Secondo i dati Openpolis, sono meno del 18 per cento gli isolani con più di tre anni che praticano attività fisica in modo continuativo. Qualche soluzione tuttavia c'è, come spiega durante Direttora d'aria il presidente del Coni Sicilia Sergio D'Antoni
Siciliani al vertice della classifica dei più sedentari d’Italia Comuni e sport: «Scenario già difficile aggravato dal Covid»
Sempre più studi dimostrano che essere fisicamente attivi ha degli effetti benefici sia sul corpo che sulla mente, oltre a ridurre il rischio di molte malattie. Fare sport, però, è una pratica sempre meno diffusa, specie in Sicilia. Nell’Isola, secondo i dati Istat 2020 resi pubblici dall’organizzazione Openpolis, solo 43 abitanti – con più di tre anni – su 100 si dilettano in allenamenti e attività fisica. Dato che pone la Regione in fondo alla graduatoria nazionale. Poco meglio riescono a fare soltanto Campania (44,2 abitanti su 100) e Calabria (49,1 abitanti su 100). I numeri sono ancora più bassi se si prendono in considerazione coloro che praticano in maniera continuativa sport organizzati, con appena 17 cittadini siciliani su 100 abitanti. Al vertice c’è la provincia autonoma di Bolzano, con 85,5 abitanti ogni 100. Seguono la provincia autonoma di Trento (82,7) e il Veneto (78,4).
L’elaborazione di Openpolis prende in considerazione la voce Sport e tempo libero dei bilanci comunali – di cui si hanno i dati – per calcolare la spesa pro capite che ogni amministrazione sborsa. L’indice che racchiude le uscite per sovvenzionare le società e le associazioni sportive, ma anche i finanziamenti concessi per manifestazione, iniziative o attività di formazione professionale del personale. Altro capitolo è quello che riguarda la gestione delle strutture dedicate allo sport. Per alcuni Comuni, tra cui spiccano Napoli, Palermo, Catania e Messina, non è stato possibile elaborare una classifica a causa dell’assenza dei bilanci consuntivi del 2020. In generale la spesa media italiana è poco più di 30 euro per cittadino a livello nazionale. In Sicilia scende a circa 25 euro. Scandagliando la graduatoria non mancano le sorprese. Il Comune in cui la spesa pro capite è più bassa è Butera, in provincia di Caltanissetta, con appena 12 centesimi pro capite. Istantanea diversa a Ficarra, in provincia di Messina. Nemmeno 1500 abitanti e un calcolo di 400 euro investito per ogni residente. Dato che colloca il piccolo centro sul gradino più alto dell’analisi di Openpolis.
«Si tratta di un problema complesso che non può essere attribuito a una sola componente», spiega Sergio D’Antoni, presidente del Comitato olimpico nazionale italiano in Sicilia, durante la trasmissione Direttora d’Aria, in onda su Radio Fantastica – RMB. «Eravamo in crescita prima del Covid ma la pandemia ha creato ulteriori problemi a una situazione già difficile. Ormai fare sport, qualsiasi tipo, costa qualcosa. In una terra come la nostra, con una componente di povertà alta, questo incide profondamente nell’aspetto complessivo della pratica sportiva. Basterebbe fare un confronto tra Sicilia e Lombardia per capire la portata». Il Coni, nonostante le poche risorse, porta avanti dei progetti – fuori dall’orario delle lezioni – nelle scuole elementari delle zone disagiate della Sicilia. «Abbiamo ottenuto successi straordinari con un campione di tremila bambini. Le conseguenze sono maggiore rendimento nello studio e calo dell’abbandono scolastico», continua D’Antoni.
Tra le tante note dolenti sulla questione c’è sicuramente il nodo impianti sportivi. Pochi quelli funzionanti, tanti i simboli di abbandono e degrado. Senza contare le lungaggini burocratiche per portare a termini i lavori. «Il Pnrr prevede 700 milioni di euro per gli impianti. La seconda questione è quella della gestione che deve essere affidata a chi pratica, come associazioni, società e federazioni. Non ai Comuni, che poi non hanno fondi e personali da destinare. Quando una cosa viene abbandonata diventa di nessuno e si registrano vandalismi».