Scarface e l’impero del clan Mazzei nelle discoteche I giudici: «C’era un vero e proprio accordo criminoso»

«Un giovane imprenditore rampante che all’epoca dei fatti era organico alla cosca mafiosa guidata da Sebastiano Mazzei». Sono le parole che utilizzano i giudici della prima sezione penale del tribunale di Catania per tracciare il profilo di William Alfonso Cerbo. L’esuberante 37enne, condannato in primo grado a 14 anni e tre mesi, noto per l’appellativo di Scarface grazie a un trono con le sue iniziali, sul modello del film di Brian De Palma, che si era fatto costruire. Nel 2014 a bloccare la sua ascesa nei locali notturni, secondo i magistrati all’ombra di Cosa nostra, erano stati gli investigatori della guardia di finanza. Passati cinque anni, di cui quattro trascorsi tra carcere e arresti domiciliari, Cerbo a luglio scorso è tornato del tutto libero in attesa del secondo grado di giudizio. 

Grazie a un’autorizzazione del tribunale – già prima della fine delle misure cautelari – Cerbo ha pure ripreso a lavorare. A dicembre 2017, come emerge dai certificati della camera di commercio visionati da MeridioNews, l’imprenditore ha fondato la William’s Marketing Service, azienda con sede a San Gregorio di Catania specializzata nella «conduzione di campagne pubblicitarie, ricerche di mercato e sondaggi d’opinione». Sono lontani i tempi in cui il 37enne imperversava nella vita notturna di Catania con le discoteche Boh 69Lune. Gestite, per i giudici di primo grado, «in nome e per conto della famiglia Mazzei».

C’è un episodio ricostruito nelle motivazioni depositate in cancelleria che, secondo i togati, assume particolare valore e ha come protagonista Santo Mazzei, figlio del capomafia Nuccio. Rimbalzato da Ivano Cerbo (padre di William, condannato a otto anni), nell’ormai lontano 2012, all’ingresso di una discoteca perché accompagnato da troppi uomini tra cui alcuni personaggi poco raccomandabili. Un fatto che sconquassa gli equilibri del gruppo, tanto che William Cerbo avrebbe interpretato il gesto del padre come «un gravissimo sgarbo nei confronti di Nuccio Mazzei». Forse per rimediare Ivano Cerbo, accompagnato da Carmelo Panebianco (condannato a due anni e sei mesi) e a quanto pare all’insaputa del figlio, si sarebbe recato personalmente al cospetto del boss nella sua casa in via Belfiore, nel cuore del quartiere San Cristoforo. «Ma tu pensi che quello non lo racconta a me?», si lamentava Cerbo con il padre. «Significa che state andando alla fonte – proseguiva – e mi state facendo fuori». 

«Questo episodio – scrivono i giudici – aveva determinato una vera e propria rottura nei rapporti padre-figlio, determinando tra i due un’occasione di confronto sul loro modo diverso di vivere e agire». Passaggi ricostruiti uno dopo l’altro in lunghe conversazioni intercettate dagli investigatori. A parlare, in questo estratto, è il padre di Scarface«Io i problemi li prevengo tu, invece, hai la mentalità spavalda e i problemi nascono». Premonizioni di quello che avrebbe riservato loro il futuro. Dal canto suo l’imprenditore replicava: «Tu con chi hai a che fare qua? La discoteca non è una biblioteca, la discoteca è questa a Catania. Roberto che ti ha detto? Tu hai una mentalità che un punto non lo puoi fare».

L’uomo a cui si riferisce Cerbo nell’intercettazione viene identificato dalle forze dell’ordine in Roberto Corsetti. Non coinvolto nell’inchiesta ma volto noto della sicurezza nei locali notturni in città, oltre ad essere stato in passato tra i responsabili della processione religiosa di Sant’Agata. All’epoca si occupava dei controlli in una delle discoteche finite sotto la lente d’ingrandimento e, dopo la cacciata del figlio di Mazzei, sarebbe stato addirittura messo a riposo: «Lo sai che gli ha detto a Maurizio? – raccontava Cerbo intercettato – “Compare non hanno fatto entrare il figlio di Nuccio. Ma che sono con gli sbirri? Con chi sono?”». L’argomento viene affrontato dallo stesso Corsetti anche con Cerbo senior ed è proprio durante una chiacchierata tra i due che, secondo i giudici, emergono ulteriori aneddoti degli interessi di Mazzei nei locali notturni: «Quando abbiamo avuto la riunione del locale – racconta l’addetto alla sicurezza -, e se non ricordo male c’era Nuccio qua, le cose del locale se le deve sbrigare Nuccio e io ho detto: “Ok, mi sta benissimo, siete a casa vostra“». Parole che confermerebbero «le ingerenze di Mazzei nell’organizzazione della discoteca di Cerbo e che può giustificarsi in un’ottica di scambio reciproco di favori tra le parti di un vero e proprio accordo criminoso e dunque con il pieno inserimento di William Cerbo nell’associazione mafiosa dal primo organizzata e diretta». 


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