Abilitazione scientifica, ovvero «lui sì, tu no» Da Catania due mozioni chiedono più fondi

L’università italiana si prepara a quella che potrebbe essere per molti anni l’unica possibilità di avanzare all’interno della rigida scala gerarchica che la contraddistingue, l’abilitazione scientifica nazionale, e da più parti si fanno sentire i richiami affinché sia un’occasione vera di avanzamento. E non un «gioco al massacro», spiega Gianni Piazza, ricercatore catanese e membro del Coordinamento unico d’ateneo. È proprio la sua categoria – oltre 23mila in tutta Italia, 591 nel solo ateneo di Catania – a sperare di ottenere l’abilitazione, quella che Piazza definisce «una patente con scadenza di quattro anni». In questo periodo, chi ottiene l’abilitazione – attraverso l’esame da parte di una commissione nazionale – può sperare di essere assunto come docente associato oppure, se già giunto a questo livello, a ordinario. A decidere le modalità sono le stesse università che possono scegliere tra un concorso o una chiamata diretta. La discrezione – così come stabilito dalla cosiddetta legge Gelmini, la 240 del 2010 – è unicamente dei singoli atenei e dei rispettivi dipartimenti, quindi i timori che si trasformi «in un gioco al massacro» sono più che fondati.

Per scongiurare un rischio simile, l’unica soluzione sarebbe una copertura economica che possa garantire a quanti superano l’abilitazione di poter essere assunti. Questo permetterebbe di sopperire a quel blocco del turn over che spinge verso l’alto l’età media dei docenti universitari e verso il basso il loro numero e obbliga gli atenei ad affidarsi ai ricercatori anche per la didattica. Il consiglio del dipartimento di Studi umanistici e quello di Scienze politiche dell’università di Catania hanno firmato una mozione sul tema che ricalca le prese di posizione del Cuda. «Da tre anni denunciamo questo rischio, ci sarà inevitabilmente un numero maggiore di abilitati rispetto ai fondi», afferma Piazza che spiega come uno dei problemi principali sia l’assenza di una graduatoria. «La norma non lo prevede», dunque nulla o quasi, fino a questo momento, vieta ad un abilitato di essere assunto preferendolo ad un altro che ha superato lo stesso percorso.

La procedura scade a settembre e l’ateneo catanese sta lavorando ad un regolamento che a bocce ferme – prima che si conoscano i nomi degli abilitati – stabilisca le modalità di assunzione. Non è escluso che altri dipartimenti firmino mozioni simili per sollecitare ministero e governo a prendere in considerazione un maggiore sforzo economico. «Ma il problema sta a monte e riguarda tutte le università» e non è esente da ricorsi che potrebbero ingarbugliare ulteriormente la questione.

 

[Foto di matthew hull]

Carmen Valisano

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