Ad Agrigento è diventato difficile anche lavare i piatti dopo aver pranzato. Nelle case di diversi agrigentini l’acqua viene travasata da un bidone di venti litri all’interno delle vasche del lavabo della cucina. In sottofondo la televisione sintonizzata su un canale locale con uno spazio dedicato ai turni di erogazione del prezioso liquido che fa tornare in mente tempi che non vorremmo ritornassero.
Chi si affaccia sui tetti dei paesi dell’agrigentino riesce solo a vedere dei vecchi recipienti e a sentire il rumore dei motorini e delle autoclavi. All’ombra della Valle dei templi, ma anche della Valle del paradiso e alle foci dei fiumi che arrivano al mare è un tutt’uno di problematiche sociali che con il resto del Paese non hanno nulla a che vedere. Storie di gente che si mischiano a odori e bellezze tramandate per secoli, come tramandati sono stati i problemi. Amministrazioni comunali che non riescono a fronteggiare l’emergenza idrica e proprietari di pozzi privati che vendono l’acqua delle autobotti a peso d’oro.
Situazione diversa a venti chilometri da Agrigento, a Camastra, un paesino di mille anime o poco più interamente tappezzato di manifesti che dicono No alla gestione di Girgenti Acque. A Camastra il servizio idrico è gestito dal Comune e non esistono turni di distribuzione, l’acqua è corrente 24 ore su 24 da sempre, tanto che i residenti dei paesi vicini hanno coniato un nuovo modo di dire: «Usare l’acqua alla camastrese», dicendolo a qualcuno che magari ha lasciato il rubinetto aperto un secondo in più o è rimasto sotto la doccia per più di cinque minuti, espressione ancor più usuale quando qualcuno riempie la vasca da bagno.
Poi ci sono i Comuni serviti dal gestore del servizio idrico, Girgenti, molti dei quali con un contratto trentennale, impossibilitati a rescinderlo prima della scadenza ufficiale, che si ritrovano con le mani legate perché la penale da pagare sarebbe troppo salata. Qualcuno, però, tempo fa aveva deciso di abbandonare Girgenti Acque per non incorrere nel labirinto dei turni di distribuzione, comprandola da un privato con il rischio di pagare l’acqua anche all’ente gestore del servizio. Così la voce si era sparsa in giro e Girgenti Acque ha pensato di iniziare a staccare gli allacci delle abitazioni alle fognature.
Ne sanno qualcosa a Grotte, poco distante dal capoluogo, dove metà dei residenti si è ritrovato a fare i conti con i bagni inutilizzabili. A venire incontro ai grottesi è stato il primo cittadino Paolino Fantauzzo, che con un’ordinanza ha diffidato l’azienda a procedere con i sigilli alla rete fognaria, ma il provvedimento è stato impugnato davanti al Tar e il problema ha iniziato a farsi ancor più grave. Fino a lunedì scorso, quando il Tribunale amministrativo, dando ragione al primo cittadino, ha stabilito che Girgenti Acque non potrà più disattivare i collegamenti fognari per le utenze morose di Grotte. Il distacco non troverebbe fondamento giustificativo nel regolamento di utenza, in cui si parla di distacco per morosità solo per l’allaccio idrico e non anche per quello fognario.
Intanto anche altri amministratori si sono mossi in questa direzione. Anche la sindaca di Favara Anna Alba, venerdì scorso, ha diffidato Girgenti Acque a effettuare il distacco fognario in quanto azione palesemente illegale. Sentenze e pronunciamenti che però non hanno portato a una risoluzione nel resto dell’Agrigentino: le autobotti continuano a fare la spola tra i pozzi e le case, ma c’è anche chi si è allacciato abusivamente alle fontanelle dell’acqua pubblica. Succede a Palma di Montechiaro, terra dei Gattopardo, dove ieri mattina i carabinieri hanno arrestato in flagranza di reato una coppia di coniugi, lei casalinga e lui bracciante agricolo, per sottrazione illecita. La coppia adesso riceverà un conguaglio sulla bolletta dell’acqua riferito al periodo ipotetico della durata dell’utilizzo arbitrario dell’acqua della fontanella. Mentre il sindaco di Naro ha chiesto alla Girgenti Acque quattro autobotti sino alla fine della crisi idrica, per motivi di ordine pubblico.
Sulla crisi idrica nell’Agrigentino è intervenuta la vicepresidente della regione Mariella Lo Bello, annunciando controlli nelle sedi di Girgenti Acque, Fanaco e Tre Sorgenti, quest’ultimo con problemi di morosità nei confronti di Enel e Telecom, aziende che hanno tagliato le utenze al consorzio acquedottistico. Non è tardata ad arrivare la risposta di Girgenti Acque che ieri ha diffuso una nota alla stampa, in cui si sottolinea il generalizzato impoverimento di tutte le fonti – invasi, pozzi, sorgenti – e a cui, secondo la società, «si può porre rimedio adottando tutti i provvedimenti possibili con il contributo di tutti». Tre le soluzioni indicate dall’azienda: mettere a disposizione dell’intero ambito territoriale provinciale tutte le fonti disponibili, anche quelle dei Comuni che non hanno consegnato gli impianti; accelerare l’iter amministrativo-burocratico degli investimenti per realizzare le nuove reti di distribuzione, in modo da recuperare l’acqua che si perde dalle condotte; e creare «una gestione unica di tutti gli impianti e delle fonti dell’intero ambito provinciale per una ripartizione equa ed efficiente delle risorse effettivamente disponibili».
Un accentramento affatto gradito ad alcuni amministratori locali. Da qui uno scambio di accuse che non risolve il problema. «Mica chiediamo tanto – denuncia sconsolata una donna agrigentina di 80 anni – ma almeno l’acqua, che ci serve semplicemente per vivere dignitosamente».
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