Inchiesta Etna, uffici scambiati con un pezzo di vulcano Quell’accordo tra Russo Morosoli e l’ex Azienda foreste

Due palazzine a Catania in luogo di un pezzo di montagna. Uno scambio da calciomercato, a suo tempo passato quasi inosservato alle cronache, diventa un altro dei nodi dell’inchiesta Aetna della procura di Catania che ha colpito al cuore l’impero imprenditoriale di Francesco Russo Morosoli. La chiusura delle indagini, risalente all’inizio di aprile e per cui non risultano ancora richieste di rinvio a giudizio, arricchisce le contestazioni mosse dai magistrati Fabrizio Aliotta e Alessandra Tasciotti con il capitolo sull’assegnazione dei terreni demaniali in cima all’Etna alla Funivia dell’Etna e alla Star

Sono le due società di punta del gruppo Russo Morosoli – oggi riunite nella
Russo Morosoli invest spa – a firmare, nel 2015, una convenzione con l’ex Azienda foreste demaniali, oggi Dipartimento per lo sviluppo rurale. I terreni sull’Etna in cambio di alcuni uffici in città. L’accordo di allora diventa oggi capo d’accusa nei confronti del dirigente provinciale Antonino De Marco la cui funzione, secondo i magistrati, sarebbe da anni «asservita» agli interessi milionari dell’ex monopolista del turismo sul vulcano Etna. In cambio di cosa? Regalie e skipass, si legge nelle carte. Un tornaconto che, come il diretto interessato ha spiegato ai pm professandosi «innocente», sarebbe inesistente.

Il dato di partenza è, ancora una volta, la confusione istituzionale che regna sull’Etna. I terreni demaniali ricadono in ben cinque Comuni: 
Nicolosi, Biancavilla, Zafferana Etnea, Randazzo e Maletto. Lì sorge una pista sterrata, la «via di fuga», di cui tre sindaci, l’anno scorso, dissero di non sapere neppure che esistesse. Il sentiero connette la pista di Etna sud – su cui sorge la funivia di Russo, utilizzata dalle jeep del gruppo – alla strada di Linguaglossa, il teatro del grande caos degli appalti per le escursioni nonché punto caldo dell’inchiesta. Nel 2015, grazie all’accordo con l’ex Azienda, Russo Morosoli riunisce i tre pezzi di percorso sotto il suo controllo. La finalità concordata nella convenzione firmata da De Marco: trasporto pubblico di persone tramite automezzi. Alla società Funivia i terreni di Nicolosi, Biancavilla, Zafferana, contigui all’impianto di risalita e utili per le escursioni in jeep a Torre del Filosofo; alla società Star i terreni di Randazzo e Maletto, contigui all’Osservatorio di Etna nord, altro segmento cardine per creare un unico corridoio da Linguaglossa a Etna sud.

Ma che c’entra qualche pezzo della montagna patrimonio Unesco con degli uffici a Catania? Chiude il cerchio il meccanismo della 
«compensazione» che costa, però, a De Marco l’accusa di aver compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio. Russo Morosoli paga, di fatto, lo sfruttamento dei terreni concedendo alcuni suoi immobili all’ex Azienda foreste. Si tratta del palazzetto di via Santangelo Fulci 40 e di alcuni vani in un edificio in via Metastasio 49/D, trasformati in uffici del Dipartimento. Il valore stimato dell’affitto per compensazione è di 120mila euro l’anno, soldi che l’ex Demanio «risparmia», dice la linea difensiva, dando i terreni sull’Etna all’imprenditore. Il dirigente si dice dunque convinto di avere agito nell’interesse della pubblica amministrazione che lui rappresenta, liberatasi non solo dagli affitti ma anche da altre incombenze. Come la pulizia dei nuovi uffici, che l’accusa scopre essere pagata sempre dalla Funivia dell’Etna. Anche questo un passaggio regolare, si difende De Marco, e formalizzato con un’altra convenzione. 

L’accusa punta invece su un altro aspetto: Russo Morosoli mette in piedi l’operazione per continuare a
monopolizzare l’Etna. Negli atti dell’inchiesta i suoi uomini si mostrerebbero ben consapevoli del valore strategico dello scambio. La strada è ormai del gruppo Russo Morosoli, sottolinea in alcune intercettazioni Salvo Di Francoil braccio destro del patron, anche lui indagato. Dunque i concorrenti di Etna mobility – che nel 2018 si aggiudicano le escursioni a Linguaglossa – potranno portare i turisti al massimo fino all’Osservatorio, non oltre.

Il dirigente Nino De Marco è anche accusato di aver turbato il procedimento sui
lavori di ripristino sempre della strada fra Etna sud ed Etna nord. La cosiddetta «via di fuga», interrotta da un’eruzione del vulcano, Russo Morosoli la ricostruisce a sue spese la scorsa estate. Per la procura, però, in quell’occasione avrebbe dovuto tenersi una normale gara d’appalto, procedura che sarebbe stata invece bypassata dopo una riunione in Prefettura a Catania. 


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