Coronavirus, centri riabilitativi convenzionati ancora aperti Utenti li disertano ma rischiano la sospensione trattamento

In piena emergenza epidemiologica dovuta al Covid–19 e con le stringenti misure attuate dal governo alcune strutture sanitarie hanno sospeso i servizi. Altre hanno optato per dei ridimensionamenti. La regola però non sembra valere per buona parte dei centri riabilitativi che offrono servizi gratuiti a persone con lievi e gravi disabilità, dove giovani e meno giovani stanno a stretto contatto con operatori e terapisti durante i trattamenti. In Sicilia, i maggiori centri che erogano le prestazioni sono l’Airs e l’Aias, che vanno avanti con le convenzioni stipulate con l’Azienda sanitaria provinciale di riferimento. 

Di fatto la loro chiusura deve essere accompagnata sempre da disposizioni dell’Asp e, quindi, dal Dipartimento regionale della Sanità. Una lunga assenza agli appuntamenti, almeno nei periodi non emergenziali, comporta per i pazienti la sospensione del servizio. Dall’altro lato la serrata generale, senza il via libera dell’Asp, da un lato pregiudicherebbe i trattamenti per i pazienti più gravi e, nello stesso tempo, metterebbe a rischio la convenzione con un profilo di interruzione di pubblico servizio. 

Il presidente dell’Airs, il sacerdote Alfio Li Noce, proprio ieri ha inviato una lettera all’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, alle Asp provinciali e all’Uoh (Unità operativa handicap) con la quale ha suggerito di «sospendere momentaneamente l’erogazione dei servizi sanitari riabilitativi per i regimi a ciclo diurno, ambulatori e domiciliari – chiedendo – A tutela degli utenti, che le assenze delle attività dei centri non siano causa di dimissione o di esclusione». Il tutto «garantendo i livello occupazionali». Con l’eventuale sospensione verranno garantiti i servizi per i pazienti a ciclo unico continuativo e per quei soggetti la cui assistenza in famiglia non sarebbe assicurata.

L’Airs, conta strutture in quasi tutta la Sicilia. Da Siracusa alla provincia di Catania  con l’associazione Kennedy (sia ad Acireale che ad Adrano), il Villaggio San Giuseppe, Uici Ct Onlus, Villa Angela, Villa Sandra, Papa Giovanni XXIII e Regina Virginam, oltre agli altri centri di Ragusa, Agrigento e Trapani.

«Noi dell’istituto Giovanni XXIII, (tra Guardia Mangano e Riposto, ndr) siamo il centro più piccolo eppure dobbiamo fare i conti con quaranta ragazzi, molti con patologie sensibili e immunodepressi – afferma a MeridioNews il vicedirettore Alessandro Coco -. Abbiamo una promiscuità tale che in caso di contagio potrebbe risultare una bomba ad orologeria. Stiamo prendendo i dovuti provvedimenti, ma molti pazienti non stanno venendo per scelta. Anche se noi ci stiamo organizzando con igienizzanti e mascherine».

Caso analogo anche per l’Aias, che in Sicilia conta 35 sezioni. In tutta la Regione e nell’Acese, dove ci sono tre centri. Il presidente del centro acese Armando Sorbello assicura a MeridioNews che tutte le misure sono state intraprese. «I pazienti entrano pochi alla volta, stiamo utilizzando anche noi più cautela possibile con prodotti e mascherine – dichiara – fino a quando non abbiamo disposizioni da parte dell’Asp dobbiamo andare avanti così». Adesso, Sorbello e tutti gli altri dirigenti attendono la circolare da parte del dipartimento Regionale che dovrebbe prevedere provvedimenti sui centri di riabilitazione e Lea di primo livello. Intanto, fonti vicine a MeridioNews hanno confermato che all’ospedale Santa Marta e Santa Venera di Acireale sono state sospese alcune terapie ambulatoriali.


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