La società che gestisce la discarica di Motta Sant'Anastasia scrive una lunga replica alle dichiarazioni dell'onorevole regionale che avrebbe perso «una preziosa occasione per tacere». Ma il deputato Ars attacca: «Risponderanno nelle sedi legali»
Oikos, il botta e risposta tra la discarica e Fava Dopo la sentenza su Proto s’infiamma lo scontro
Inviti a tacere da una parte e minacce di querela dall’altra. È ormai scontro aperto, e frontale, tra la discarica Oikos di Motta Sant’Anastasia e il deputato regionale Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia all’Ars e fresco autore di un’interpellanza all’assessorato all’Energia di Palermo. Il tema è facile da intuire: le autorizzazioni che, negli anni, sono state concesse all’impianto di smaltimento dei rifiuti della famiglia Proto in contrada Valanghe d’inverno. L’occasione per riportare in prima pagina il tema è la sentenza sul processo Terra mia che si è concluso alcuni mesi fa. Quasi 400 pagine di motivazioni per condannare – tra gli altri – Mimmo Proto, patron della discarica, e il funzionario regionale Gianfranco Cannova, rispettivamente a sei e nove anni di reclusione in primo grado.
Ad agosto, il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per la discarica di Valanghe d’inverno è stato stigmatizzato soprattutto dagli attivisti No discarica e dall’ex sindaco di Misterbianco (Comune nel frattempo sciolto per mafia) Nino Di Guardo. Per i prossimi dieci anni, secondo quanto stabilito dagli uffici regionali, si potrà continuare ad abbancare rifiuti nell’ampio impianto a cavallo tra il Comune mottese e quello misterbianchese. Di recente, un’ordinanza del Tar ha stabilito l’intervento dell’Istituto superiore di sanità, per verificare che le condizioni poste dall’Aia rispettino il diritto alla salute dei cittadini. Ma la questione, da ieri, si è definitivamente spostata su un altro livello.
Claudio Fava, senza mezzi termini, chiede la sospensione dell’Aia in virtù di quel «solido percorso corruttivo tra il proprietario dell’azienda e il funzionario». E Luciano Taurino, amministratore di Oikos, risponde a mezzo stampa: «Qualsiasi richiesta in ordine alla modifica di provvedimenti amministrativi già emanati dalla pubblica amministrazione, in ragione di una sentenza penale di primo grado che riguarda una persona fisica e non la società per azioni Oikos spa – attacca Taurino – rappresenta l’ennesima dimostrazione di un accanimento politico e ideologico che dovrebbe essere riservato a ben altre cause». Il tribunale, continua Oikos, «non ha mai affermato la natura contra legem dell’Aia rilasciata alla Oikos nel 2009, non ha evidenziato la mancanza di alcun requisito tecnico o giuridico, né ha mai sancito il coinvolgimento della società per azioni».
In altri termini, per farla più breve: i giudici hanno sì detto che Proto corrompeva Cannova, ma non hanno messo in mezzo la società. Né hanno detto che l’Autorizzazione integrata ambientale sia stata concessa in virtù di quella corruzione. Anche sul fatto che l’Aia sia stata rinnovata ad agosto l’azienda interviene: «L’istruttoria era già conclusa nel mese di aprile 2019». Negli atti aziendali, conclude la società della discarica, Mimmo Proto sarebbe ormai fuori dai giochi: «Non svolge alcun ruolo operativo e non assume alcuna decisione, mantenendo solo la figura di azionista di minoranza nell’ambito di una compagine societaria articolata». Che include diversi componenti della famiglia Proto.
Chi di «farneticazione ideologica» ferisce, di «volgari e grottesche precisazioni» perisce. Perché alla nota di Oikos non ha tardato a replicare proprio l’onorevole Fava. «Non mi risulta che, almeno ufficialmente, la società Oikos faccia parte del governo regionale», risponde il deputato Ars. Del resto, la sua interpellanza è rivolta al presidente Nello Musumeci e al governo regionale. Ed è da loro che, sottolinea Fava, attende una risposta. Perché «dopo le motivazioni della sentenza di condanna e la scomposta reazione di oggi dell’azienda di Proto, la linea del silenzio appare intollerabile».