Quasi quattro quintali stipati in un cargo atterrato a Fontanarossa e poi conservati in un immobile non distante dallo scalo. Affari di altissimo livello portati avanti tra Messico e Colombia ma i clan locali non avrebbero avuto un ruolo di primo piano
Catania come porta d’ingresso dei narcos per l’Europa Cocaina del cartello di Sinaloa veniva stoccata in città
Livelli altissimi, che superano la necessità di allacciare rapporti specifici con i clan locali, per un traffico intercontinentale. Il sequestro di quattro quintali di cocaina purissima effettuato dalla guardia di finanza a Catania ha aggredito gli affari dei narcos a monte, tirando in ballo uomini vicinissimi ai vertici del potente cartello messicano di Sinaloa. Il comandante provinciale delle Fiamme Gialle Raffaele D’Angelo lo ha ribadito più volte nel corso della conferenza stampa che si è tenuta in collegamento con le autorità colombiane e spagnole. Anelli fondamentali nelle indagini che hanno portato al mandato d’arresto per sette persone, tre delle quali ancora ricercate.
I finanzieri del Gico e del Goa, con la fondamentale collaborazione della Direzione centrale del servizio antidroga del governo, hanno monitorato l’intera filiera che avrebbe portato, a valle, a guadagni di milioni di euro di profitti. La figura più importante sarebbe stata quella di Jose Angel Zazueta. Conosciuto come El Flaco, l’uomo sarebbe stato legato al capo del cartello di Sinaloa Ismael Zambada Garcia. Zazueta, al momento, è irriperibile. La cocaina che i narcos messicani puntavano a smistare in Europa arrivava dalla Colombia, il principale paese produttore. A mettersi in moto sarebbero stati i referenti di diversi centri sparsi per il Paese, impegnati a raccogliere i quattro quintali di cocaina da fare partire a bordo di un aereo cargo che ha concluso il proprio viaggio nel capoluogo etneo.
«L’indagine è partita a inizio dell’anno scorso – spiega il colonnello Francesco Ruis, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria -. Già a giugno abbiamo seguito il passaggio da Catania del Flaco». A fargli compagnia era Daniel Ortega Ubeda, detto Tito. Quest’ultimo, di origine guatemalteca, è stato arrestato insieme al connazionale Felix Ruben Villagran Lopez a Verona, dove si erano recati per recapitare una partita di droga. «Catania è stata una base logistica e appena abbiamo capito che la droga sarebbe arrivata qui abbiamo avviato, con successo, i contatti con le autorità colombiane». In videocollegamento, dal Sudamerica, ha parlato Ricardo Enrique Carrazo Zapata, direttore della direzione specializzata contro il narcotraffico. «Sappiamo che nel nostro paese ci sono i laboratori da cui parte grande parte del traffico internazionale – puntualizza l’investigatore colombiano – ma con la collaborazione delle autorità di paesi stranieri si possono raggiungere risultati importanti come questo».
Dopo essere uscita dall’aeroporto, la cocaina è rimasta ferma in un immobile nel territorio cittadino. «I narcos avevano trovato dei basisti, ma non ci sono stati espliciti collegamenti con cosche mafiose. Parliamo di signori della droga di altissimo livello», aggiunge Ruis. Elemento fondamentale per portare a compimento l’inchiesta, che non è ancora chiusa, è stata la volontà di ritardare il momento del sequestro. «Abbiamo seguito in diretta ciò che è accadeva in Sudamerica, a partire dalla raccolta della droga. Il carico ha iniziato a concentrasi a Bogotà a partire da novembre».
L’indagine ha visto anche la partecipazione delle autorità spagnole. Tra i destinatari delle misure cautelari, infatti, ci sono anche l’italiano Mauro Da Fiume e lo spagnolo Sergio Garcia Riera. Entrambi residenti in Costa Brava, sono stati bloccati con in mano 35mila euro. La somma sarebbe dovuta servire all’acquisto di tre chili di coca. Una partita ancora più corposa, infine, era destinata alla Liguria, ma in questo caso i militari, già a novembre, hanno bloccato il carico di 20 chilogrammi appena arrivato al porto di Vado Ligure.