Sviluppi sull’inchiesta dei cosiddetti furbetti del cartellino al Comune di Acireale scoppiata lo scorso anno. La giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Catania Flavia Panzano si è pronunciata, questa mattina, con due condanne col rito abbreviato, e con sedici rinvii a giudizio per truffa e falso. Accogliendo le richieste del pubblico ministero titolare del fascicolo per i presunti casi di assenteismo nell’ente acese, Pasquale Pacifico, la gup ha quindi condannato a due anni di reclusione e a mille euro di multa Mario Primavera, a un anno e due mesi e a pagare una contravvenzione da 600 euro Teresa Messina. La magistrata ha deciso anche che la parte civile, ovvero il Comune di Acireale rappresentato dal legale Enzo Mellia, venga risarcita di 15mila euro. Sono, inoltre, sedici i dipendenti rinviati a giudizio con l’accusa di essere stati assenti nonostante risultassero presenti a lavoro grazie alla complicità di altri colleghi che timbravano il loro badge.
Il nome di uno dei condannati di oggi, Mario Primavera – come svelato da un approfondimento di MeridioNews – era noto alle cronache giudiziarie anche prima di questo caso. L’inchiesta Glazier del 2003, infatti, indagava i suoi presunti legami con il clan mafioso dei Laudani e ha portato al suo cambio di ruolo all’interno del Comune. Lo stesso da cui parte l’indagine in questione. Primavera nella relativa ordinanza è indicato come «collaboratore dei vigili urbani e impiegato ai Lavori pubblici e manutenzione». L’uomo, in questo caso, è finito al centro dell’attenzione mediatica per essere stato colui che, manomettendo la telecamera nascosta – piazzata dagli inquirenti per riprendere il comportamento dei dipendenti davanti al registratore di presenze -, ha di fatto decretato la fine delle indagini.
Nell’indagine del 2003 condotta dai carabinieri e firmata dal comandante Alessandro Nervi, che porta nel registro degli indagati 35 persone sospettate di associazione mafiosa e svariati reati collegati, vede nell’elenco pure Primavera. Per lui l’aggravante è quella di «avere istituito e tenuto una casa da gioco al fine di agevolare l’attività dell’associazione facente capo alla famiglia Laudani». I rapporti che l’uomo ha avuto, messi nero su bianco nelle pagine dell’ordinanza, sono quelli con Sebastiano Nello Torrisi e Salvatore Tulletti, con cui viene intercettato al telefono. Di questi, il primo, già pregiudicato, coinvolto nell’operazione I vicerè, viene considerato un affiliato dei Laudani che si occuperebbe del traffico di droga. L’altro, insieme al referente mafioso Orazio Scuto detto ‘u vitraru, avrebbe gestito quattro bische clandestine nel territorio acese.
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