Musumeci vuole spostare i lavoratori non vaccinati «Lede la privacy ed è una norma incostituzionale»

Sei articoli e tanti pasticci. Un anno dopo il duello a distanza con Cateno De Luca sulle misure restrittive in tema di Covid, Nello Musumeci ieri è tornato protagonista con un’ordinanza che punta a favorire la vaccinazione di massa ma che, in realtà, rischia di rivelarsi un’arma totalmente spuntata, ma soprattutto illegittima. È questo il giudizio che la giurista Vitalba Azzollini dà al censimento vaccinale introdotto dal governatore per cercare di alzare la percentuale di popolazione sottoposta alla copertura offerta dal siero anti-Covid. Al momento, la Sicilia si attesta poco sopra il 30 per cento, ancora lontana da quell’ottanta per cento fissato come obiettivo dal ministero della Salute. «Non si può pensare di raggiungere il traguardo con misure totalmente prive di qualsiasi base giuridica», mette in guardia Azzollini contattata da MeridioNews.

Nel mirino c’è la norma prevista all’articolo 3 dell’ordinanza, con cui si dà mandato alle Aziende sanitarie provinciali di raccogliere informazioni sul personale che ancora non si è sottoposto alla vaccinazione, sia «mediante apposito interpello a tutti gli enti pubblici operanti nel territorio della Regione» che «con riferimento al personale preposto ai servizi di pubblica utilità, ai servizi essenziali nonché agli autotrasportatori e al personale delle imprese che assicurano la continuità della filiera agroalimentare e agli equipaggi dei mezzi di trasporto». Il monitoraggio è funzionale – recita la norma – per far sì che possano prima partire degli inviti formali a sottoporsi al siero e poi, in caso di rifiuto, adottare il trasferimento del lavoratore a una mansione che non preveda il contatto diretto con l’utenza. «Il presidente della Regione Siciliana non ha alcun potere di disporre questa ricognizione né tantomeno imporre trasferimenti – afferma la giurista – Il motivo è semplice: non è previsto dalla legge e la Costituzione dice che solo una legge dello Stato può in casi particolari imporre trattamenti sanitari. Ciò è avvenuto, per esempio, con il decreto legge 44 approvato ad aprile, ma quella legge è rivolta soltanto al personale sanitario».

Oltre a non avere, secondo Azzollini, base giuridica, l’ordinanza di Musumeci di fatto prevede un iter che si scontra anche con quanto di recentemente chiarito in materia di privacy. «L’ordinanza prevede che le aziende sanitarie chiedano ai datori di lavoro l’elenco dei vaccinati – sottolinea la giurista – ma poco più di un mese fa il Garante ha chiarito che, se c’è una figura che non deve entrare a conoscenza di informazioni riguardo lo stato vaccinale dei dipendenti, è proprio il datore di lavoro. E trattandosi di rapporti impari neanche un consenso espresso del lavoratore farebbe testo. Qui, invece, si stabilisce che siano i datori a inviare gli elenchi delle persone che non hanno ricevuto i sieri, non ha letteralmente senso». Azzollini mette in discussione anche il riferimento ai rischi della variante Delta. «Siamo in una fase in cui non ci sono ancora evidenze specifiche in merito agli effetti di questa variante, e ciò fa sì che la stessa non possa essere utilizzata come premessa per introdurre un’ordinanza che in ogni caso, se impugnata, non passerebbe il vaglio di qualsiasi giudice amministrativo», assicura la giurista. 

Un altro punto debole del provvedimento starebbe proprio nelle premesse. «Il ricorso alle ordinanze contingibili e urgenti in materia sanitaria deve essere legato a comprovate emergenze ma, al momento, non riesco a capire quale sarebbe la situazione particolare in cui si trova la Sicilia – va avanti Azzolini – Il rischio, ancora una volta, è che queste misure si trasformino in meri spot utili ai politici, ma privi di utilità per i cittadini. Perché di fatto – conclude la giurista – non potrà essere applicata, a meno di non volere contravvenire in maniera plateale alle leggi dello Stato italiano».


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