Tra le motivazioni della Cassazione c'è anche il fatto che la donna «non versava in stato confusionale ma e non ci fu nessuna amnesia dissociativa». Il ricorso presentato dal suo legale Francesco Villardita è stato ritenuto inammissibile
Omicidio Loris, Panarello era «lucida e cosciente» Per i giudici era orientata a depistare le indagini
«Non versava in stato confusionale, come ha cercato di fare credere, ma al contrario era perfettamente cosciente e orientata nell’attività di eliminazione delle tracce del commesso reato e di depistaggio delle indagini». C’è anche questo tra le motivazioni per cui la Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di carcere per Veronica Panarello, accusata di avere ucciso il figlio Loris Stival il 29 novembre del 2014 a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. I giudici di merito hanno stabilito che la madre ha agito in modo «lucido e cosciente».
Già in primo grado con rito abbreviato, nell’ottobre del 2016, Panarello era stata ritenuta responsabile dal gup di Ragusa Andrea Reale per l’omicidio e l’occultamento di cadavere del figlioletto che venne ritrovato morto, dopo qualche ora dalla sua denuncia di scomparsa, in un canale a Santa Croce Camerina.
L’avvocato Francesco Villardita, che assiste la donna, aveva presentato il ricorso avverso alla sentenza della Corte d’assise d’appello di Catania che il 5 luglio del 2018 ha confermato la condanna di Veronica Panarello a 30 anni di reclusione. Il ricorso davanti ai giudici della Suprema Corte verteva su dieci punti: l’elemento soggettivo del reato e la contraddizione della sentenza che parla di dolo d’impeto, ma anche di pianificazione con il sopralluogo di Veronica Panarello; l’assenza di movente; e anche la capacità di intendere e volere dell’imputata.
Il ricorso è stato considerato inammissibile e, adesso, i giudici fanno riferimento a una condotta «lucida» e «cosciente» e, si legge ancora nella sentenza che non ci fu «nessuna amnesia dissociativa». I giudici scrivono inoltre che Panarello «ha consapevolmente mutato più volte versione dei fatti» e «non ha esitato a gettare sospetti», fino «ad accusare ingiustamente il suocero dell’omicidio».