella resistenza e in salita ma non lo definirei uno scalatore puro. Ha i requisiti giusti per fare bene anche sulla bici da crono e sono convinto che nel giro di poco tempo potrà lottare per la classifica generale piuttosto che per una tappa e basta».
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