Durante una conferenza stampa, il presidente dell'Istituto superiore di Sanità e il direttore generale della prevenzione hanno cercato di fare chiarezza sulla metodologia usata per la classificazione del rischio. «Si lavora così da 24 settimane», dicono
Covid, Brusaferro e Rezza su Regioni rosse e arancioni «Così almeno per due settimane. I criteri? Erano noti»
«Vogliamo illustrare e condividere gli strumenti che stanno accompagnando questa fase di monitoraggio». Inizia con queste parole la conferenza stampa di Silvio Brusaferro, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità. Un appuntamento, quello con la stampa, molto atteso perché arriva a poche ore dall’entrata in vigore del nuovo Dpcm firmato dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte. Tra i passaggi più contestati dai governatori – Musumeci ha parlato di un complotto politico contro il centrodestra – c’è, però, l’inserimento delle varie Regioni nelle tre fasce di rischio: gialla, arancione e rossa. Dietro la scelta ci sono 21 indicatori, una sorta di bussola utile a elaborare la valutazione del rischio della diffusione del virus su base regionale.
L’obiettivo è capire l’andamento della pandemia ma anche la risposta dei singoli servizi sanitari. I dati, raccolti da Asl e Asp a livello locale, vengono inviati all’Istituto che poi si occupa, su base settimanale, di elaborare l’intero flusso. «Quotidianamente riceviamo il numero degli infetti, ma il sistema di sorveglianza ci indica anche altri aspetti. I dati vengono caricati, validati e poi trasmessi – spiega Brusaferro – È inevitabile che ci siano dei tempi necessari ad acquisire il tutto. Attraverso questi numeri calcoliamo l’Rt, cioè l’indice di trasmissione del virus».
I 21 indicatori sono suddivisi in tre categorie. I primi sono quelli di processo sulla completezza dei dati, gli altri sono quelli di esito che indicano la trasmissione e, infine, quelli di consolidamento sulla risposta del sistema sanitario. «Attraverso gli indicatori si arriva a collocare il contesto regionale. Con queste regole lavoriamo da 24 settimane, e cioè da maggio. Il tutto in pieno accordo con le Regioni». In base all’indice di trasmissione del virus sono stati elaborati quattro scenari, e gli stessi determinano la velocità con cui il virus corre in una determinata popolazione.
«Per ogni livello di rischio si definiscono gli interventi possibili a livello locale – spiega Brusaferro – Ogni Regione ha condiviso queste valutazioni». Subito dopo è toccato a Gianni Rezza, direttore generale della prevenzione del ministero della Salute. «Ci sono Regioni con pochi casi di contagi – spiega – ma con Rt alto e con una alta percentuale di occupazione di posti letto in Terapia intensiva. I dati devono essere letti nella loro interezza per capire i colori affiancati a ogni Regione. In caso di dati non completi possiamo avere un Rt non affidabile».
Tra gli esempi citati c’è quello della Calabria, Regione con una incidenza bassa dei contagi e un Rt alto. «Sostanzialmente l’indicatore anticipa quello che sarà l’aumento dei casi. Se a questo si aggiunge la sofferenza dei posti letto, la mancata individuazione dei focolai e la difficoltà nel tracciamento si arriva a un livello di rischio alto. Chi è rosso o arancione ci rimarrà almeno per due settimane». Campania gialla nonostante i tanti casi? «In questa Regione l’Rt è più basso rispetto a Lombardia e Calabria perché la trasmissione del virus è aumentata nelle scorse settimane e adesso si è stabilizzato. Gli interventi implementati a livello locale potrebbero avere avuto un certo effetto sulla trasmissione, quindi sull’indice Rt».