Alcamo, ex vicesindaco al vertice di comitato d’affari Ritenuto vicino alla mafia, candidato in lista Crocetta

«Un comitato d’affari» che avrebbe dirottato a proprio favore appalti pubblici nella provincia di Trapani, come quello sul porto di Castellammare del Golfo, e avrebbe influito prepotentemente nella vita politica e amministrativa del Comune di Alcamo. Alla guida del gruppo Pasquale Perricone, ex vicesindaco dell’importante centro del Trapanese, nonché il più votato alle ultime elezioni regionali nella lista del presidente Rosario Crocetta: 2.769 preferenze che però non gli sono bastate per essere eletto all’Ars. Il politico, secondo gli inquirenti vicino alla famiglia mafiosa dei Melodia, è stato arrestato dalla Guardia di finanza di Trapani, su disposizione del gip. Insieme a lui, altre tre persone sono finite in carcere, due ai domiciliari, mentre per un professionista è stato disposto il divieto di esercizio dell’attività. Sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione aggravata, bancarotta fraudolenta, abuso d’ufficio, intestazione fittizia di beni fino alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Le indagini – condotte dal nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle di Trapani e dalla tenenza di Alcamo – sono partite dal fallimento della Nettuno soc. consortilesocietà che era stata incaricata dei lavori per la riqualificazione del porto di Castellammare del Golfo. Un fallimento che sarebbe stato pilotato – da qui l’accusa di bancarotta fraudolenta – in modo da distrarre circa quattro milioni di euro. A tirare le fila dell’operazione sarebbe stato proprio Perricone, ritenuto socio occulto sia della Nettuno (che avrebbe dovuto realizzare concretamente i lavori), sia della Cea Soc. Coop, la società che si era aggiudicata l’appalto insieme alla Co.Ve.Co srl, già nota per la vicenda del Mose di Venezia. Perricone – sottolinea la Finanza – sarebbe stato «il regista della scellerata operazione imprenditoriale, voluta e pianificata sin dall’inizio con il preciso scopo di appropriarsi e disperdere in mille rivoli non tracciabili le ingenti risorse di denaro pubblico». 

L’indagine sul porto di Castellammare si è presto allargata ad Alcamo, il vero centro degli affari del gruppo imprenditoriale che avrebbe orientato appalti e finanziamenti comunitari. Non solo. Perricone e soci avrebbero esteso il loro controllo anche alla banca di credito cooperativo Don Rizzo, determinandone le nomine del consiglio di amministrazione nel 2014 e influenzandone le scelte. Sul vicesindaco inoltre si allunga l’ombra di Cosa Nostra. Gli investigatori prima ricordano come negli anni passati sia stato indicato da alcuni pentiti come «contiguo alla locale famiglia mafiosa dei Melodia di Alcamo», e che in questa veste sia stato uomo di riferimento del clan dentro l’amministrazione comunale e per le attività imprenditoriali. Quindi vanno oltre, sottolineando come «anche nella presente indagine sono emersi numerosi elementi indiziari che tuttora lascerebbero presumere che Perricone nella propria ascesa imprenditoriale e politica si sia consapevolmente avvantaggiato del beneplacito della famiglia mafiosa dei Melodia». L’ex vicesindaco, tuttavia, non è accusato di reati di tipo mafioso.

Tra le contestazioni c’è invece quella di essersi appropriato illecitamente di fondi destinati alla formazione professionale. Perricone avrebbe infatti creato una rete di società – intestate a prestanomi, ma in realtà tutte riconducibili a lui – attraverso cui organizzare falsi corsi professionali. Così facendo avrebbe ottenuto finanziamenti pubblici e allo stesso tempo avrebbe assegnato posti di lavoro in cambio di favori. Un’operazione resa possibile, secondo gli investigatori, grazie alla collaborazione di un funzionario del centro per l’impiego di Alcamo, Emanuele Asta, anch’egli arrestato. Il dipendente pubblico si sarebbe lasciato corrompere e avrebbe attestato falsamente la regolarità dei corsi fantasma, preannunciando la data e l’ora delle ispezioni a sorpresa. 

In totale gli indagati nell’operazione Dirty Affairs sono 32. A finire in carcere, oltre a Perricone e Asta, sono stati anche Girolama Maria Perricone, 50 anni, e Marianna Cottone, 34 anni. Arresti domiciliari, invece, per Francesca Cruciata, 59 anni, e Mario Giardina, 52 anni. Divieto di esercitare attività professionale, infine, per Domenico Parisi, 50 anni.


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