La scerbatura della spiaggetta di S. Maria la Scala è solo l'ultima di una serie di attività tra cui corsi di cucina, volontariato e realizzazione delle mascherine. «Il percorso di pena deve essere tradotto in una prospettiva di vita nuova», afferma il Cappellano
Acireale, l’istituto penale a servizio della comunità «Cerchiamo di dare un modello di cambiamento»
«Bisogna tradurre il percorso di pena in una prospettiva di vita nuova. Io, insieme agli altri operatori, dobbiamo cercare di offrire un modello di cambiamento concreto, che non rimanga soltanto a parole». Don Francesco Mazzoli ha da poco salutato i ragazzi dell’istituto penale minorile di Acireale. Oltre a essere il parroco di Santa Maria la Scala, borgo marinaro dell’acese, dal primo luglio del 2017 è anche il cappellano della struttura che attualmente ospita 13 persone di sesso maschile: di questi, tre sono detenuti in semilibertà e possono anche prestare del lavoro esterno. Così, per il secondo anno consecutivo, hanno ripulito parte della spiaggetta di Santa Maria la Scala che funge anche da parcheggio. Un’azione concreta per quella che dovrebbe essere la rieducazione dei soggetti che devono scontare una pena detentiva. In questo caso sono minori e soggetti con un’età che va fino ai 25 anni (nei casi in cui si debbano scontare reati commessi in età minorile). Non soltanto siciliani, ma anche stranieri che sono arrivati ad Acireale da oltre i confini europei. Mazzoli sta accanto ai detenuti, cercando di «far riabbracciare la vita, una nuova vita». Ci sono percorsi di catechesi, con attività rivolte non soltanto ai cristiano-cattolici, visto che ci sono diverse culture e confessioni religiose a contatto.
Accanto alla catechesi, poi, ci sono le attività a servizio della comunità. «I ragazzi si sono impegnati due giorni, lo scorso 20 e 21 luglio – afferma il cappellano a MeridioNews – Hanno fatto l’opera di scerbatura che non era scontata, e bisogna dire loro grazie per questa attività, che non è di loro competenza: è un appello che io come parroco ho rivolto all’istituto, quindi ai ragazzi, nel venire in soccorso a quella che è una mancanza della società civile. Con questa azione hanno fatto sì che quell’area non possa essere soltanto preda degli incendi ma che possa risultare nociva o interdetta per le condizioni in cui si trova». Le attività all’esterno dell’istituto, inoltre, comprendono anche la collaborazione con la parrocchia, dove i ragazzi in semilibertà offrono il loro servizio di volontariato, fornendo non soltanto il loro aiuto materiale, ma raccontando anche le loro esperienze di vita ai più giovani. Alle iniziative esterne poi si affiancano quelle interne, sebbene negli ultimi due anni la pandemia abbia condizionato inevitabilmente alcune cose. «Prima del Covid i ragazzi facevano volontariato alla mensa della Caritas di San Camillo, ad Acireale – continua Mazzoli – Poi hanno iniziato anche un percorso interno, che ha durata di tre anni: si tratta di un progetto che vede coinvolti anche altri istituti siciliani in cui si svolgono percorsi professionali dedicati alla cucina. Dalla fase iniziale fino alla formazione con l’obiettivo del pieno inserimento nel mondo del lavoro dopo la detenzione».
Nel frattempo, scoppiata la pandemia, anche se certe abitudini inevitabilmente sono cambiate, i ragazzi, guidati da padre Mazzoli hanno imparato a cucire attraverso dei video tutorial e hanno realizzato delle mascherine. «Ho lanciato un appello sui social per recuperare tessuto ideale per fare le chirurgiche, aghi e fili – racconta – Abbiamo realizzato 5mila mascherine che abbiamo distribuito ai poveri della Caritas, alle parrocchie e a chiunque ha bussato alla porta dell’istituto chiedendoci una mano». Sono passati cinque anni da quando padre Francesco Mazzoli è stato nominato cappellano dalla direttrice Carmelina Leo. Da allora, nell’istituto a tre piani tra laboratori e aule scolastiche e momenti di preghiera ha visto passare diversi ragazzi. «Mi è capitato di accompagnare diversi ragazzi che, scontata la pena, tornavano dalle proprie famiglie, alcuni hanno dei bambini. Con qualcuno mi sento settimanalmente, il legame è indissolubile – conclude Mazzoli – Mi auguro che la società possa riaccoglierli e che possano avere un lavoro onesto e si possano affermare, perché questo percorso all’interno non resti vano. Al momento i ragazzi in semilibertà sono solo tre. Ma credo che se ne aggiungeranno altri a breve».