Una piccola Las Vegas clandestina. A gestirla, gli uomini del clan dei Laudani sul territorio di Acireale. È una parte dei racconti del pentito Giuseppe, nipote del patriarca Sebastiano, che tratteggia il profilo affarista dei suoi. Accanto a videogame e videopoker, però, non mancano le occasioni per menare le mani
Aci Platani, il gioco d’azzardo tra le case popolari Laudani: «La più grossa bisca fatta dalla famiglia»
Era Acireale la Las Vegas clandestina del clan Laudani. Gioco d’azzardo, videogame e videopoker rappresentavano una miniera d’oro per i mussi ‘i ficurinia. E c’è un aspetto non secondario: bische e sale giochi, in qualche caso, finivano per diventare anche luoghi per regolamenti di conti e pestaggi. A raccontarlo è Giuseppe Laudani, nipote del patriarca Sebastiano. In numerosi interrogatori della procura della Repubblica di Catania, il 33enne collaboratore di giustizia (le cui confessioni hanno contribuito a formare il materiale d’indagine dell’inchiesta I vicerè) tratteggia il profilo affarista del gruppo di Acireale.
In una dichiarazione messa a verbale nel maggio del 2010, Laudani spiega ai pm: «Loro hanno, diciamo, tra virgolette, la casa migliore del gioco d’azzardo della famiglia Laudani in generale che organizzano sempre ad Acireale». «Loro» sarebbero i membri presunti del gruppo acese, tra i quali Giuseppe Fichera, fratello dell’ergastolano Camillo, e Sebastiano Granata, considerati dalla procura come personaggi di spicco del clan sul territorio. Poco dopo, nel corso dello stesso interrogatorio, Pippo Laudani è ancora più preciso sulla localizzazione della maxi-bisca: fu ideata tra il 2004 e il 2005 nella zona delle case popolari di Aci Platani, popolosa frazione a sud-ovest del centro che collega la città alla vicina Aci Catena. Il collaboratore di giustizia la definisce «la più forte, diciamo, la più grossa bisca che ha fatto la famiglia Laudani».
Nelle bische potevano inoltre volare pugni. Nel giugno 2010 Laudani racconta agli investigatori di una rissa scatenatasi ad Acireale, a pochi metri dal suo appartamento, nella parte alta di corso Italia. Una zona dove si trovano diverse camionette dei paninari. Siamo nell’inverno del 2005. A menare le mani ci sarebbero da un lato un gruppo di presunti appartenenti al clan, non soltanto acesi; dall’altro ragazzi del luogo. In un primo momento l’intervento di due volanti dei carabinieri calma gli animi. Poco dopo, però, i membri della famiglia riconoscono uno dei giovani con i quali si stavano scontrando, in un chiosco nei pressi della vecchia stazione ferroviaria. Lo prelevano, lo portano all’interno di un’altra bisca, non lontano da lì, e lo pestano per bene. Lo stesso Giuseppe Laudani ammette, in quel frangente, di aver assestato qualche colpo a mano chiusa.