Dal 27 al 29 maggio documentari, uno spettacolo teatrale, una mostra fotografica e una cena. Con al centro la presentazione di un libro particolare: una mappa di comunità in evoluzione tra ieri e oggi. Sono tutti i modi scelti per raccontare la storia di una zona etnea, abbandonata dopo lo sventramento degli anni '60 e oggi al centro di un progetto di riqualificazione che fa discutere. «Un cimitero di fantasmi ma di cui resta l'anima», commenta Edoardo Morabito, uno dei regista coinvolti
Una tre giorni di Visioni di San Berillo Il quartiere attraverso le storie degli abitanti
Un passato senza presente e un futuro ancora tutto da costruire ma che sembra non piacere già a nessuno. E’ la storia di San Berillo, quartiere etneo tra la stazione e il porto, sventrato a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, svuotato dai suoi abitanti originari – trasferiti a San Leone, noto come San Berillo nuovo e oggi al centro di il progetto di riqualificazione firmato dall’architetto Mario Cucinella. «Una riqualificazione che nulla ha a che vedere con le caratteristiche e la storia del suo territorio», commenta Andrea D’Urso, tra gli organizzatori di Visioni di San Berillo, un viaggio nella memoria storica in una tre giorni di proiezioni, spettacoli, mostre fotografiche e incontri. Ma con al centro soprattutto la presentazione del libro Urban Cultural Maps: una mappa creativa e stratificata della storia del quartiere, attraverso la sua conformazione urbana e i suoi abitanti. Di ieri e di oggi.
L’idea nasce da un progetto europeo con base a Catania e a Innsbruck – e ha impegnato nella creazione di una mappa di comunità un gruppo di una decina di giovani per un anno e mezzo: Chiara Lo Cicero, Maria Cristina Leotta, Giuseppe Angelico, Giampiero Gobbi, Luca Lo Re, Mina Elia e Sami Jemi, due studenti egiziani a Catania, coordinati da Andrea D’Urso e Giuseppe Reina. «I ragazzi hanno cercato testimonianze, storie, fotografie tra i vecchi e nuovi abitanti di San Berillo spiega D’Urso – Elementi poi riportati su una mappa che, a differenza delle cartografie, si costruisce in modo creativo». Il metodo verrà spiegato mercoledì 29 maggio, alle 17, al Castello Ursino, alla presenza dell’architetto Pierluigi Cervellati. «Il primo strato della mappa riguarda la vecchia urbanistica, il secondo l’atto di sventramento del quartiere e il terzo gli antichi e nuovi mestieri e luoghi di socializzazione della zona anticipa il curatore, che ha da poco concluso un dottorato di ricerca in Geografia all’università etnea Il territorio è la sedimentazione di diversi momenti storici ma tutti riportati nella stessa mappa, leggibile attraverso una legenda».
Una ricerca che, nell’intenzione dei curatori, diventa anche uno strumento di progettazione sostenibile utile per la riqualificazione del quartiere. «Ma il nostro metodo è opposto a quello dell’architetto Mario Cucinella (a cui il Comune di Catania ha affidato il progetto ndr) dice D’Urso E’ urbanistica partecipata, al posto di una concezione che modella lo spazio basandosi sulla pura matematica». E per capire com’era e come potrebbe essere San Berillo, i curatori del libro hanno deciso di presentarlo alla città accostando «altre forme di rappresentazione del quartiere, per arricchirne la visione». Tra queste, l’anteprima lunedì 27 maggio, alle 21, al cinema King – di alcuni estratti dal documentario I fantasmi di San Berillo, per la regia di Edoardo Morabito e Irma Vecchio, menzione speciale documentario per il cinema al premio Solinas 2010.
I fantasmi di San Berillo from Lemur Films on Vimeo.
Un documentario partito come progetto indipendente ormai tre anni fa e ora finanziato dalla Regione Sicilia, ancora da terminare. «Lunedì presenteremo un estratto sulla storia del quartiere, che però ha poco spazio nel film spiega Morabito La pellicola è più un racconto corale». I fantasmi di cui parla il titolo sono personaggi nostalgici, ex abitanti, trans e prostitute di oggi, «più un fantasma nobile, è cioè la voce della scrittrice Goliarda Sapienza, che a San Berillo ha vissuto fino all’adolescenza». Quartiere popolare «di cui siamo stati privati, con i suoi artigiani ma anche con le sacche di povertà e le case chiuse». Una storia catanese per caso secondo Morabito, che lo vede come «un buco nero nella città, un cimitero di fantasmi ma di cui resta l’anima, come ne esistono in tante città europee». Unico dato storico a interrompere il filo delle storie del film è il 1958: «L’anno della legge Merlin sulla prostituzione ma anche quello in cui è iniziato lo sventramento». Oggi come ieri sembra impossibile parlare di San Berillo senza parlare di prostituzione. «L’idea del film è cominciata con l’innamoramento per un personaggio – racconta il regista – Un trans che viveva e lavorava nel quartiere, deceduto lo scorso anno».
Sempre lunedì, verranno trasmessi altri documentari a tema: Quello che si ricorda di Maria Arena e Quasi niente è cambiato di Elena Russo. Martedì, invece, al museo Reba, a partire dalle 21, sarà la volta dello spettacolo di Elio Gimbo Ballata per San Berillo e della mostra fotografica curata da Maurizio Zignale. Insieme alla cena di cucina senegalese, omaggio alla multiculturalità del quartiere.