Il primo cittadino finito ai domiciliari avrebbe avanzato la richiesta per un amico, non identificato. Nelle carte dell'inchiesta il ruolo di due intermediari e il rifiuto di un imprenditore veneto interessato a un progetto per l'acquedotto della cittadina etnea
La consulenza che mette nei guai il sindaco di Bronte «Non l’ho chiamata tangente, è una questione politica»
Il terremoto giudiziario che si è abbattuto sull’Etna scuote anche la terra del pistacchio. Il sindaco di Bronte Graziano Calanna è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di istigazione alla corruzione. Poche ore dopo l’operazione Aetna, condotta dai militari della guardia di finanza, il prefetto di Catania Claudio Sammartino ne ha disposto la revoca temporanea, destituendolo dall’incarico che ricopre dal 2015. Eletto con una coalizione di centrosinistra, Calanna da diversi anni era passato sotto l’effige del Partito democratico dopo i trascorsi nel Movimento per le autonomie. Di professione avvocato amministrativista, il suo è sempre stato un profilo impeccabile in ottime relazioni con il deputato regionale Anthony Barbagallo. Una serie di telefonate intercettate adesso lo mette nei guai insieme ad altre due persone.
Il 9 febbraio scorso il nome di Calanna finisce al centro di una conversazione tra Concetto Bellia e Sebastiano Musmeci. Il secondo è un imprenditore, mentre il primo è un volto noto nel panorama politico locale, grazie ai suoi trascorsi da presidente del Parco dell’Etna e da sindaco di Castiglione di Sicilia. Quando le cimici delle fiamme gialle registrano la sua voce si sta occupando insieme a Musmeci di fare da intermediari per un progetto privato che riguarda il Comune di Bronte. Un legame d’affari collegato a un investimento per l’installazione di alcune mini centrali idroelettriche lungo le condotte idriche. «Mi è stato chiesto di incrementare l’importo con un voce aggiuntiva, per dare una consulenza esterna a qualcuno di fiducia, non nostra, ma del sindaco», racconta Musmeci a Bellia riferendosi alla proposta che gli sarebbe stata avanzata dal sindaco Calanna. Nella ricostruzione degli inquirenti quelle parole sono l’input decisivo per tratteggiare la condotta del primo cittadino. Intenzionato a gonfiare i costi tramite un incarico da 20mila euro «a titolo di corrispettivo per l’approvazione del progetto». Soldi che Bellia, durante la stessa telefonata, bolla come una «tangente». Salvo poi essere in qualche modo corretto dallo stesso Musmeci: «Io non l’ho chiamata tangente. Lui ha detto che è una questione di propaganda politica». «E che ti sembra?», insiste Bellia.
Musmeci però, prima di parlarne con l’ex presidente del Parco, decide in autonomia di telefonare a Stefano Urbani, imprenditore veneto coinvolto nel progetto a Bronte ma non indagato dalla procura. Il numero uno della Etra srl respinge al mittente la richiesta di consulenza da 20mila euro. Ed è lo stesso Musmeci a raccontare a Bellia la reazione: «Il principio non gli è piaciuto affatto – dice – tra l’altro mi ha anche detto che se vuole pagati i manifesti della pubblicità elettorale si può fare ma andare a mettere 20mila euro così no». «Tu prima di parlare con Urbani – interviene Bellia – mi chiamavi e mi dicevi “senti, vedi che è successa questa cosa“». L’ex presidente Bellia spiega a Musmeci quello che avrebbe fatto lui davanti alla presunta richiesta di Calanna: «Avrei chiamato e gli dicevo “ma che minchia sei pazzo?”».
Qualche giorno dopo, il 21 febbraio, Musmeci racconta di avere avuto un incontro con il sindaco di Bronte. All’interno della «solita stanza» l’intermediario avrebbe fatto presente che chi voleva investire a Bronte non sarebbe stato disponibile a sostenere costi extra legati alla consulenza. «Gli ho detto: “Guardi, è stata messa qualcosa là, questo è quello che si può fare“. Lui ha accettato, non c’è stato nient’altro». Nel discorso però non viene spiegato a cosa si fa riferimento come possibile alternativa all’incarico esterno. L’iter di questo progetto, presentato oltre che da Urbani dalla società Ghiggia ingegneria impianti di Torino, è poi proseguito con una conferenza dei servizi in cui, almeno in un primo momento, si è dato parere favorevole all’approvazione.
Ma il colpo di scena è dietro l’angolo e la situazione tra l’imprenditore Urbani e il duo Musmeci-Bellia precipita nei primi giorni di maggio, poco prima del tavolo tecnico convocato negli uffici del municipio di Bronte. In ballo ci sono anche gli affari a Giarre e Piedimonte Etneo. In quest’ultimo Comune era stato presentato un progetto simile a quello della città del pistacchio. Ovvero lo sfruttamento dell’acquedotto per la produzione di energia elettrica. All’appuntamento con Urbani in Sicilia però si presenta un cugino di Musmeci e quest’ultimo, poco dopo, si lamenta della vicenda con la fidanzata durante una telefonata, ricostruendo il presunto ruolo di Bellia. Accusato di essersi messo di traverso per fare fallire tutto: «Ha fatto saltare Bronte e secondo me anche a Piedimonte è tutta una farsa. Lavoro buttato e cose buttate ma alla fine me ne sono liberato e basta». Nei documenti dell’inchiesta, firmati dalla giudice Alba Sammartino, la procura aveva chiesto la custodia cautelare anche per Bellia e Musmeci ma la gip ha rigettato l’istanza. Scenario diverso per Calanna. Finito ai domiciliari «in relazione alla gravità del fatto, ricostruito in un contesto in cui l’indagato risultava avere già sollecitato accordi corruttivi collegati all’esercizio delle sue funzioni».