Abbiamo voluto provare dal vivo la traversata dei palermitani: il viaggio verso il mare di ragazzi, nonni, nipotini e turisti a bordo del mezzo pubblico. Con due profezie - «i ragazzi sono senza biglietto e il sudore appiccica i passeggeri tra loro» - non sempre vere
Mondello, una cartolina dall’autobus 806 Tra caldo, musica e quell’odore d’estate
Prima della guerra e ancora oggi nei ricordi di alcuni palermitani non più giovanissimi, le giornate in spiaggia erano legate al tram che solcava via Roma e dalla stazione centrale portava fino a Mondello. Immagini d’altri tempi di cui rimane solo qualche foto sbiadita. Per molti dai quarant’anni in giù, invece, le domeniche di mare a Mondello sono legate indissolubilmente, nel bene e nel male, a un numero: una tradizione che si ripete da anni e che MeridioNews ha voluto provare dal vivo per raccontare quella che è la traversata, il viaggio verso il mare di ragazzi, nonni, nipotini e turisti.
Siamo partiti dalla fermata Libertà-Quintino Sella. Una delle prime. Una scelta condivisa con una ventina di altre persone e dopo qualche lungo minuto di attesa – lentamente – la spiacevole sorpresa: ci tocca l’autobus piccolo. Che in realtà sarebbe quello normale, più che sufficiente durante qualunque altro periodo dell’anno, ma meno d’estate, quando l’Amat assegna alla linea anche alcune delle vetture doppie che solitamente operano sull’affollata tratta del 101. «L’806 è l’autobus della spensieratezza, ma anche quello dei giovani senza biglietto che disturbano tutti gli altri passeggeri», racconta un signore che porta con sé due grosse borse. Non in questo caso: l’autobus si ferma, l’unica portiera che si apre è quella davanti e le persone vengono fatte salire una per volta da due controllori che, con lo sguardo, schedano ogni passeggero ancora prima di chiedere il biglietto. Rigidità massima, pochissima tolleranza.
I due scendono e l’autobus parte. Ed è lì che si concretizza la seconda profezia del signore con le borse, che questa volta ha ragione. «Il ricordo più netto dell’806 – diceva – è l’odore pungente, la puzza di sudore dei passeggeri tutti appiccicati tra loro». In tanti, durante il viaggio, cercano di guardare il proprio cellulare. I pochi che ci riescono rischiano di ritrovarsi appiccicati al braccio sudato del vicino o di finire addosso alla signora davanti. Il bus è già stracolmo prima di arrivare a piazza Croci. La maggior parte dei passeggeri è composta da ragazzi piuttosto giovani, seguiti a ruota da anziani e turisti e infine tutti gli altri. Tutti diretti al capolinea. Nessuno oserebbe mai prendere l’806 per avanzare di qualche chilometro su via Libertà, la gente va tutta al mare. E i ragazzi, contrariamente a quanto si possa pensare, non infastidiscono nessuno. Al massimo boccheggiano con la testa il più vicino possibile al finestrino.
La vera spensieratezza è quella che si legge tra le trame disegnate dall’autobus, stavolta ci è toccato quello grande, semivuoto al ritorno. Svanita la calca, solo in pochi ritardatari non riescono a trovare un posto a sedere. Una coppia sale con i vestiti ancora bagnati di chi si è rivestito pochi secondi dopo aver fatto la doccia. La colonna sonora è offerta da alcuni ragazzini amanti del neomelodico, ma bisticcia con il telefono di due ambulanti di ritorno in città che, presi forse da un momento di nostalgia di casa, sovrappongono alle note vesuviane altre melodie e voci d’Oriente. Nessuno si lamenta particolarmente. Qualcuno magari vorrebbe, ma è troppo stanco per infilarsi in una situazione che richiede più concentrazione del dovuto o magari ha ancora il rumore delle onde nelle orecchie sognando una città con il mare a portata di mano e non di autobus. Sognando Romagnolo, che si può raggiungere anche a piedi, ma in cui l’acqua è ancora troppo sporca anche solo per pensare di immergersi.