Un uomo rientrato in un Comune della provincia di Catania dalla Lombardia, e con un collega positivo al Covid-19, aspetta il test. Una storia fatti di controlli e difficoltà. «Siamo lasciati in balia degli eventi. Bisognerebbe avere maggiore chiarezza», dice
La quarantena è finita ma non può tornare dalla figlia «Vigili urbani dicono sì ma ancora devo fare il tampone»
Come davanti a un bivio. Da un lato la strada che porta agli affetti, e in particolare a una figlia con problemi di salute, e dall’altro quella della responsabilità dettata dalle ordinanze. In mezzo Sebastiano (nome di fantasia, ndr) risucchiato nel vortice di continui aggiornamenti legislativi a livello statale e regionale per l’emergenza coronavirus. Un clima viziato da tante anomalie giuridiche a cui si aggiunge però anche la confusione istituzionale. Il protagonista di questa storia proprio oggi terminerà il periodo – 14 giorni – di isolamento domiciliare in un Comune della provincia di Catania, dopo essere rientrato dalla Lombardia. Per potere uscire di casa dovrà aspettare di essere sottoposto a tampone e di ricevere il risultato. «Al momento nessuno mi ha comunicato date o modalità», racconta Sebastiano a MeridioNews.
Di parere opposto però sarebbero stati i vigili urbani e il medico di famiglia. Da entrambi i fronti l’uomo si sarebbe sentito dire che, finito il periodo di isolamento, «potrò raggiungere la mia famiglia nel loro domicilio, sempre all’interno dello stesso Comune in cui mi trovo adesso». Scenario non possibile stando alle ordinanze, che prevedono di fare un tampone a ridosso della conclusione della quarantena fiduciaria, ma che fa emergere, a livello istituzionale, strane interpretazioni delle disposizioni. Il cittadino, che non presenta sintomi, già a inizio marzo, mentre era a lavoro a Milano, ha dovuto fare i conti con un periodo di quarantena. «Un collega è risultato positivo al primo tampone – spiega – L’azienda, per motivi diversi dal singolo contagio, aveva comunque già scelto di metterci in smart working».
Terminato questo primo periodo il 7 aprile scorso l’uomo ha deciso di rientrare in Sicilia. «L’ho fatto per l’acuirsi dei problemi di salute mia figlia, allegando all’autocertificazione i documenti dello specialista». Dopo tante ore di viaggio l’arrivo in provincia di Catania. «Sono stato controllato tre volte lungo il tragitto. Prima a Gioia Tauro, in Calabria, e poi a Villa San Giovanni e infine a Messina». In tutti e tre i casi le forze dell’ordine gli hanno dato il via libera. Giunto in Sicilia la scelta di mettersi in isolamento da solo in un’abitazione per evitare rischi. Consapevole però di non essere più a migliaia di chilometri di distanza.
Qualcosa però non ha funzionato in tutta la fase delle comunicazioni istituzionali. «Arrivato a casa ho denunciato la mia presenza in Sicilia tramite l’app SiciliaSicura. Ho dato comunicazione anche all’azienda sanitaria provinciale indicando l’inizio della mia quarantena domiciliare. Soltanto dieci giorni dopo, leggendo un quotidiano, ho scoperto però che l’indirizzo dell’Asp a cui avevo scritto era quello sbagliato». Non sorveglia.covid19@aspct.it ma comunicazionerientri@aspct.it. «Così il 17 aprile ho rimandato la comunicazione. «Come cittadini siamo lasciati in balia degli eventi, come in un limbo. Bisognerebbe invece avere maggiore chiarezza su come comportarsi». Adesso bisognerà attendere la convocazione per effettuare il test. L’Asp proprio nel fine settimana appena trascorso ha annunciato di avere terminato i controlli a tutti coloro rientrati in Sicilia entro il 3 aprile.