Wim Wenders, The Land of Plenty

«Così immaginavo l’America: un Paese di grandi segnali luminosi che davano un senso di leggerezza, di slancio. L’America come un Paese dallo sguardo liberato».
W. Wenders, Stanotte vorrei parlare con l’angelo

A distanza di qualche anno dall’ultimo film ‘americano’ – The million dollar Hotel – Wenders torna a raccontare i destini del continente d’oltreoceano, straordinaria metafora di una contemporaneità alla deriva: all’elegiaca stramberia del ‘puro folle’ Tom Tom subentra il delirio schizofrenico di Paul Jeffris (Jonh Diehl), reduce del Vietnam perennemente assediato dall’obbligo di difendere il proprio paese da nuove, possibili minacce terroristiche.

La sensibilità del regista tedesco verso le forme della metropoli, da sempre al centro del proprio point of view, si carica di una tensione ulteriore, legata alla traumatica ferita dell’11 settembre, subito accennata dalle prime immagini del film, letteralmente immerse nelle emulsioni acide della fotografia digitale. Lo choc visivo di una città irreale, frenetica e immobile allo stesso tempo, è prodotto dalle traiettorie del furgone di Jeffris, una sorta di veicolo di sorveglianza da cui l’uomo osserva e misura ogni centimetro e ogni angolo di Los Angeles. È questa la prima intuizione diegetica di Wenders, la creazione di un occhio elettronico vorace e ricettivo, capace di riprodurre simbolicamente il potere onnivoro dei media. La registrazione maniacale della realtà, la sua scomposizione in frame e voci non è soltanto il segno del disordine interiore del protagonista, ma anche la raffigurazione implicita del rischio di una conoscenza continuamente filtrata dagli strumenti della tecnologia, e per questo mai vergine.

Ad interrompere il flusso mediatico dell’esistenza di Paul interviene lo sguardo cristallino e innocente di Lana (Michelle Williams), tornata in America alla ricerca delle proprie radici, per consegnare allo zio (il nostro reduce) la lettera della madre, morta prima di riconciliarsi con il fratello. La ragazza trova accoglienza e conforto presso la missione “Il pane della vita”, abitata da un’umanità reietta e affamata, simmetrico contraltare delle esistenze peregrine e umiliate – sebbene pur sempre vitali – del million dollar hotel. Nemmeno Lana è del tutto immune dal fascino indiscreto dell’elettronica, la solitudine della sua piccola stanza è invasa, quasi ogni notte, dal riverbero rassicurante dello schermo del suo pc (non a caso, forse, un macintosh, a dispetto del monopolio di Bill Gate!), attraverso cui chatta con Tel Aviv, ricevendo in tempo reale le immagini della tragedia arabo-israeliana. La moltiplicazione di queste marche metalinguistiche (telecamere, registratori, fotocamere digitali, specchi, schermi), che a tratti sembrano appesantire e confondere la narrazione, sono la spia della continua tensione figurativa di Wenders, che almeno a partire da Lisbon story non ha mai smesso di interrogarsi sullo statuto e l’essenza dell’immagine, sulle prerogative dell’atto di vedere.

Anche The land of plenty è da intendersi, allora, come ennesima riflessione sul cinema, sull’obbligo e la necessità di guardare, di aprire gli occhi sulla realtà e sul paesaggio, per conservarne intatta la memoria, oltre il margine del presente. È ancora il deserto infatti, come già in Paris,Texas, e sempre il viaggio a dare un senso al discorso filmico, a sciogliere l’avventura personale di Paul e Lana. La città di sabbia e roulotte dal nome improbabile di Trona diviene infatti il luogo delle consegne: Jeffris, dopo una grottesca irruzione a casa di presunti terroristi (dove trova invece un’inerme vecchietta che ha problemi con il telecomando della tv), legge finalmente la lettera della sorella, accettando l’ultima sua volontà, ovvero insegnare alla nipote il coraggio, che nasce solo dall’accettazione del dolore; Lana, invece, dentro la buia stanza di un motel di periferia assiste all’agonia dello zio, asciuga le ferite e calma il delirio della sua mente sconvolta dagli effetti dell’agent pink. Il viaggio al termine della notte si conclude lì da dove era idealmente partito, a Ground Zero, che la straniata immaginazione di Paul ancora una volta smitizza: «Mi aspettavo di più, non solo un cantiere».

Certamente l’ultima fatica cinematografica di Wenders non conosce la sublime elegia del Cielo sopra Berlino, in cui si sente il respiro e il tocco della parola di Handke, né la grazia leggera di Lisbon story, e nemmeno la sospensione metafisica dello Stato delle cose, ma non poteva essere altrimenti: l’America infatti non è più il continente del sogno metropolitano, e il cinema sembra ancora smarrito tra l’alternativa rivoluzionaria del digitale e la difesa caparbia della pellicola. The land of plenty è un film problematico, a tratti irrisolto perché rigidamente didascalico, eppure riesce – grazie anche al contrappunto espressivo di una colonna sonora straordinaria – a restituire momenti di forte suggestione visiva ed emozionale. Non è tanto l’ingenuità fideistica di Lana a commuovere, quanto la sua curiosa disponibilità verso gli altri, la rabbia giovane di chi trova nell’impegno un’ottima ragione di vita, senza dimenticare gli sfoghi e le passioni dell’età, e così una delle scene più autentiche del film è quella in cui, walkman nelle orecchie, balla sopra i tetti della città degli angeli, contro lo scheletro delle insegne del million dollar hotel, spente (come a dire che alle ragioni dell’utopia segue adesso la grinta pulita delle idee).

Anche Paul Jeffris sa bucare lo schermo e ciò che attrae di più del suo rude accanimento non è l’ostinata volontà di resistere («I vincitori non mollano, chi molla non vince. Quando il gioco si fa duro io picchio più duro. Questo sono io, questo è il mio paese»), ma il sottile senso di colpa che inchioda la sua anima, il peso di una sopravvivenza non richiesta, e l’obbligo dunque di scontare la salvezza ricevuta. La trappola della finzione dentro cui vive assediato è la formula che si è dato per redimere la propria coscienza, il virtual game che ogni giorno costruisce funziona alla grande, almeno finché il destino non mette sulla sua strada la faccia generosa e schietta della nipote.
Il corto circuito si consuma nell’ultima inquadratura del film, una panoramica verticale dal basso verso l’alto, che, per vincere lo schianto di Ground Zero, prova a ridisegnare la vertigine della skyline, con la speranza trattenuta che la prossima volta, a cadere, sia un angelo.

Stefania Rimini 

docente di Storia del cinema presso il Corso
di Laurea in Beni Culturali di Siracusa


Dalla stessa categoria

Ricevi le notizie di MeridioNews su Whatsapp: iscriviti al canale

I più letti

Dal controllo della velocità alla segnalazione di un imminente pericolo. Sono gli Adas, i sistemi avanzati di assistenza alla guida che aumentano non solo la sicurezza, ma anche il comfort durante i viaggi in auto. Più o meno sofisticati, i principali strumenti Adas sono ormai di serie nelle auto più nuove, come quelle a noleggio. […]

Un aiuto concreto ai lavoratori per affrontare il carovita. Ma anche un modo per rendere più leggero il contributo fiscale delle aziende. Sono le novità introdotte dalla conversione in legge del cosiddetto decreto lavoro, tra cui figura una nuova soglia dell’esenzione fiscale dei fringe benefit per il 2023, portata fino a un massimo di 3mila euro. […]

Sono passati tre anni da quando un incendio ha distrutto l’impianto di selezione della frazione secca di rifiuti a Grammichele (in provincia di Catania) di proprietà di Kalat Ambiente Srr e gestito in house da Kalat Impianti. «Finalmente il governo regionale ci ha comunicato di avere individuato una soluzione operativa per la ricostruzione e il […]

«Era come avere la zip del giubbotto chiusa sopra e aperta sotto: ecco, noi abbiamo voluto chiudere la zip di questo giubbotto». Indispensabile se si parla di Etna, dove fa sempre fresco. È nato così CraterExpress, la nuova proposta che permette di raggiungere la vetta del vulcano a partire dal centro di Catania, con quattro […]

Sul nuovo social network X, tale Esmeralda (@_smaragdos), commenta un articolo del Domani a proposito dei finanziamenti alla Cultura elargiti dai Fratelli d’Italia siciliani: «Amici, soldi (pubblici) e politica. In Sicilia tutto fa brodo. Su questo penso non leggerò un commento croccante di Ottavio Cappellani. Perché gli amici so’ amici, gli ex amici so’ nemici». […]

Dodici mesi, 52 settimane e 365 giorni (attenzione, il 2024 è bisestile e quindi avremo un giorno in più di cui lamentarci). Un tempo legato da un unico filo: l’inadeguatezza. Culturale, innanzitutto, ma anche materiale, davanti ai temi complessi, vecchi e nuovi. Difficoltà resa evidente dagli argomenti che hanno dominato il 2023 siciliano; su tutti, […]

Il seme del cambiamento. Timido, fragile e parecchio sporco di terra, ma è quello che pare stia attecchendo in questi ultimi mesi, dopo i più recenti episodi di violenza sulle donne. In principio, quest’estate, fu lo stupro di gruppo a Palermo. In questi giorni, il femminicidio di Giulia Cecchettin in Veneto. Due storie diverse – […]

Mai come in campagna elettorale si parla di turismo. Tornando da Palermo con gli occhi pieni dei metri di coda – moltiplicata per varie file di serpentina – per visitare la cappella Palatina e qualunque mostra appena un piano sotto, lo stato di musei e beni archeologici di Catania non può che suscitare una domanda: […]

Riforme che potrebbero essere epocali, in termini di ricaduta sulla gestione dei territori e nella vita dei cittadini, ma che sembrano frenate dalla passività della politica. Sembra serena ma pratica- e soprattutto, attendista – la posizione di Ignazio Abbate, parlamentare della Democrazia Cristiana Nuova chiamato a presiedere la commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale siciliana. Quella […]

Dai rifiuti alla mobilità interna della Sicilia, che avrà una spinta grazie al ponte sullo Stretto. Ne è convinto Giuseppe Carta, deputato regionale in quota autonomisti, presidente della commissione Ambiente, territorio e mobilità all’Assemblea regionale siciliana. Tavolo di lavoro che ha in mano anche due leggi su temi particolarmente delicati: urbanistica e appalti. Con in […]

Dall’agricoltura alle soluzioni per il caro energia; dalle rinnovabili di difficile gestione pubblica allo sviluppo delle imprese bandiera del governo di Renato Schifani. Sono tanti, vari e non semplici i temi affidati alla commissione Attività produttive presieduta da Gaspare Vitrano. Deputato passato dal Pd a Forza Italia, tornato in questa legislatura dopo un lungo processo […]