Un documento di 43 pagine è il punto di partenza per il nuovo piano destinato alle due ruote. In ballo otto milioni di euro per coprire 60 chilometri. «Sulle varie tipologie di ciclabile inciderà traffico e velocità», spiega il professore di Unict Giuseppe Inturri
Rete ciclabile, il piano per i 60 chilometri del futuro Senza buche, con le luci e l’asfalto auto illuminante
Rifacimento della segnaletica orizzontale, integrazione di un sistema per la segnalazione e illuminazione degli attraversamenti stradali, realizzazione di un asfalto auto illuminante in grado di assorbire la luce del sole e anche il miglioramento del deflusso delle acque. A leggere le 43 pagine del piano di indirizzo alla progettazione della rete ciclabile del Comune di Catania sembra di sfogliare un piccolo libro dei sogni. Il documento ha come obiettivo quello di fare da apripista all’attuazione di uno dei più grossi interventi di innovazione lungo la rete stradale del capoluogo etneo.
Non solo perché in ballo ci sono otto milioni di euro di fondi comunitari ma anche perché l’obiettivo è quello di dotare la città di una rete ciclabile lunga 60 chilometri a dispetto dei 19,4 attualmente esistenti. Il piano prevede un collegamento, stabile e sicuro, tra il lungomare e l’area centrale, ma anche tra Librino e l’aeroporto Fontanarossa o tra l’area della Playa e lo stadio Cibali. Per riuscire nell’impresa il Comune si è affidato a un concorso di progettazione a procedura aperta, in due gradi e in forma anonima. I partecipanti dovranno presentare una proposta che si dovrebbe tradurre in un progetto di fattibilità vero e proprio.
Anche perché in città il 50 per cento degli spostamenti avviene su distanze inferiori ai cinque chilometri, ma quasi sempre attraverso le automobili. «Questo approccio – si legge nel documento in riferimento alla rete – è uno strumento che interessa non solo chi usa la bicicletta ma l’intero territorio e tutti i cittadini, migliorando le condizioni di sicurezza e riducendo i problemi di congestione e inquinamento». Insomma una città più vivibile in cui non sarà più utopia affrontare in sicurezza i percorsi casa-lavoro o casa- scuola. Per riuscire in quella che al momento sembra un’impresa, bisognerà integrare la rete ciclabile del futuro con gli spezzoni di ciclabili già esistenti. «Tutte le strade della città – prosegue il piano – presentano delle criticità che con il passare degli anni hanno assunto livelli tali di non poca indifferenza». Dagli avvallamenti alle buche, passando per i marciapiedi ai lavori per la manutenzione dei servizi che non vengono ripristinati in maniera efficiente.
C’è poi la pista ciclabile del lungomare di Ognina. Costata oltre 100mila euro e con un progetto che procede al passo della lumaca per la ristrutturazione. «Al momento appare come un percorso poco sicuro», prosegue il documento. La rete attuale è composta da poco più di cinque chilometri realizzati su corsia protetta o riservata, 1,3 chilometri ricadono all’interno di zone a traffico limitato come via Etnea, piazza Stesicoro e un breve tratto di via Vittorio Emanuele. Infine 12 chilometri sono condivisi con gli autobus nelle corsie riservate. Il nuovo piano prevede la realizzazione di un collegamento di poco più di due chilometri tra la stazione centrale e piazza dei Martiri, 1,4 sono i chilometri previsti tra Ognina e Aci Castello con la rete che dovrebbe attraversare via Villini a Mare. Nell’elenco compaio anche i quasi quattro chilometri che separano la Playa all’Oasi del Simeto. Ma come verranno realizzate? «La tipologia – prosegue il documento – sarà oggetto del concorso di progettazione con la relativa scelta della tipologia di corsia». «Bisogna fare una scelta coerente con la classificazione delle strade fatta nel piano generale del traffico urbano del 2013, quindi dipende dalla gerarchia della strada, dalla velocità consentita e dall’intensità del traffico veicolare», spiega a MeridioNews il professore Giuseppe Inturri, docente di Trasporti al dipartimento di Ingegneria Elettrica, Elettronica e Informatica di Unict.
«In generale, per la viabilità principale, se la velocità è maggiore o uguale di 50 chilometri orari – prosegue Inturri – è consigliata la pista ciclabile vera e propria, cioè su sede separata da un cordolo largo almeno 50 centimetri da quella del traffico automobilistico, come quella del lungomare. Per velocità comprese tra 30 e 50 e strade della viabilità secondaria è possibile usare corsie ciclabili monodirezionali riservate, come quelle del bus». Lo scenario cambia quando la velocità è inferiore a 30 chilometri orari. In questi casi bastano «dei pittogrammi che indicano la presenza della bicicletta. L’ideale sarebbe che tutta l’area urbana al di sotto della circonvallazione fosse una zona 30. Importante curare la sicurezza degli attraversamenti, la continuità degli itinerari, la segnaletica, l’illuminazione, le aree di sosta, anche coperte e custodite».