È un determina dirigenziale del Comune acese a mettere nero su bianco la sospensione dal servizio per il luogotenente Nicolò Urso, coinvolto nel blitz Sibilla che ha portato in carcere il sindaco Roberto Barbagallo. «Dimostrerà di non aver partecipato a eventi delittuosi», commenta a MeridioNews Antonio Molino
Acireale, sospeso vigile coinvolto nell’inchiesta Comandante: «Atto dovuto, certa l’estraneità»
Sospensione cautelare obbligatoria dal servizio. È questo il provvedimento preso nei confronti del vigile urbano Nicolò Urso, arrestato e posto ai domiciliari nell’ambito dell’operazione Sibilla che ha coinvolto diciassette persone, otto delle quali destinatarie di misure cautelari. Tra questi spicca il nome del sindaco di Acireale Roberto Barbagallo e quelli dei due dirigenti del suo Comune, Salvatore Di Stefano e Giovanni Barbagallo.
Nella determina dirigenziale dello scorso 23 febbraio del Comune acese si procede alla «sospensione dal servizio, con sospensione dell’incarico dirigenziale e privazione della retribuzione» per il soggetto, di cui non viene fatto il nome, «colpito da misura restrittiva della libertà personale dall’autorità giudiziaria, nelle more dell’avvio del procedimento disciplinare, per i fatti oggetti di indagine penale in corso». Oltre a questo, nel provvedimento inserito nella determina comunale si legge della decisione in merito all’ambito economico per cui si stabilisce «di corrispondere al dirigente, per la durata del periodo di sospensione obbligatoria, l’indennità alimentare» prevista dalla normativa vigente.
«È un atto dovuto – conferma a MeridioNews il comandante del corpo dei vigili urbani di Acireale, Antonio Molino – che è stato fatto anche nei confronti di tutti gli altri dipendenti comunali investiti da questa vicenda. Ritengo che Urso avrà presto modo di chiarire la sua posizione – commenta -. Lo conosco da decenni e ho stima di lui per cui sono certo che avrà modo di dimostrare la sua totale estraneità ai fatti e che non ha partecipato a nessuno degli eventi delittuosi». Nicolò Urso era diventato luogotenente durante la scorsa estate, partecipando a un bando a cui era risultando l’unico idoneo. In una selezione successiva, sarebbero poi stati scelti altri sei vigili urbani per ricoprire quello stesso ruolo. «Come previsto dal regolamento comunale – spiega Molino – abbiamo fatto un concorso interno perché io dovevo disporre di otto luogotenenti. Al primo bando è stato lui a essere giudicato l’unico idoneo ma i test sono scritti ed è tutto agli atti per cui – conclude – non capisco perché legare questa vicenda all’attuale inchiesta».
Urso, secondo l’accusa, sarebbe stato uno degli interpreti del condizionamento del voto a pochi giorni dalle elezioni regionali dello scorso novembre, insieme al primo cittadino. Un fatto inserito dentro un’indagine più ampia, con indagati per corruzione, turbativa d’asta e induzione indebita per appalti tra Acireale e Malvagna, in provincia di Messina.
In particolare, è il 19 ottobre 2017 che si tiene un dialogo intercettato dagli inquirenti all’interno della stanza del sindaco. Barbagallo, in un dialetto siciliano molto stretto, chiede al vigile Urso «‘na cosa elettorale». Nello specifico, si tratta di un controllo all’attività commerciale ambulante di due venditori di frutta: i fratelli gemelli Salvatore e Sebastiano Principato, anche loro attualmente indagati. Stando alla ricostruzione fatta dai magistrati, il luogotenente sarebbe andato dai due fruttivendoli per «intimidirli», e rendere necessario un incontro con il sindaco. Si sarebbe innescato così un circolo che avrebbe portato poi a «uno scambio di favoritismi con promessa elettorale» in favore del referente politico del sindaco, il deputato uscente Nicola D’Agostino che non è indagato.