Il 31 dicembre si è tenuta un'accesa seduta dell'Assemblea territoriale. Dal verbale emergono le posizioni contrapposte di chi vuole andare avanti nel percorso verso la gestione pubblica e chi teme un privato che da 15 anni reclama il diritto di svolgere il servizio
Gli intrighi kafkiani attorno al futuro del servizio idrico I sindaci divisi su come bisogna affrontare il caso Sie
Quasi un secolo dopo e oltre duemila chilometri più a sud dalla sua Praga, Frank Kafka troverebbe oggi ai piedi dell’Etna nuovi spunti per raccontare, una volta di più, i labirinti burocratici dentro cui si smarriscono le vicende individuali. A offrire l’ispirazione è il travagliatissimo percorso che in provincia di Catania dovrebbe portare all’affidamento del servizio idrico a un unico soggetto, mettendo fine alla frastagliata gestione attuale, tra società in house, gestioni comunali e conduzioni private. A chiederlo, da oltre tre lustri, è il codice dell’ambiente. A suggerirlo, se non bastasse la legge, dovrebbe essere l’opportunità di usufruire dei fondi del Pnrr che però rischiano di non arrivare se sindaci e consigli comunali non si adegueranno.
A ispirare lo scrittore ceco – con tanto di richiami indiretti a termini emblematici dell’opera kafkiana, come metamorfosi e processo – è quanto, da un anno a questa parte, sta accadendo all’Assemblea territoriale idrica (Ati), l’ente di governo di cui fanno parte i singoli Comuni, in maniera proporzionale alla popolazione. È in questa sede che, il 31 dicembre scorso, si è tenuta una riunione particolarmente accesa che si è chiusa con un mezzo nulla di fatto che ha svelato la spaccatura tra chi vorrebbe accelerare verso il nuovo corso e chi invece si mostra più attendista. A tenere banco continuano a essere le pretese di Sie, società pubblico-privata che fornisce l’acqua ai cittadini di Caltagirone, Grammichele, Licodia Eubea, Militello in Val di Catania, San Cono, San Michele di Ganzaria e Vizzini, ma che da metà anni Duemila reclama il diritto di occuparsi del servizio in tutta la provincia. Una pretesa basata su una gara d’appalto che è stata al centro di numerosi ricorsi e passaggi dalle aule giudiziarie. Sia civili che amministrative, e che finora non ha portato a un verdetto definitivo. Infatti, se in sede civile Sie confida nella Cassazione dopo aver perso in primo e secondo grado, il Consiglio di giustizia amministrativa a inizio dicembre ha parzialmente preso le distanze dalla Corte d’appello senza però stabilire la necessità di consegnare gli impianti a Sie.
Tanto però è bastato per riaccendere gli entusiasmi di una società che, oltre ad avere una parte privata riconducibile alle famiglie Virlinzi, Zappalà e Cassar, è di proprietà per il 51 per cento degli stessi Comuni e della ex Provincia. Ma la presenza pubblica – tramite Acoset, Ama e Sidra, ovvero le società che insieme a Sogip dovrebbero confluire nella neonata Acque Catania – è anche all’interno di Hydro Catania, il socio di minoranza (49,04 per cento) di Sie. E se qualcuno arrivato a questo punto si chiedesse come sia possibile che una società faccia la guerra in parte a se stessa, va detto che a chiederselo sono anche alcuni dei sindaci della provincia. «A parte il socio privato – si legge nel verbale del 31 dicembre in riferimento a un intervento di Ignazio Puglisi, primo cittadino di Piedimonte Etneo – c’è una quasi totale coincidenza dei soggetti che stanno da un lato e dall’altro. Siamo quindi di fronte a un cortocircuito, e si chiede chi sia all’interno di Sie a decidere di continuare a fare contenzioso. Data la composizione societaria di Sie, si ritiene che una eventuale soluzione bonaria sarebbe valutata dagli stessi soggetti sia per Ati che per Sie».
Ma se Puglisi, così come il sindaco di Acireale Stefano Alì e il vicesindaco del Comune di Catania Roberto Bonaccorsi, ha spinto affinché l’assemblea andasse avanti con le procedure propedeutiche all’affidamento del servizio al soggetto unico, ovvero la società pubblica di recente costituzione Catania Acque, c’è chi non è stato dello stesso avviso, chiedendo di rinviare la discussione a quando il Cga si esprimerà su un giudizio di ottemperanza richiesto dai legali dell’Ati per cautela e scrupolo, pur nella sicurezza – i consulenti dell’assemblea lo hanno più volte ribadito – che al momento non esisterebbe nessun pronunciamento che impegni l’ente di governo a riconoscere le pretese della Sie. Dal canto suo, quest’ultima – costituita a fine 2005, ai tempi di Raffaele Lombardo presidente della Provincia – ha ribadito di essere pronta a chiedere pesanti risarcimenti. Un’ipotesi che ha preoccupato molti primi cittadini. Tra loro il lombardiano Fabio Mancuso, da qualche mese primo cittadino di Adrano. Mancuso, dopo avere affermato che i termini per l’affidamento del servizio a un unico soggetto per tutta la provincia scadrebbero a giugno prossimo, ha ipotizzato di trovare un accordo con Sie. «Visto che la Sie è al 51 per cento dei soggetti pubblici – si legge nel verbale – si potrebbe anche immaginare di quantificare con precisione il risarcimento del danno che spetterebbe a Sie e chiudere la questione».
A essere d’accordo con un rinvio dei punti all’ordine del giorno, tra cui l’approvazione del piano industriale di Catania Acque, è stato anche Giovanni Petta, il sindaco di San Michele di Ganzaria, uno dei comuni serviti attualmente da Sie. «Ritenendo che non ci siano le condizioni per andare avanti e riferendo di non avere chiaro quale sia la scadenza del 31 dicembre, quale sia la norma che la prevede, ritiene che serva cautela anche in virtù dell’elevata richiesta di risarcimento del danno avanzata da Sie e propone la costituzione di un gruppo di lavoro». Salvatore Barbera, sindaco di San Cono, un altro comune dove opera Sie, ha chiesto lumi sulla «facoltà o meno da parte dell’Ati di quantificare le somme dovute alla Sie e quindi se in un contenzioso di questo tipo giuridicamente possiamo intervenire o meno». Un altro primo cittadino del Calatino – il lombardiano Giuseppe Greco, che dall’autunno veste la fascia a Grammichele – ha proposto di tentare una via extragiudiziale «in quanto per le vie giudiziarie non si riuscirà a trovare il bandolo della matassa».
A contrapporsi a queste tesi sono stati i funzionari e i legali dell’Ati che hanno rimarcato come un rallentamento delle procedure potrebbe esporre i Comuni a problemi più gravi, a partire proprio dal rischio di non farsi trovare pronti al passaggio del treno Pnrr. Un’evenienza che andrebbe scongiurata, considerata la possibilità di potere investire nel rifacimento delle reti colabrodo che rappresentano uno dei principali problemi all’origine della moltitudine di disservizi. A sposare questa linea è stato anche il presidente dell’Ati e primo cittadino di Tremestieri Etneo Santi Rando, decidendo di mettere ai voti la richiesta di rinvio. La proposta è stata bocciata, ma subito dopo i sindaci di Biancavilla, Castel di Iudica, Castiglione, Mazzarrone e San Michele di Ganzaria – mentre Adrano già in precedenza aveva richiesto di essere considerato assente – hanno salutato i colleghi scollegandosi dalla videoconferenza e facendo venire meno il numero legale. Ciò di fatto ha determinato l’impossibilità di votare i punti all’ordine del giorno. «Il presidente – si legge a conclusione del verbale – prende atto che non c’è il quorum deliberativo per procedere alla votazione e ribadisce che, ovviamente, ognuno si assume la responsabilità politica della scelta fatta». A quel punto a Rando non è rimasto che porgere a tutti gli auguri. Da lì a poche ore, in ogni comune della provincia, si sarebbe brindato per il Capodanno. Lo stesso giorno in cui, nel 1915, fu pubblicato il racconto di Kafka Davanti alla legge.