Il vicesindaco dimissionario Carmelo Santapaola sarebbe stato la «testa di ponte» per infiltrare «il settore della politica». Negli atti dell'inchiesta Revolution Bet 2 finiscono i suoi legami con i Placenti e il progetto di questi ultimi di controllare appalti e assunzioni
Le ombre di Cosa nostra sul Comune di Misterbianco Elezioni, poltrone e mafia «per occupare l’istituzione»
«Una occupazione sistematica dell’istituzione comunale di Misterbianco volta ad avere un controllo pieno di appalti e assunzioni». Come? Probabilmente attraverso una «testa di ponte». Carmelo Santapaola, da ieri ex vicesindaco del Comune a due passi da Catania, sarebbe stato l’uomo scelto dal clan stragista dei Santapaola-Ercolano per «infiltrare» Cosa nostra nel «settore della politica». L’atto d’accusa è quello messo nero su bianco nelle carte dell’inchiesta Revolution Bet 2. Lo stesso che ha causato un violento scossone nella vita politica della cittadina amministrata dal sindaco Nino Di Guardo. Attivo nel provare ad allontanare la tempesta bollando come «un fatto privato» quello che ha messo nei guai Santapaola. Nei documenti decine di telefonate intercettate ripercorrono la scalata politica del vicesindaco dimissionario. Ma anche il suo presunto coinvolgimento nel settore delle scommesse clandestine. Tutto attraverso i suoi cugini: Carmelo, Vincenzo e Giuseppe Placenti, ritenuti dai magistrati della procura di Catania al vertice di un vero e proprio clan.
Il 7 maggio 2012 i telefoni a Misterbianco diventano roventi. Da capire c’è l’esito dello scrutinio in corso per le amministrative, nelle quali Santapaola non è candidato in prima persona. Il suo progetto è quello di schierare una truppa di aspiranti consiglieri con una lista che porta il suo nome. Tra questi c’è anche Alfio Saitta, oggi accusato di associazione mafiosa e presunto socio d’affari dei Placenti. «Come sindaco è sicuro Di Guardo», spiegano a Vincenzo Placenti durante lo spoglio. Il pensiero principale però è per i consiglieri, nonostante la lista di Santapaola sia collegata al futuro sindaco: «Di noialtri non si sa niente?». «Forte sta camminando Riolo, a bomba mbare», gli rispondono. Quattro giorno dopo le urne hanno dato il loro responso e la lista di Santapaola raccoglie 1923 voti, eleggendo tre consiglieri. Per Saitta invece i consensi saranno appena 78.
Con il risultato in tasca per il politico, ritenuto dai magistrati vicino al clan, è il momento del giuramento da vicesindaco. E per lui ci sono anche le deleghe da assessore: «Mi sono preso Verde pubblico e Manutenzioni», annuncia mentre viene intercettato dentro a una Fiat Bravo con Vincenzo Placenti e Saitta. Il neo-vicesindaco è un fiume in piena tanto da svelare di avere rinunciato pure allo stipendio: «Ho rifiutato i soldi. Non me li prendo! – spiega – e ancora mi battono le mani». Placenti gli fa da eco: «Noialtri siamo stati determinanti, la bilancia è caduta cca’ bbbanna».
Con la nomina di prestigio ottenuta, gli appetiti del clan sarebbero stati svelati senza giri di parole. Un ritornello fatto di «appalti e assunzioni» da pretendere e ottenere. Così tra l’idea di organizzare una «mangiata a Lineri con cinquanta chili di salsiccia» e le ambizioni per il futuro politico, «bisogna essere sicuri di salire di nuovo», si comincia a parlare della creazione di una cooperativa. «Noi la facciamo e ci fanno vincere gli appalti – dice Vincenzo Placenti – a Misterbianco se la sbriga Di Guardo, noi non ci mettiamo nemmeno piede. Poi quello che è Lineri, Montepalma, Belsito, Poggiolupo e Serra è cosa nostra».
Il nome dell’ex vicesindaco finisce anche nei verbali di un collaboratore di giustizia: Giuseppe Scollo, un tempo reggente della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola proprio a Lineri, frazione di Misterbianco. A suo dire conoscente diretto del politico: «Fa sapere le notizie sugli appalti – racconta ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia – e vantava amicizie nel Comune di Misterbianco con la possibilità di ottenere posti di lavoro ai parenti degli affiliati». Il dito puntato contro l’ex vicesindaco ci finisce pure quando al pentito domandano del consenso elettorale: «Chiedeva voti per essere eletto e i Placenti mi chiedevano spesso di fare avere i voti a Santapaola e se questi mi incontrava lo stesso mi chiedeva voti».
Carmelo Santapaola, oggi vicino al Partito democratico e alle ultime elezioni regionali sostenitore del deputato Luca Sammartino, non è però stato sempre nell’area dem. Nel suo passato c’è anche il Movimento per le autonomie dei fratelli Raffaele ed Angelo Lombardo. Quest’ultimo, ancora sotto processo per i suoi presunti rapporti con la famiglia mafiosa di Catania, diventa l’argomento di una delle tante telefonate intercettate. Nel racconto, in cui aneddoti e vicende vengono illustrate in modo non sempre chiaro, si farebbe riferimento al licenziamento di due uomini dopo la rottura tra lo stesso Santapaola e il mondo autonomista. Consenso elettorale che spesso nel caso di Santapaola avrebbe fatto rima con il mondo delle scommesse online e l’agenzia Orso bianco di via Milano. Dietro alla quale, secondo i pm, si nasconderebbe una testa di legno per celare la comunanza d’affari tra i Placenti e il politico. A lui, in una intercettazione, si rivolge anche un consigliere comunale. Per effettuare una puntata direttamente al telefono.