Inaugurato nel tardo pomeriggio di sabato 27 ottobre, è il terzo appuntamento della rassegna Incursioni Contemporanee, curata da Sergio Troisi: «Il suo linguaggio figurativo ha un’evidenza visiva quasi fotografica». Guarda le foto
Radioso, Francesco Lauretta in mostra a Villa Zito «Una pittura di doppi, allucinazioni, slittamenti»
Dopo Daniele Franzella e Sandro Scalia, tocca a Francesco Lauretta dialogare con le collezioni pittoriche permanenti della Fondazione Sicilia. Inaugurato a Villa Zito, nel tardo pomeriggio di sabato 27 ottobre, Radioso è il terzo appuntamento della rassegna Incursioni Contemporanee, curata da Sergio Troisi.
L’artista ispicese, reduce dalla personale Due Volte conclusasi la scorsa settimana alla galleria Giovanni Bonelli di Milano, torna in mostra nell’isola che gli ha dato i natali per dialogare con la storia. «Il linguaggio figurativo di Lauretta ha un’evidenza visiva quasi fotografica, come spesso anche la pittura dell’Ottocento – spiega Troisi – Delle tre mostre questa è la prima incentrata sulla pittura. Lauretta chiama in causa il valore di ciò che vediamo: se realtà attuale, reminiscenza o visione onirica. Diventa quindi qualcosa di differente: una pittura di doppi, allucinazioni, slittamenti». Sei sale, per un dialogo d’arte molto ben riuscito.
In apertura, Esercizio 1 remix un paesaggio boschivo frutto di sperimentazioni pittoriche, realizzato da Lauretta in soli 20 giorni. L’immagine sembra sgretolarsi agli occhi dell’osservatore. Dal verde e dal nero emerge un bianco penetrante, luminoso, in quello che per l’artista ispicese è un esercizio di riproduzione, una bozza, senza alcun ritocco. «Ho raccolto alcune opere pittoriche e le ho rifatte, differentemente – racconta Lauretta – Avevo timore di incontrarmi e non mi sono incontrato perché tutto è sorto nuovo». Così la sua Passeggiata rossa Cascina diventa Esercizio 1 remix, pronto a dialogare con i paesaggi di Lo Iacono.
L’uomo stella diventa Mirò remix e risalta tra i Cavalli alla Foce di Ettore De Maria Bergler, pittore di origini napoletane, uno dei più importanti esponenti della pittura Liberty del primo Novecento. Un gioco di sguardi tra passato e presente che nelle stelle di Mirò remix si amplifica. «Le stelle sullo sfondo – spiega Lauretta – sono gli occhi del cavallo che si moltiplicano nello spazio».
Sul retro la storia continua con il ritratto di un ragazzino. È intento a preparare con delicatezza la bardatura e i paramenti del cavallo, il gesto è sospeso, quasi magico. In basso, fuori dal dipinto, alcuni dolciumi di frutta martorana, in memoria di Andrea Di Marco, l’artista e amico, scomparso il 2 novembre 2012. «Andrea quando vide questo quadro, mi disse: “le tue figure sembrano fatte di marzapane” – racconta Lauretta – abbiamo messo alcuni frutti di marzapane qui in sua memoria, per sentirlo nei paraggi, come fosse un fantasma, avevamo un’amicizia straordinaria».
Nella terza sala, in dialogo con i dipinti di Salvatore Marchesi, Femminile, la Dormitio Virginis riprodotta con brillante precisione dal pittore ispicese. Tutto intorno i quadri del pittore parmigiano, specializzato nella riproduzione di interni di Chiese e sacrestie. Sul retro della sala, due bambine. Il ritratto di Giovanna Florio, pallida in volto poco prima di morire, realizzato da Ettore De Maria; e “Stele” di Lauretta, con un occhio bianco, inquietante, ritratto verso l’interno. Presagio di morte e inquietudine in un gioco concettuale tra due ritratti che sembrano essere fatti di porcellana. «L’occhio che guarda avanti – spiega Lauretta – è l’infanzia proiettata nel futuro, mentre l’occhio cieco scruta verso l’interno. Il buio circostante lascia intuire qualcosa di sinistro».
Protagonista del terzo appuntamento di Incursioni Contemporanee un pittore particolare, attento ai dettagli, ma soprattutto alla dimensione luminosa del dipinto. La quarta sala è intrisa di realismo sociale, ottocentesco e contemporaneo. Gli ultimi del pittore catanese Natale Attanasio guardano in faccia i due protagonisti di Non saremo noi. Il matto del paese ricambia lo sguardo, coinvolgendo il visitatore, mentre la ragazza cerca una via di fuga nel suo telefonino. Due isolati che tra loro stessi si isolano, ricordando la prostituta e il barbone de L’Assenzio di Degas.
Sul retro il paesaggio di Quasi euforia 1 riprende i due dipinti agresti dell’artista settecentesco Perrier.
«Lauretta è un pittore che medita – spiega Troisi – riprende un immaginario molto legato alla provincia siciliana riportando lo sguardo al contemporaneo. Mi piaceva molto l’idea di mettere questo tipo di repertorio figurativo di una Sicilia non metropolitana, dei piccoli borghi, a confronto di una pittura ottocentesca che molto spesso tratta questi temi».
Tra le figure femminili ritratte da Aleardo Terzi e Camillo Innocenti, spicca nella quinta sala Quasi euforia 8. Una signora, intenta alla lettura, è resa misteriosa da una luce. Infine – o all’inizio – la stanza dei disegni che da’ il titolo alla mostra. «Radioso è qualcosa che ha la possibilità di espandersi, ed è questo il cuore pulsante, – spiega Lauretta – il luogo in cui ho generato tutto. Mentre nelle altre sale ho giocato una specie di ping pong con la storia, qui c’è il mio fermento generativo». Schizzi su fogli di carta, appunti di idee, in totale libertà, a costituire un corpo unico, in cui il gesto pittorico si libera dalla tensione del quadro.
«Quando chi non mi conosce vede una mia mostra ha difficoltà ad allacciare i fili – continua l’artista ispicese – inizialmente l’idea del museo mi stava un po’ stretta. Io che ho sempre combattuto con la pittura, utilizzando diversi stili».«in realtà non sono stili – si corregge successivamente – ma necessità che ogni quadro mi richiede». Radioso sarà visitabile a Villa Zito fino al 7 gennaio 2019. «Nell’occasione di Palermo Capitale Italiana della Cultura – conclude il presidente di Fondazione Sicilia, Raffaele Bonsignore – abbiamo voluto il dialogo degli artisti siciliani e palermitani con le nostre opere. I soggetti ritratti da Lauretta, ma anche i temi scelti e le modalità con cui trovano espressione nelle opere, determinano un profondo dialogo con la nostra collezione permanente fatto di analogie e contrasti».