Castronovo, l’imprenditore che minacciava anche il Comune «È la società di mia figlia, ma siamo sempre noi…capisci?»

«Socialmente pericoloso». A definire così l’oggi 77enne Antonino Biancorosso è il decreto della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno emesso nei suoi confronti già nel lontano 1999. Ma il suo sembra essere un pedigree criminale che si è iniziato a sviluppare almeno dieci anni prima, già alla fine degli anni ’80. Un criminale irredimibile, verrebbe da dire, quello che esce fuori dalle carte della procura, e di cui hanno raccontato anche alcuni collaboratori di giustizia, per i quali Biancorosso sarebbe stato un uomo d’onore di Cosa nostra. E non uno qualsiasi, ma il capo della famiglia mafiosa di Castronovo di Sicilia. Il suo è un curriculum criminale di tutto rispetto, che vanta reati penali che vanno dalla bancarotta fraudolenta (per cui negli anni Novanta rimedia due condanne irrevocabili), all’estorsione e addirittura a un attentato dinamitardo, che risalirebbe alle guerre di mafia degli anni ’80.

Nei suoi metodi a farla da padrone sarebbero state le minacce, come quelle rivolte al titolare dell’impresa che nel 2016-2017 si era aggiudicata il servizio di trasporto scuola-bus affidato al Comune di Castronovo, per convincerlo a farsi da parte cedendo alla ditta intestata fittiziamente a sua figlia, la BBB Viaggi, la gestione del servizio (malgrado il secondo posto raggiunto alla gara pubblica indetta dal Comune). E minacciando anche l’ex sindaco perché non intraprendesse alcuna iniziativa a fronte delle irregolarità nella gestione del servizio. «Provvisoriamente vorremmo passare a questa società di mia figlia, che siamo sempre noi…diciamo..capisci?», ammette lo stesso Biancorosso intercettato.

Un modus operandi che nel tempo gli avrebbe illecitamente fruttato non poco e che oggi porta al sequestro del suo patrimonio – direttamente o meno riconducibile a lui – per un valore di circa sette milioni di euro. Beni immobili, terreni, conti, automobili, aziende e contanti che hanno coinvolto anche gli stretti familiari di Biancorosso, dai cognati a moglie e figlia appena 25enne. A quest’ultima risulta intestata ad esempio la Autonoli San Pietro Viaggi a Castronovo, ad esempio, che secondo quanto emerso dalle indagini sarebbe invece stata gestita dal padre. «Nell’arco temporale compreso tra il 1979 e il 2001 il nucleo familiare della cognata ha dichiarato redditi solo negli anni 1985, 1990, 1991, 1992 e 1993 e per importi (al lordo dell’imposta) modesti», si legge nelle carte dell’inchiesta. Mentre «la figlia non ha dichiarato alcun reddito e la moglie risulta avere percepito redditi di partecipazione in misura irrisoria», da un euro a un massimo di 294.

«E lui…perché non lo sappiamo che è sua…la San Pietro viaggi…», dice intercettato nel 2017 il responsabile settore lavori pubblici del Comune, parlando con una collega. Della Autonoli risulta che la figlia abbia acquistato il ramo d’azienda costituito da due autobus – tutte vetture ad oggi poste sotto sequestro – con un relativo avviamento di 50mila euro, un investimento che si presume, dicono le carte, «sia avvenuto attingendo a risorse illecite», sulla base del confronto con i redditi dichiarati da ogni membro della famiglia Biancorosso. 


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