«Era colui che si sporcava le mani con personaggi compromettenti perché così si arrivava al fratello». Il colui di cui si parla è Angelo Lombardo e a tratteggiarne il profilo è la magistrata Agata Santonocito nel corso dell’udienza del processo in cui è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Angelo […]
Foto di Dario De Luca
Le accuse ad Angelo Lombardo e la richiesta di condanna. Per i pm «si sporcava le mani con personaggi compromettenti»
«Era colui che si sporcava le mani con personaggi compromettenti perché così si arrivava al fratello». Il colui di cui si parla è Angelo Lombardo e a tratteggiarne il profilo è la magistrata Agata Santonocito nel corso dell’udienza del processo in cui è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Angelo Lombardo non è soltanto il fratello dell’ex presidente della Regione siciliana Raffaele. Nel suo passato ci sono due elezioni all’Assemblea regionale e un mandato da parlamentare dal 2008 al 2013. Incarichi ma anche guai giudiziari in un percorso parallelo con il più noto fratello la cui vicenda processuale si è però conclusa con l’assoluzione e un prepotente ritorno – ma dai radar non era mai uscito – in politica. Il processo che riguarda Angelo Lombardo è iniziato poco più di dieci anni fa, il 4 giugno 2014 mentre i fatti contestati risalgono addirittura al 2008. Oggi, davanti alla presidente della prima sezione penale, Grazia Anna Caserta, uno snodo fondamentale con la richiesta di condanna per l’ex politico autonomista a dieci anni di carcere. La sentenza, dopo le repliche delle difese, potrebbe arrivare entro l’estate.
Un vicenda «complessa», come l’ha definita la procura, che «restituisce un’immagine desolante» del «consapevole esercizio del voto da parte dei cittadini». Insieme a Lombardo sono imputati per voto di scambio l’ex rappresentante provinciale di Cosa nostra a Catania Vincenzo Aiello – per cui sono stati chiesti tre anni – il geologo Giovanni Barbagallo – anche per lui stessa richiesta di tre anni – il collaboratore di giustizia Gaetano D’Aquino – un anno – e il mafioso ed ex sindaco di Castel di Iudica (nel Catanese) Rosario Di Dio, nei cui confronti è stata proposta l’assoluzione. Per la procura, Angelo Lombardo sarebbe sceso a patti con alcuni esponenti di primo piano di Cosa nostra catanese e non solo. Tra i riferimenti riproposti in aula ci sono le dichiarazioni rese ai magistrati da Di Dio nel 2015. «Raffaele e Angelo Lombardo andavano a trovalo, anche di notte, al suo distributore di carburante sulla Catania-Gela e, stando al suo racconto, gli chiesero un contatto con l’ex reggente di Cosa nostra Angelo Santapaola, poi fu Angelo (Lombardo, ndr) a tenere i contatti con Santapaola», spiega Santonocito durante la requisitoria indicando anche l’incontro che ci sarebbe stato. Poco più di tre ore, interrotte solo per una pausa di 20 minuti, in cui l’accusa ha cercato di mettere insieme un materiale enorme ma che solo nel suo insieme «può portare al risultato».
In aula, assente Lombardo che è assistito dall’avvocato Calogero Licata, tornano i nomi che hanno segnato le principali vicende mafiose e politiche del capoluogo etneo negli ultimi vent’anni. Vengono citate le rivelazioni dei collaboratori Fabrizio Nizza e Santo La Causa ma anche quelle di Salvatore Sciacca, arrivate tardi – nell’aprile 2014 -, ma che hanno fatto riferimento a un presunto faccia a faccia, in una villa di Mascalucia, tra i Santapaola e lo stesso Angelo Lombardo. Il 13 e 14 aprile del 2008, Raffaele Lombardo venne eletto presidente della Regione con poco più del 65 per cento dei voti. Da quel momento, stando alla ricostruzione della procura, i canali di comunicazione sull’asse autonomisti-Cosa nostra si sarebbero quasi interrotti. «La mafia aspettava di avere riconosciuto il proprio impegno elettorale – dice la magistrata – ma, nello stesso tempo, ci sono le intercettazioni in cui si lamentavano che con Raffaele Lombardo non si poteva più parlare». Ci sono altre due date che in questa storia bisogna ricordare. Il 4 e il 26 maggio del 2008.
Nel primo caso, venne monitorata dal Reparto operativo speciale (Ros) dei carabinieri una mangiata nella casa di campagna del geologo Barbagallo in contrada Margherito a Ramacca (in provincia di Catania), in cui si festeggiò l’elezione di Angelo Lombardo a Roma. Allo stesso tavolo banchettarono il politico, diversi colletti bianchi e alcuni personaggi orbitanti in Cosa nostra catanese. L’altro riferimento temporale – 26 maggio 2008 – è invece relativo al ricovero, per tre giorni, di Angelo Lombardo all’ospedale Cannizzaro di Catania. Ufficialmente una crisi ipertensiva che, per la procura e anche per alcuni collaboratori di giustizia, nascondeva invece le conseguenze di un pestaggio che sarebbe stato dovuto al mancato rispetto delle promesse elettorali. A spingere in questa direzione ci sarebbe pure una radiografia eseguita alla spalla destra in cui venne refertata l’assenza di lesioni focali alle ossa. «Noi ritentiamo che sia stato aggredito – dice Santonocito durante la requisitoria – Non sappiamo con quanta intensità, perché spesso i racconti vengono abbelliti, ma ci chiediamo però il nesso di una radiografia alla spalla con una diagnosi di ipertensione». Su questa vicenda ha parlato il collaboratore Eugenio Sturiale, la moglie Palma Maria Biondi e lo stesso collaboratore Sciacca indicando di non avere visto il momento in cui Lombardo venne picchiato nella villetta a Mascalucia ma di avere sentito «il rumore di uno schiaffo».