Morto in carcere 29enne accusato di traffico di migranti Avvocato: «Alla sorella hanno parlato di un’aggressione»

Omicidio colposo. Questa l’ipotesi di reato formulata dalla procura di Termini Imerese per fare luce sulla morte del 29enne Chieb Hamrouni. Tunisino ma residente a Marsala, è uno degli uomini chiave del processo scaturito dall’operazione Scorpion Fish che ha scoperchiato un vasto traffico di migranti e sigarette dalla Tunisia alla Sicilia. Il cadavere del 29enne è stato ritrovato domenica mattina all’interno della sua cella nella casa circondariale di Termini Imerese dove si trovava rinchiuso, dallo scorso mese di marzo, dopo il trasferimento in seguito alle proteste scoppiate nel carcere Pietro Cerulli di Trapani.

 Chieb Hamrouni

Hamrouni era stato condannato in Appello a sei anni e sei mesi di reclusione per traffico di migranti e sigarette. Subito dopo la condanna, aveva cominciato a collaborare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, fornendo importanti dichiarazioni che hanno portato alle operazioni Scorpion Fish 2 e Scorpion Fish 3. Nella notte tra sabato e domenica il decesso. Secondo quanto riferito dalla direzione dell’istituto penitenziario al difensore Fabio Sammartano, il 29enne sarebbe morto a causa di un arresto cardiaco. Versione diversa quella fornita invece alla sorella di Hamrouni. «A lei – dice l’avvocato – è stato comunicato che Chaieb è morto in seguito a una aggressione. Tutti muoiono di arresto cardio-circolatorio, adesso è importante capire cosa lo ha causato». 

Ai magistrati della Dda e agli uomini della guardia di finanza, Hamrouni aveva raccontato tutti i particolari del modus operandi dell’organizzazione criminale che organizzava i viaggi tra la Tunisia e la Sicilia utilizzando dei grossi gommoni. A capo del sodalizio criminale, secondo il racconto del 29enne ci sarebbe stato Ltaief Mongi, anche lui arrestato nel corso dell’operazione Scorpion Fish del 2019. Hamrouni aveva raccontato anche di avere fatto da scafista in almeno due occasioni e di avere ricevuto 2500 euro di compenso a viaggio. Ai magistrati aveva anche confidato di aver paura per la sua vita e quella di sua figlia dopo le minacce subite proprio da Mongi al quale aveva confidato le intenzioni di collaborare con la giustizia. Le prime risposte sulle cause e le dinamiche della morte Hamrouni potrebbero arrivare dall’autopsia che è stata fissata per oggi pomeriggio al policlinico Paolo Giaccone di Palermo come disposto dal procuratore di Termini Imerese Giacomo Barbara.


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