Agrigento, il Consorzio Asi, l’antimafia (o quasi) e l’incredibile (e triste) storia di Girgenti acque

Dall’ex sindaco di Racalmuto
Salvatore Petrotto
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Quando si fanno le inchieste per le nomine dell’Asi (Area di sviluppo industriale), per sanzionare penalmente delle persone, invocando leggi che magari poco o nulla c’entrano con tali assemblee. Ci riferiamo al processo in corso ad Agrigento, intentato contro decine di persone, tra sindaci, rappresentanti di categoria, semplici cittadini e professionisti.
Tutti quanti mandati alla sbarra per dei presunti reati di abuso d’ufficio, falso e truffa, riguardo alle nomine del Consorzio Asi di Agrigento. Consorzio il cui presidente, Stefano Catuara, era stato democraticamente eletto, quasi all’unanimità, proprio da quei componenti nominati lo scorso anno e sotto processo, grazie ad un castello di inconsistenti accuse nei loro confronti e nei confronti di chi li ha nominati. Consorzio Asi di Agrigento che, tra l’altro, è in fase di scioglimento, come del resto gli altri Consorzi Asi siciliani, in virtù di una recente legge regionale, fortemente voluta dall’assessore alle Attività produttive, Marco Venturi, e da Confindustria Sicilia che, con la sua sezione di Agrigento, che si è costituita parte civile al Processo di Agrigento.
Sei sindaci, un assessore e dodici componenti del consiglio di amministrazione del consorzio Asi di Agrigento sono stati, così, mandati a giudizio immediato dalla locale Procura per abuso d’ufficio e falso ideologico nell’ambito di un’inchiesta sulle nomine dell’Assemblea consortile dell’Asi. Il provvedimento è stato emesso dal Gup Francesco Davico su richiesta del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dei sostituti Giacomo Forte e Luca Sciarretta.
La prima udienza del processo si è tenuta il 31 ottobre davanti la seconda sezione penale del Tribunale di Agrigento. Gli amministratori sotto processo sono i sindaci di alcuni Comuni dell’Agrigentino. Il sindaco di Grotte, Paolo Pilato, di 52 anni; di Cattolica Eraclea, Cosimo Piro, di 58 anni; di Joppolo Giancaxio, Salvatore Lo Dico, di 54 anni; di Ravanusa, Armando Savarino, di 70 anni, padre dell’ex deputata regionale Giusi Savarino; il sindaco di di Santa Elisabetta, Emilio Militello, di 54 anni; quello di Aragona, Alfonso Tedesco. Sotto processo anche l’assessore del comune di Racalmuto, Calogero Montante, di 65 anni.
I componenti dell’Assemblea Asi coinvolti sono: Maria Campanella, di 51 anni, Anthony Lauricella, di 40, Giuseppe Cacciatore, di 59, Vincenzo Gagliardo, di 40, Vincenzo Randisi, di 43, Giuseppa Maria Francesca Gulisano, di 38, Carmela Di Marco, di 47, Giuseppina Brucculeri, di 37, Luigi Di Vincenzo, di 39, Stefano Marsiglia, di 31, Carmelo Zambito, di 36, e Massimo Parisi, di 33.
Le indagini erano state avviate dalla Procura in seguito alla pubblicazione sul quotidiano il Corriere della Sera, di un articolo di Gian Antonio Stella, su presunti favoritismi nelle nomine del Consorzio Asi di Agrigento. La spinta a presentare tale ‘importante’ denuncia contro la banda Catuara e Company, formalmente, è stata di Italia dei Valori, dell’amico Leoluca Orlando, utilizzato, magari, da quel che rimane del Gota economico emerso e/o emergente, nell’Agrigentino!
Una tempesta in un bicchiere d’acqua, a dir la verità! Anche perché Leoluca Orlando, o Antonio Di Pietro, conoscono ben poco di cose ben più importanti e gravi che si consumano sistematicamente nell’Agrigentino. Mi riferisco alle illegalità che riguardano acqua e rifiuti, in provincia di Agrigento ed i cui importi e tentativi di truffe ammontano a centinaia di milioni di euro.
L’affare rifiuti vale ben oltre 200 milioni di euro di affidamenti diretti, assicurati con modalità, come dire?, molto ‘libere’ ormai da quattro anni consecutivi, senza gara, alle stesse ditte che ci fanno morire ed affogare in mezzo ai rifiuti ed ai debiti di famiglie e Comuni. Con tutte le conseguenze, ovviamente, igienico -sanitarie del caso!
Il tutto si consuma , ovviamente, nella più totale indifferenza, denunciata dal sottoscritto, al Procuratore di Agrigento Di Natale, all’inizio di quest’ anno. Sulla vicenda acqua e Girgenti Acque, ho denunciato, da anni, con conseguenze personali molto, ma molto gravi, le ulteriori illegalità, avvalendomi di uno stuolo di valenti avvocati che hanno vinto su tutti i fronti. Compreso quello relativo da una dichiarazione di fallimento di una società, del tutto squattrinata, che pretendeva di gestire, senza soldi, i 43 Comuni della provincia di Agrigento. Riuscirono ad ottenere una gestione,
contrastata da me ed altri 20 sindaci, fatti fuori ad un uno, con vari metodi più o meno paralegali!
Gestione ottenuta per trent’anni con un contratto, che ho sempre contestato, con parere espresso dall’allora avvocato di grido, di grande grido, ed il cui potente e sibilante grido fu ascoltato anche dal Tar (Tribunale amministrativo regionale). Si tratta dell’insigne avvocato Gaetano Armao, oggi grande assessore e plenipotenziario dei cordoni della borsa della Regione siciliana. Tutta la documentazione di questa incredibile storia, con migliaia di pagine e con cause che abbiamo sistematicamente vinto, è in mio possesso, malgrado Armao e malgrado tutto!
Denunce correlate da copiose documentazioni, carte, istanze fallimentari vinte contro Girgenti Acque e tutti i nominativi, denunciati da qualche anno alle autorità giudiziarie. Ci riferiamo ai personaggi che orbitano negli ambiti territoriali ottimali. Ci riferiamo a chi gestisce acque e rifiuti, con delle società di comodo; scelte senza gara, per consumare l’affare del secolo, milioni e milioni di euro ‘prelevati’ dalle tasche dei contribuenti e dai bilanci dei Comuni.
Tanti i personaggi di questa storia. C’è l’ex deputato nazionale, Giuseppe Scozzari, ieri ex membro del Consiglio di amministrazione di Girgenti Acque, oggi suo avvocato difensore, oltre che di Confindustria Agrigento. E il fratello del prode ambientalista, Giuseppe Arnone, che lavora a Girgenti Acque. Mentre un professionista a lui vicino, un certo ingegnere Sala, è il deus ex machina dell’intera direzione tecnica di Girgenti Acque. E poi i Campione di Agrigento, gli eredi dell’ex Impresem di Filippo Salamone, condannato per mafia in via definitiva, fratello del giudice Fabio.
Caro Leoluca Orlando, caro Di Pietro: l’ammontare totale dei costi che avete denunciato per delle legittime e sacrosante nomine all’Asi arriva, sì e no, a 10 mila euro l’anno! A fronte degli oltre duecento milioni di euro che sono ‘spariti’, malgrado la mia denuncia alla Procura della Repubblica di Agrigento, per gestire contro ogni legge, regionale, nazionale e comunitaria, in proroga, direttamente, senza gara, il sevizio più costoso d’Italia.
Per le nomine Asi, anche se la legge del 1984 non prevede alcun requisito per essere nominati, quale componenti dell’Assemblea generale, composta da 43 membri, si invoca l’applicazione di una legge che riguarda tutt’altro! Si cita una norma che non c’entra né con i Comuni, né con l’Assemblea regionale siciliana, ovvero la nomina dei revisori dei conti delle Società partecipate dalla Regione siciliana o i membri dei Consigli di amministrazione delle aziende regionali. Ed è proprio tale legge che prevede l’espressa esclusione delle nomine di competenza dei Comuni!
Detta legge è impropriamente ed ingiustamente, nei capi d’imputazione contenuti negli avvisi recapitati ai miei, per mia fortuna, ormai ex colleghi sindaci, quello di Grotte, Paolo Pilato, quello di Aragona, Alfonso Tedesco, quello di Ravanusa, Armando Savarino e via tutti gli altri con l’esclusione di qualcuno. Qualcuno che, come è stato evidenziato nel corso di una recente udienza, pur avendo gli stessi titoli degli altri componenti nominati, aveva un requisito in più: quello di essere stato componente del consiglio di amministrazione di Girgenti Acque o socio di Confindustria!
Questi componenti nominati gravitavano, cioè, sotto l’ala protettrice di Girgenti Acque o di Confindustria Agrigento, aduse a far ricorso alle insussistenti denunce, quali acuminate armi con cui tagliare le teste dei nemici e per favorire gli amici ed oltre… Ma qualcuno che non prende posizione, rispetto a queste ed altre vicende che riguardano gli insoliti comportamenti di Confindustria Agrigento, potrà sempre far la fine dei cosiddetti crasti di Pasqua. Possono anch’essi diventare cioè degli innocenti agnelli, da sacrificare sull’altare di Confindustria Agrigento e di alcune sue fameliche società o rappresentanti che difendono affari discutibili, anche per qualche miliardo di euro e che riguardano la gestione dell’acqua e dei rifiuti nell’Agrigentino.
Così, ad uno ad uno, sindaci, quali quello di Siculiana, o il compianto sindaco di Campobello, ed oggi quello di Grotte, un mio ex assessore di Racalmuto, il sindaco di Ravanusa o quello di Aragona e via via tutti gli altri amministratori pubblici, pubblici funzionari, piccole aziende o professionisti, devono sottostare proprio alle fameliche bramosie pseudo-giustizialiste del presidente di Confindustria Agrigento, Giuseppe Catanzaro. Il tutto ammantato da un’aura di antimafiosità di facciata, buona a coprire una serie di mostruosità che hanno garantito giri ’affari’ per qualche miliardo di euro a delle ben individuate aziende agrigentine che si occupano della gestione di acque e rifiuti.
Il novello minotauro ha bisogno, ogni anno, non tanto di sette fanciulli e sette fanciulli da sbranare. No, nel nostro caso egli ha bisogno di colpire e fagocitare decine e decine di pubblici amministratori, funzionari pubblici e professionisti da incolpare dei reati più turpi, per far sì che qualcuno si impadronisca di una discarica e qualche altro dell’acqua pubblica o anche dell’aria, se ci riferiamo alla gestione degli impianti per la produzione di energia eolica. Ed il minotauro che fa? Ogni anno si nutre di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti che, per incanto, da minotauro qual è, in una sorta di ulteriore metamorfosi si trasforma in Re Mida. E’ così bravo da far diventare oro quelle tonnellate di rifiuti, grazie al prosciugamento delle tasche degli agrigentini ed al dissesto finanziario dei bilanci di tutti i Comuni coinvolti.
In tutta fretta dovremmo trovare il bandolo della matassa o, per meglio dire, il filo d’Arianna, per sconfiggere questo ed altri terribili minotauri, autentici carnefici della nostra ormai malata democrazia a colpi di calunniose denunce. Le aziende, le cui gestioni discutibili sono visibilmente coperte, appartengono alla moderna mitologia del denaro a tutti i costi! Continuano a costringerci a pagare dei prezzi salatissimi, per prendere ciò che ci appartiene: i nostri rifiuti, la nostra acqua o la nostra aria. Che poi ci rivendono a caro prezzo. Il tutto sotto varie forme: acqua inquinata, mare inquinato, rifiuti in mezzo alle strade, gravissimi problemi igienico-sanitari.
Vorrei adesso ritornare al caso processuale che riguarda le nomine Asi in provincia di Agrigento, ed alla mia personale posizione. Convocato da un maresciallo in Procura, nell’attesa di essere sentito sulla vicenda Asi, in quell’occasione non persi tempo a denunciare la scandalosissima gestione di oltre 200 milioni di euro, affidati direttamente senza gara, contro ogni legge dello Stato Italiano, della Regione siciliana e dell’Unione Europea alle ditte Sap ed Iseda di Agrigento. Ovviamente ho denunciato anche l’altrettanta scandalosa gestione di Girgenti Acque!
Il tutto è avvenuto nel 2008, 2009, 2010 ed il 2011. Una vicenda incredibile che, da sola, fa un baffo a ciò che sta succedendo a Napoli. Duecento milioni a carico di noi contribuenti che paghiamo le tasse sui rifiuti, tra le più care d’Italia, nei 19 Comuni gestiti dall’Ato Ag 2, dissestando tutti i bilanci dei Comuni e riducendoci, Comuni e famiglie, al disastro più completo, con i servizi peggiori d’Italia!
Ma siccome ero stato convocato per fornire delucidazioni attinenti alle nomine Asi, nomine che comportano una spesa annua di meno di 80 euro nette l’anno per ogni componente democraticamente e legalmente nominato, ho subito chiarito che stavano prendendo una cantonata, per onore di verità, non voluta né dal maresciallo, né dal magistrato inquirente. Dopo avere spiegato che, da sempre, ed in tutta la Sicilia, tali nomine erano state fatte allo stesso modo, perché la legge istitutiva non prevedeva alcuno specifico requisito, credevo di essere riuscito a farmi intendere.
Ma quando mai! Neanche riuscii a spiegare bene che, tra l’altro, quelle nomine, quelle di Racalmuto, non le avevo fatto neanche io. Per un motivo semplice, perché quando il commissario nominato dalla Regione ci impose immediatamente di nominare i componenti delle Asi, io ero fuori sede, ero a Roma. Al che il mio assessore anziano mi contattò telefonicamente e mi chiese come dovevamo comportarci, visto che eravamo pressati incessantemente dall’assessorato regionale all’Industria. assessorato, peraltro, ricoperto da un mio vecchio compagno di scuola, Marco Venturi.
A quel punto dissi all’assessore, consultati con la segretaria comunale e vedi sul da farsi. E così fece. Ma le sorprese non continuarono a venir meno. Un bel giorno mi vedo recapitare un avviso di garanzia, in cui mi veniva contestato di avere nominato delle figure che non avevano i requisiti, convincimento erroneo, dal mio punto di vista, per le ragioni che ho spiegato sopra. Semplicemente perché quelle nomine non li avevo fatte e firmate io!
Nessuna legge disciplina, né di fatto e né di diritto, i requisiti che devono avere i componenti nominati nelle Aree di sviluppo industriale in Sicilia.
Ciò non di meno, dovetti a malincuore eccepire anche che chi aveva redatto e/o sottoscritto quell’avviso di garanzia nei mie confronti aveva sbagliato persona. A nominare i tre componenti del comune di Racalmuto non ero stato io, bensì il mio allora assessore anziano. Ed ora vi racconto di quando si continua a sbagliare persona, anche tra scartoffie e carte ‘tribunalizie’. E Pasquale ve la dice tutta!
Volendo fare un po’ di amara salsetta, nel tentativo di buttarla in parodia, mi finì come quell’indimenticabile e sapido sketch del mio omonimo Totò, il comico Antonio De Curtis. Non so se vi ricordate di quando Totò incontra un suo amico e gli racconta un’insolita e strana passata. Gli dice: sai, un tizio mi vede e mi dice, Pasquale, amico mio, non ti ricordi di me. E Totò di rimando, un po’ esterrefatto ed in preda ad una malcelata ilarità gli dice: ma veramente non ti ricordi ? E quel tizio continuò, come non ti ricordi! E tu? Ed io niente, risponde Totò. Come niente, gli dice di rimando l’ interlocutore al quale Totò stava raccontando il fatto… Anzi, dice Totò, come non ti ricordi, e mi molla persino uno schiaffone! E tu non hai reagito? Mi diede pure una pedata, mi buttò a terra e mi salì sopra, continuando a dirmi: come, non ti ricordi di me? E tu? Mi stavo scompisciando dalle risate! E tu con quel tizio che continuava a pestarti, e che ti ha massacrato di botte, ti stavi scompisciando dalle risate?
Alla fine Totò, il mio omonimo, con piglio serio ed un po’ risentito con l’amico al quale aveva raccontato tale episodio, inimmaginabile, per una persona normale, un po’ anche incazzato, risponde: e che dovevo fare, perché dovevo reagire? E che ero Pasquale io! E così arrivano anche gli avvisi di garanzia, oltre che le botte, e per me peggio ancora le richieste di arresto! Eppure non è che sono Pasquale Io? Comunque vada, è il caso di dirlo, sarà un processo! Da questo processo, alla fine, sono stato, comunque, tenuto fuori.
Dopo un mio secondo chiarimento, davanti alle autorità giudiziarie (o se preferite di Pasquale, alias il comico Totò, il Principe della Risata, Antonio De Curtis!), più per un puro caso, che per fortuna, non sono stato direttamente coinvolto. La prossima udienza di questo fantomatico processo sulle nomine Asi di Agrigento si terrà a febbraio del 2012.

 

 

 


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