Ergastolo con isolamento diurno per la durata di un anno. Si chiude con questa sentenza di condanna per l’imputato Rosario Palermo il processo di primo grado per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Agata Scuto, la 22enne invalida di Acireale (in provincia di Catania), scomparsa la mattina del 4 giugno del 2012 e il cui corpo non è mai stato ritrovato. A pronunciarla, nell’aula Serafino […]
Processo omicidio Agata Scuto: l’ex compagno della madre è stato condannato all’ergastolo
Ergastolo con isolamento diurno per la durata di un anno. Si chiude con questa sentenza di condanna per l’imputato Rosario Palermo il processo di primo grado per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Agata Scuto, la 22enne invalida di Acireale (in provincia di Catania), scomparsa la mattina del 4 giugno del 2012 e il cui corpo non è mai stato ritrovato. A pronunciarla, nell’aula Serafino Famà del tribunale di Catania è stato il presidente della corte Sebastiano Mignemi. Ad ascoltarla seduta in prima fila c’è Maria Palermo, la madre della vittima che è anche la compagna dell’epoca dell’imputato. Lui, come quasi per ogni udienza, osserva tutto dalla cella dell’aula dove resta appoggiato con le spalle al muro toccandosi la barba. Era stato il pubblico ministero Francesco Puleio, che oggi ha rinunciato alle repliche, a chiedere la pena dell’ergastolo; mentre l’avvocato Marco Tringali aveva chiesto l’assoluzione per il suo assistito che si è sempre proclamato innocente.
Meno di due ore di Camera di Consiglio al termine delle quali è stata pronunciata la sentenza di condanna che dichiara colpevole Palermo. Oltre alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per un anno, all’imputato sono state applicate anche le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dell’interdizione legale e della sospensione della responsabilità genitoriale durante l’esecuzione della pena. A Palermo è stata applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di tre anni. Inoltre, è stato condannato al risarcimento dei danni in favore della parti civili: la madre della vittima Maria Palermo, il fratello Gianluca Scuto (per entrambi i familiari immediatamente esecutivo è il pagamento di una provvisionale di 100mila a testa) e l’associazione Penelope Italia. Per le motivazioni, bisognerà attendere novanta giorni. Intanto, l’avvocato difensore ha già anticipato le intenzioni di ricorrere in Appello.
Per l’accusa, Palermo avrebbe occultato il cadavere dopo avere ammazzato la ragazza perché avrebbe aspettato un figlio da lui. Una gravidanza che, però, sarebbe solo presunta: alla madre, la giovane avrebbe confidato infatti di non avere più il ciclo mestruale. Una confidenza a cui si aggiungerebbe una frase scritta sul diario – “Mamma cornuta“ – che, però, è tra gli effetti personali che sono stati buttati proprio dai familiari. Un caso riaperto, in seguito a una segnalazione anonima, a distanza di anni. Anni in cui i parenti hanno continuato a riscuotere la pensione di invalidità della ragazza. Che soffriva di epilessia, aveva delle menomazioni fisiche ed era «una bambina di dieci anni incapace di badare a se stessa», per usare le parole degli assistenti sociali di un centro riabilitativo che frequentava. Da più parti, alcuni comportamenti dei familiari sono stati definiti «anomali»: non ultimo quello del fratello che ha prima presentato una denuncia di scomparsa per poi ritirarla qualche giorno dopo. Stando a quanto ha dichiarato lui stesso a processo, sotto costrizione da parte di Rosario Palermo.
Nel corso del processo, durante il suo interrogatorio, l’imputato ha ammesso di avere provato a procurarsi un falso alibi. Un tentativo in cui ha coinvolto l’amico Sebastiano Cannavò, la sua ex Rita Sciolto (una relazione risalente a 18 anni fa da cui sono nati anche due dei suoi otto figli) e la sua attuale compagna Sonia Sangiorgi. Tutti e tre finiti imputati per favoreggiamento. Un peso specifico importante in questa vicenda lo hanno avuto non solo le intercettazioni con queste persone diventate coprotagoniste della vicenda, ma quella che è stata considerata dall’accusa «una sorta di confessione». In realtà, si tratta di soliloqui intercettati in auto. Monologhi in cui, alternativamente, Palermo si attribuisce la responsabilità e poi si scagiona immaginando di essere davanti agli inquirenti o a un giudice. «Abbiamo trovato la ragazza morta strangolata e bruciata a Pachino (nel Siracusano, ndr) e tu ti sei fatto una bruciatina». Poco dopo un altro flusso di coscienza: «Hanno trovato il corpo nella zona di Pachino ma hanno arrestato Gianluca Scuto (uno dei fratelli di Agata, ndr). Tu sei scagionato, sei libero».