Bilancio, irregolarità segnalate da Corte dei conti Tra errori e una «patologica assenza di veridicità»

Il 17 aprile per il Comune di Catania sarà una giornata di passione. L’assessore al Bilancio Salvatore Andò e l’attuale (fino a oggi) ragioniera generale Clara Leonardi non possono non aspettarsi una giornata difficile, a Palermo. Non dopo che, con due note consecutive, il magistrato della Corte dei conti Giovanni Di Pietro ha messo nero su bianco presunte irregolarità, errori, criticità e «risultati di bilancio falsati» nelle relazioni contabili di Palazzo degli elefanti. Più di una tegola: un vero e proprio macigno sul municipio che deve approvare il bilancio preventivo 2018, pena il mancato rinnovo degli incarichi dirigenziali a tempo determinato. Fatto, questo, che getterebbe nel caos una macchina amministrativa già provata dalle inchieste giudiziarie (ricordiamo le dimissioni dell’ex ragioniere generale e lo spostamento forzato alla Cultura dell’ormai ex dirigente dell’Ecologia). La seduta consiliare di questa sera, in teoria quella decisiva, è saltata per mancanza del numero legale. E il previsionale 2018 dovrà andare in aula, i primi giorni di aprile, con un dirigente ad interim.

Nelle 38 pagine complessive, il magistrato contabile analizza l’andamento del piano di riequilibrio pluriennale (in relazione agli anni 2015, 2016 e al primo semestre del 2017) e i bilanci dal 2014 al 2016. Con risultati che, in più di una circostanza, restituiscono l’immagine di un’amministrazione impegnata a spostare risorse da una parte all’altra col tentativo malcelato – poiché messo in evidenza dalla Corte dei conti, che convoca il Comune per il 17 aprile – di nascondere «l’incapacità dell’ente di fare fronte, nei termini previsti, agli adempimenti assunti» e un «mancato perseguimento degli equilibri finanziari». In altri termini, le casse municipali sono sempre in bilico. E la situazione, anziché migliorare, peggiora.

L’eterno rientro dal disavanzo
Quando le casse di una pubblica amministrazione non sono in equilibrio – cioè ci sono più uscite rispetto alle entrate – si verifica una condizione che tecnicamente si definisce di disavanzo. Dal 2011, quando il disavanzo è stato quantificato in poco più di 140 milioni di euro, è salito a quasi 581 milioni di euro in riferimento agli anni 2015 e 2016. Inoltre, secondo il magistrato contabile, questi numeri devono essere ulteriormente rivisti. Perché, citiamo un caso su tutti, il fondo destinato a pagare eventuali contenziosi giudiziari che possano vedere uscire perdente il Comune di Catania conta solo 35 milioni di euro. A fronte, però, di cause in corso (al 31 dicembre 2015) di 712 milioni di euro. Sempre in tema di disavanzo, una parte avrebbe dovuto essere ripianato grazie alla vendita di parecchi immobili comunali, cosa che non è avvenuta e per fare fronte alla quale si è deciso di riparare «rinegoziando i mutui». Operazione prevista dalla legge, ma che non sarebbe stata supportata da una delibera di giunta adeguata.

L’incertezza sui debiti: le partecipate, Europea 91 e il parcheggio Due obelischi
I debiti del Comune di Catania, spiega la Corte dei conti, non si sa quanti sono. Continuamente sottostimati, il loro aumento sarebbe diventato «patologico», tanto da dimostrare «l’assenza di veridicità e trasparenza del piano di riequilibrio. Nelle due note arrivate a Palazzo degli elefanti si citano alcuni casi in particolare: i debiti fuori bilancio da riconoscere, alla fine del 2016, erano quasi 81 milioni di euro; quelli nei confronti della Sidra 48 milioni di euro; il trasferimento di oltre 40 milioni di euro dalle casse dell’Amt in liquidazione a quelle del municipio. C’è poi la questione della gestione dei contenziosi legali. Il primo è quello con la società Europea 92 per la mancata realizzazione dell’asse viario di San Giovanni Galermo: alla fine il Comune ha concordato di pagare due milioni e 720mila euro, ma le spese sono aumentate perché l’amministrazione non lo ha riconosciuto come debito fuori bilancio. Il secondo, e forse più interessante, è quello per la realizzazione del parcheggio Due obelischi, che vede – tra i creditori – anche l’ex moglie del sindaco Enzo Bianco, Maria Antonietta Zeno. All’inizio i milioni di euro da pagare erano diecipoi sono lievitati a venti per le inadempienze dell’amministrazione. Soltanto che questo debito era noto già nel 2015, ma il suo pagamento (ancora non avvenuto) è stato spostato al biennio 2016/2018 «al solo fine di chiudere in pareggio il bilancio di previsione 2015». In altri termini: per salvare le casse del Comune, la ex first lady (insieme ad altri creditori) è rimasta a bocca asciutta. Sebbene avrebbe diritto a svariati milioni di euro per i terreni che le sono stati espropriati nel 1989.

L’incapacità di riscuotere
Puntualmente il Comune di Catania chiede soldi alla Cassa depositi e prestiti. Lo fa tramite lo strumento delle anticipazioni di liquidità che, al 31 dicembre 2016, ammontano a quasi 200 milioni di euro. In più, rileva il magistrato contabile che ha redatto i due documenti di cui parliamo, l’amministrazione comunale non ha previsto un piano dei rimborsi di queste anticipazioni. Quindi non si sa quand’è che i soldi saranno restituiti e attingendo a quali risorse. La crisi di liquidità, però, è da collegarsi strettamente all’incapacità di Palazzo degli elefanti di riscuotere quanto deve, cioè le tasse comunali o le multe elevate dalla polizia municipale. Due voci che vengono riscosse, rispettivamente, per l’1 per cento e per il 5,96 per cento. Vale a dire: non paga nessuno e il Comune non riesce a intercettare gli evasori. E questo nonostante il servizio di riscossione dei tributi sia esternalizzato e sempre rinnovato dal 2015, senza che venga espletata una nuova gara.


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