Inverosimili attestazioni di frequenza a corsi universitari online, ricevute fittizie per buoni pasto, certificati medici falsi, generi alimentari. All’Agenzia delle Entrate di Agrigento, stando a quanto emerso dalle indagini della Guardia di Finanza, “entrava” proprio di tutto. Nell’operazione che ieri ha portato all’arresto di 15 persone, oltre ai reati dalle grandi cifre, c’è spazio per una serie di illeciti minori e piccoli privilegi che offre uno spaccato dell’insalubre orticello che certa burocrazia locale riesce a coltivare nei gangli istituzionali e sociali.
Il dossier degli investigatori offre elementi utili non solo a ricostruire il perimetro giuridico delle violazioni, ma anche a fotografare i comportamenti dei protagonisti di questa ennesima storia di illegalità. È così possibile immaginare Giuseppe Cumbo e Angelo Pagliarello, entrambi funzionari dell’agenzia, mentre passano dallo studio del commercialista Antonio Vetro e dal ristorante “Buca di San Francesco” di Salvatore e Giuseppe Costanza per ritirare le false ricevute fiscali che sarebbero servite ai due per comprovare i costi di pasti mai consumati e chiedere i relativi rimborsi. Per ricambiare la cortesia, Cumbo avrebbe dovuto semplicemente informare Vetro dell’eventualità di ricevere verifiche fiscali.
Ma a sorprendere ancor di più è l’ammontare che i due avrebbero ottenuto dall’amministrazione di appartenenza come ristoro delle proprie peregrinazioni: ben 50 euro. Benzina esclusa. Tutto ciò mentre, tra le mura domestiche, Giuseppe Castronovo, addetto all’ufficio legale dell’agenzia, e la consorte Piera Callea discutono, magari a tavola, sulla propria preparazione in inglese o informatica in vista degli esami da sostenere presso la Unipegaso, salvo poi essere tranquillizzati dal numero uno dell’università telematica: avrebbero superato le prove senza nemmeno sostenerle, grazie anche all’aiuto dei suoi collaboratori Salvatore Trupia e Vincenza Rubino. In cambio? Soltanto il passaggio di informazioni riservate sulle vertenze tributarie della società e dei soci della Pegaso Servizi, alcune indebite interrogazioni presso le banche dati dell’agenzia o l’insabbiamento di fascicoli a carico del responsabile dell’Associazione IUSEG – Istituto Universitario delle Scienze Economico-Giuridiche di Agrigento.
Nel frattempo Giuseppe Castronovo ha anche il tempo per preoccuparsi della propria salute, chiedendosi se non abbia, per caso, contratto una cervicobrachialgia. E nonostante non vi sia alcuna traccia di questa patologia nel suo organismo, puntuale si strizza l’occhio del dottor Giovanni Crapanzano, il quale gliela diagnostica nella sua qualità di medico di base convenzionato con il servizio sanitario nazionale. Come Santo Pitruzzella, l’altro professionista che forniva a Castronovo, malato immaginario scrupoloso al punto da non bastargli un solo medico curante, un ulteriore certificato falso per la medesima patologia di fatto mai riscontrata sebbene foriera di emolumenti da parte dell’amministrazione di riferimento.
Insomma, storie di ordinaria razzia della cosa pubblica che in questo caso hanno anche del grottesco, ossia l’esiguità materiale dei benefici ottenuti attraverso i comportamenti illeciti. Saranno i tribunali a decretare o meno la colpevolezza dei protagonisti. Nell’attesa, agli abitanti dell’Agrigentino non rimane che l’amarezza.
Aggiornamento del 13 dicembre 2019
L’avvocato Vincenzo Salvago precisa che Dario Peretti, Salvatore Trupia e Vincenza Rubino «sono stati assolti con formula piena e senza irrevocabile».
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