Oggi guarda con diffidenza alla risoluzione del contenzioso su Corso Martiri della Libertà, cinquantanni fa fu lui a svelare loperazione che cambiò il volto dello storico quartiere di Catania. E lo fece in modo plateale: con un giornale, un partito e portando la giunta in tribunale. Ma alla fine rimase isolato. «Questa città racconta oggi partecipa poco alle battaglie fatte nel suo interesse e accusa di protagonismo chi se ne fa promotore»
Mignemi, ingegnere visionario Denunciò lo scandalo San Berillo
«Cè un signore a Catania che da qualche tempo si è messo a protestare. Si è guardato intorno, ha osservato determinate cose che secondo lui non funzionavano bene e ha deciso di partire, lancia in resta, in una crociata di moralizzazione della vita pubblica cittadina che non esclude nessuno, sindaco e assessori, agenti di tasse e magistrati, onorevoli e impiegati del Comune. Ha fondato un giornale e un partito ai quali ha dato lo stesso nome. Così dal 15 novembre 1965, giorno in cui è apparso il primo numero, i catanesi aspettano con curiosità, alcuni anche con ansia, luscita del giornale».
È il gennaio del 1966 e la rivista nazionale di costume e politica, ABC, presenta così lo strano caso dellingegnere Giuseppe Mignemi. Luomo che aveva osato squarciare il velo che gravava su quella che il professor Mario Caciagli, nel libro Democrazia Cristiana e potere nel mezzogiorno, ha definito «la più grande operazione speculativo-finanziaria mai realizzata a Catania»: lo sventramento del quartiere di San Berillo. Mignemi, a capo di una commissione di collaudo nominata dal Comune, si rende conto del danno economico che si sta perpetrando ai danni della collettività e, anziché far finta di niente come tanti altri, inizia a fare nomi e cognomi ad alta voce. A scriverli sul suo giornale, Il nuovo partito popolare. Ad andare in giro per la città a denunciare la truffa, coperto dalla testa ai piedi da enormi cartelloni. «Tangentopoli nacque a Catania con trentanni di anticipo – ci racconta seduto al tavolino di un bar del centro – E io mi intestardii nel voler capire come avevano fatto ad organizzare un delitto perfetto, di cui nessuno si era accorto».
Ma ripercorriamo la storia della battaglia isolata di questuomo che lo porterà a denunciare alla procura della Repubblica il sindaco Luigi La Ferlita e alcuni assessori della sua giunta. Laccusa è di peculato per distrazione di due miliardi e mezzo di lire in favore della società Istica (Istituto immobiliare di Catania), concessionaria dei lavori, e ai danni del Comune. Nel frattempo tutto sembra andare contro Mignemi. «Al giornale avevo un vicedirettore che si chiamava Salvo Barbagallo racconta Dopo qualche mese La Sicilia per ripicca lo assunse e io non trovai più nessuno disposto a prendere il suo posto». Identiche difficoltà si succedettero anche durante la battaglia legale. «La classe forense catanese si rifiutò in blocco di accusare il Comune». Mignemi perde la qualifica di ingegnere; poi, il 5 febbraio del 1965, arriva anche il carcere: 36 giorni nellistituto penitenziario di piazza Lanza per calunnia nei confronti di Antonino Drago, lallora segretario provinciale della Democrazia Cristiana. E anche in questo caso Catania non muove un dito. «La Sicilia parlò del mio arresto in prima pagina, ma anche in quel caso non mi diedi per vinto. Di solito stavo in isolamento, ma trovai il modo di conoscere i detenuti, confrontarmi con loro, insegnare loro a non dipendere dagli avvocati. In un mese li resi consapevoli dei loro diritti».
Un uomo solo contro un sistema di potere granitico. «Catania è anomala, partecipa poco alle battaglie fatte nel suo interesse e accusa di protagonismo chi se ne fa promotore. Pecca di malpensiero e si trattiene dallessere solidale. Poi, alla fine, si ricrede». Lingegnere Mignemi è abituato a sviscerare date, nomi e cifre a memoria. Ma ricordando la reazione fredda della città alla sua battaglia, lesuberanza si spegne. Gli occhi chiari, circondati da infinite piccole rughe, guardano altrove. Ma è solo un attimo, seguito da un sussulto dorgoglio. «Ancora oggi mi salutano tante persone per strada. Sono consapevole di essere un personaggio, ma se sono riuscito a portare davanti al giudice unintera giunta comunale, il merito è sicuramente della mia formazione». Degli anni di studio al Politecnico di Milano.
Ma qual è precisamente laccusa che Mignemi muove allamministrazione? Nel giugno del 1956 il sindaco La Ferlita e la sua giunta firmano la concessione dellimmensa opera di abbattimento e ricostruzione allIstica: 1milione 800mila metri cubi di cemento su unarea di 240mila metri quadri, mentre i residenti del vecchio San Berillo verranno trasferiti in un nuovo quartiere residenziale. Quello che diventerà successivamente il quartiere San Leone. La svolta arriva nel gennaio del 1965, quando lingegnere Mignemi, a capo della commissione di collaudo di un gruppo di opere realizzate dallIstica, afferma che, per una serie di conteggi inesatti contenuti nel piano economico finanziario, il contratto di concessione rappresenta per il Comune una perdita valutabile intorno a 30 miliardi di lire. Lingegnere, allora, interrompe il collaudo, invia una relazione al sindaco, poi un rapporto alla Procura della Repubblica, poi altri due rapporti sempre alla Procura, quindi, dopo aver raccolto nuovi dati e compiuto nuovi accertamenti, trasforma i tre rapporti in una denuncia ai danni del Comune.
Il 15 novembre 1965 sul suo giornale titola: «Esplode a Catania lo scandalo degli scandali. Un complesso caso di corruzione, peculato e truffa per 40 miliardi. Coinvolti nella vicenda almeno un sindaco, decine di persone e due società immobiliari dimportanza nazionale».
«Con 7mila lire stampai mille copie spiega Mignemi Il primo numero andò a ruba e feci tre ristampe». Ma lingegnere si aspettava reazioni differenti. «Ero convinto che avrebbero fermato i lavori, invece nellimmediato non successe nulla». Il processo, poi, fu un calvario. «In quegli anni il Csm cambiò tre volte il procuratore capo, mentre i pm che si alternarono furono addirittura cinque». In primo grado gli imputati vengono condannati a pene tra 4 e 5 anni di carcere, ma verranno poi assolti in appello.
Oggi lingegnere Giuseppe Mignemi ha superato gli ottantanni e fa il pensionato, ma non ha messo da parte lo spirito battagliero. E, soprattutto, è rimasto un visionario. Tre anni fa ha brevettato il progetto di unautostrada galleggiante, lideale secondo lui per unire Sicilia e Calabria. E lha anche presentato alla Regione. Altro che ponte.
È un convinto sostenitore dellindipendenza della Sicilia, ma nel frattempo, in tutti questi anni non ha mai perso di vista la battaglia di una vita. Quella sul quartiere San Berillo. Ha accumulato carteggi e documenti, anno dopo anno, fino ad arrivare allaccordo siglato il 16 novembre di questanno tra il Comune e i privati proprietari delle aree di Corso Martiri della Libertà, Istica in primis. E ora aspetta con sospetto e diffidenza che le ruspe, dopo 56 anni, accendano nuovamente i loro motori.
[Foto di mauroppi]