A Lampedusa i migranti rifiutano l’identificazione: manco loro si fidano dell’Italia…

Nel Canale di Sicilia il mare è calmo, non una cresta d’onda, quasi oleoso, e in meno di 24 ore i guardacoste hanno soccorso oltre 700 migranti. In un frenetico orchestrare di navi civili e militari tutti i natanti avvistati sono stati tratti in salvo e condotti a Lampedusa dove al momento il centro di prima accoglienza è nuovamente saturo. Il problema però sembra risiedere altrove. Non nei numeri ma nelle procedure. A congestionare la struttura di Contrada Imbriacola ci si è messa, adesso, una nuova tendenza. I migranti, in massima parte provenienti dal Corno d’Africa e quindi potenziali richiedenti asilo, hanno deciso di non volere essere identificati.

Non forniscono generalità, scena muta, e si rifiutano categoricamente di collaborare con il reparto di polizia scientifica preposto alla foto-segnalazione e al rilevamento delle impronte digitali. Tutto ha un precedente. In questo caso pare essersi verificato il giorno che precedeva l’arrivo di Papa Francesco a Lampedusa. Un gruppo di migranti, uscito dal centro di accoglienza, ha dato il via ad una protesta per le strade dell’isola. Forse per il timore che certi disordini potessero replicarsi durante la visita del Pastorale, più per ragioni di sicurezza verso il Pontefice che per eventuali magre figure, i migranti sono stati trasferiti senza identificazione preliminare. Una sorta di involontario incoraggiamento a proseguire su questa strada. Via percorsa anche dal centinaio di immigrati che martedì pomeriggio ha protestato in corteo dal centro di accoglienza fino al porto. In questa occasione, sull’isola si era sparsa la voce di una protesta rivolta al cibo distribuito nella struttura recettiva.

Errore in parte comprensibile dato che lo slogan inneggiato dal corteo, per assonanza, somigliava molto a un inglese “No fish”. Non è stato semplice, parlando con alcuni di loro, capire che nella loro lingua – quasi tutti erano eritrei – o in un loro slang, quella frase significa qualcosa che molto si avvicinerebbe alla letterale traduzione “no impronte” digitali.

Con l’arrivo dei circa 720 migranti soccorsi in 7 distinti eventi, il centro di prima accoglienza ha raggiunto una temporanea quota pari a un migliaio di presenze. Sarà poco semplice decongestionarlo senza poter identificare i migranti da trasferire. Ma quale è il problema per i migranti? Perchè questa ostinazione? La loro la ragione è più semplice del previsto. Se un migrante con diritto di asilo viene accolto in Italia, e qui riceve asilo politico, un eventuale tentativo di attraversare una frontiera interna europea lo vedrebbe respinto verso il Paese che lo protegge. E loro non vogliono la protezione italiana. Certo, è poco probabile che anche in Libia, tra i migranti in attesa di imbarcarsi su una carretta del mare, si sia sparsa la voce del caso Kazakistan e di come estradiamo persone da proteggere verso paesi poco raccomandabili. Vero è che la destinazione dei migranti che giungono dal nord Africa sulle coste siciliane non è l’Italia e che una eventuale concessione di asilo tricolore precluderebbe l’opportunità di raggiungere la Germania o la Francia da “clandestini” per poi richiedere asilo in loco. Come dire che neanche i più disperati migranti sub-sahariani vorrebbero vivere in Italia?


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Nel canale di sicilia il mare è calmo, non una cresta d’onda, quasi oleoso, e in meno di 24 ore i guardacoste hanno soccorso oltre 700 migranti. In un frenetico orchestrare di navi civili e militari tutti i natanti avvistati sono stati tratti in salvo e condotti a lampedusa dove al momento il centro di prima accoglienza è nuovamente saturo. Il problema però sembra risiedere altrove. Non nei numeri ma nelle procedure. A congestionare la struttura di contrada imbriacola ci si è messa, adesso, una nuova tendenza. I migranti, in massima parte provenienti dal corno d’africa e quindi potenziali richiedenti asilo, hanno deciso di non volere essere identificati.

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