Agrigento, 36 Comuni dicono no a Sicilacque Creato un coordinamento per la gestione pubblica

Fino ad oggi è stata l’unica provincia della Sicilia che si è opposta, almeno in parte, alla cessione delle reti idriche ai privati. Su 42 Comuni – tanti se ne contano nell’Agrigentino – in 18 hanno detto di no a Sicilacque, società privata oggi nelle salde mani, in qualità di azionista di maggioranza, dell’imprenditore Marco Campione, condannato in via definitiva, nel 2011, per truffa, falso ideologico e abuso d’Ufficio. In passato fra i soci, tra gli altri, c’era Angelo Lombardo, fratello dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo. La notizia è che, adesso, i Comuni di questa provincia che non vogliono più la gestione privata raddoppiano.

Insomma, ai 18 Comuni ribelli se ne sono aggiunti altrettanti nel corso di una riunione che è andata in scena qualche giorno fa a Palma di Montechiaro, presenti, tra gli altri, il parlamentare nazionale del Pd, Giuseppe Lauricella, e il deputato regionale e sindaco di Bivona, Giovanni Panepinto, da sempre in prima fila nella lotta contro la privatizzazione dell’acqua. All’incontro hanno partecipato anche i commissari straordinari dei Comuni di Agrigento, Licata e Raffadali.

E’ stato creato un coordinamento costituito da 5 Sindaci in rappresentanza di 36 amministrazioni comunali. Obiettivo: puntare senza tentennamenti alla gestione pubblica dell’acqua. I Comuni che hanno consegnato gli impianti delibereranno la revoca della cessione delle reti per mandare a casa definitivamente i privati di Girgenti Acque. Non solo: insieme a quelli che non hanno mai consegnato le reti idriche ai privati, lavoreranno per coinvolgere tutti gli altri Comuni dell’Isola in un grande movimento. Per convincere i 90 parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana ad esaminare e approvare il disegno di legge d’iniziativa popolare sulla pubblicizzazione del servizio idrico che giace da più di tre anni a Sala d’Ercole.

La speranza, adesso, è che il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, si liberi dei potentati che stanno provando in tutti i modi a bloccare la volontà popolare, sancita non soltanto dal già citato disegno di legge ‘insabbiato’, ma anche dal referendum del 2011, nel quale gl’italiani hanno detto a chiare lettere che vogliono la gestione pubblica dell’acqua.

In Sicilia l’acqua privata arriva nei primi anni del 2000, sull’onda di una legge nazionale voluta dal governo Berlusconi. Con l’allora presidente della Regione siciliana, Totò Cuffaro, che ne combina di tutti i colori pur di privatizzare questo servizio. Il 60 per cento dei Comuni era contrario. Ma questo non ha scoraggiato governo nazionale e regionale di quegli anni, che sono andati avanti come treni, consegnando per trent’anni, ai privati di Sicilacque, gli impianti idrici realizzati nei decenni precedenti con i soldi dei siciliani.

Inizia così un’esperienza che, fino ad oggi, non è molto esaltante. Si pensi al fallimento dei privati chiamati a gestire l’acqua a Palermo e provincia. O ai problemi di Siracusa. In provincia di Agrigento i privati di Girgenti Acque toccano duro. Si trovano davanti tanti Sindaci che si rifiutano di consegnare gli impianti. Intanto alla Regione, nel 2008, è arrivato il già citato Lombardo. Che, con l’appoggio della ‘sinistra’ del Pd di Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia, prova in tutti i modi a convincere i Sindaci ribelli a consegnare gli impianti a Girgenti Acque. Sarà una vera e propria ‘guerra’. Con il governo Lombardo-Pd che spedisce ripetutamente i commissari nei Comuni ribelli dell’Agrigentino. E con i Sindaci, in buona parte di centrosinistra – molti del Pd – che sbarrano la strada all’anomalo centrosinistra rappresentato, piaccia o no, dal Governo Lombardo.

E oggi? Il governo Renzi con l’articolo 7, comma 5 del decreto sblocca Italia ha intimato ai Comuni ribelli dell’Agrigentino di consegnare gli impianti ai privati. «Ma forse non sanno – ci dice Giovanni Panepinto – che i Comuni che non hanno consegnato gli impianti stanno rispettano lo Statuto siciliano e la legge. Parlo della legge regionale n. 2 del 2013 che consente a Comuni di gestire gli impianti e riconosce la possibilità per gli stessi Comuni, in forma singola o associata, di gestire le acque».

Insomma, i Sindaci non sono come i parlamentari nazionali ‘nominati’ dai capi dei partiti che votano secondo gli ordini di scuderia, in barba, spesso, agli interessi popolari. I Sindaci non sono solo eletti dal popolo, ma rispondono ai territori, cioè alla gente. Punto.

Così ad Agrigento il sogno continua. Già da quattro anni ci sono i Comuni che gestiscono direttamente gli impianti idrici, che fanno pagare l’acqua ai cittadini, in media, 120-160 euro all’anno. Mentre nei Comuni dove ci sono i privati a gestire il servizio idrico i cittadini la pagano tre, quattro volte in più. Un po’ meno del doppio, al limite, sarebbe giustificato dal fatto che 18 Comuni sui 42 di questa provincia non hanno consegnato gli impianti ai privati. Ma un costo tre, quattro volte superiore significa soltanto che i profitti dei privati non sono giustificati dal mercato, ma dalla cupidigia di chi vuole super guadagnare ad ogni costo con l’acqua.

E’ questo che ha spinto altri 18 sindaci della provincia a schierarsi contro i privati. Con un movimento che, adesso, punta a coinvolgere tutti i Comuni dell’Isola.   


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