Il padre di un alunno delle medie ci scrive per raccontare una storia tragicamente quotidiana. Tutto ruota intorno a due seggiole malandate, tenute insieme con il nastro adesivo - La scuola e l'arte di "arrangiarsi"
Io, mio figlio e il gioco delle sedie
«Non vi conosco benissimo però non so cosa farne della storia che sto per raccontarvi ed invece penso che vada raccontata, non è tragica in sé, a me sembra però grave», così il signore che ci ha voluto spedire la lettera che state per leggere: un resoconto amaro sulla battaglia quotidiana di tanti genitori, docenti, studenti che non si rassegnano e fanno domande scomode. A cui nessuno dà risposta.
Sono padre di un bambino di 13 anni che frequenta la scuola media “Q. Maiorana” di Via C. Beccaria a Catania. Qualche giorno fa mio figlio mi racconta che da qualche giorno in classe hanno due sedie rotte che si passano a turno tra di loro, in sostanza loro in classe sono 19 ed hanno 17 sedie “buone” e due invece rotte ed incollate con lo scotch, che non ti puoi sedere nel verso dritto perché altrimenti si rompono del tutto. Sempre mio figlio mi dice che, se volessimo, noi genitori potremmo andare a chiedere spiegazioni alla dirigente scolastica, quasi per decidere e per valutare chi si può occupare – oltre alla scuola – di questa emergenza presso gli uffici competenti del comune di Catania. Mia moglie vi si reca e ne riceve fondamentalmente una manifestazione di impotenza: vi era presente la “vice”, la quale esprime la propria posizione ininfluente rispetto agli uffici comunali.
In questa occasione, quando ne riparliamo a casa, è mio figlio stesso che commenta che i soldi serviti per l’acquisto recente della lavagna luminosa forse sarebbero potuti servire per l’acquisto delle tanto discusse sedie; forse la scomodità stava facendo il suo effetto.
Così mi metto a cercare quale ufficio potrebbe essere quello che decide e gestisce queste spese e lo trovo: è l’Ufficio all’Istruzione pubblica di Via Maddem. Comincio a chiamare ed a tentare di parlare con qualcuno spiegando con molta calma il mio personale disappunto; mi spiega la prima interlocutrice, parlandomi in un colorito ed emotivo dialetto, che «…senza soddi non si canta missa…»; quando poi accenno al tema della responsabilità, allora il suo tono si “chiude” e lo scambio da piacevole diventa formale e delegante al capo: l’architetto Manuele.
Richiamo per cercarla, ma non la trovo; trovo una signora che invece molto empaticamente mi capisce, ma non sa cosa voglia io quando parlo di responsabilità, perché tanto oramai la gara è al suo iter e basta aspettare i “tempi tecnici” e tutto si risolverà, comunque mi assicura che la dirigente è disponibile e se proprio lo voglio potrò richiamare: la sostanza sembra essere: «anzi, questa sta facendo del suo meglio…». Io però non sono contento perché non riesco a capacitarmi del fatto che non ci sia un responsabile per quelle sedie che mancano: sedie, non lusso.
Così richiamo nei giorni seguenti e così trovo uno che mi ha fatto passare la voglia, nel senso che dopo aver parlato con lui ho sentito la sensazione del muro di gomma in faccia. Questo, molto brevemente, dice che oramai non è tanto importante capire di chi è la responsabilità e che bisogna accontentarsi del fatto che la gara è avviata, che la richiesta della scuola verrà esaudita quanto prima, ma non dà tempi certi, parla in modo criptico di certificati antimafia che ci sono e non ci sono; se voglio posso scrivere una segnalazione da inviare alla Dirigente, con tanti saluti alla disponibilità. Nel suo dire c’è anche la sottile argomentazione che dovrebbe portare a farmi chiedere come mai la dirigente scolastica, vista l’emergenza e l’autonomia, non ha pensato lei a comprare queste “quattro” sedie. Di fatto, dopo questa ennesima chiamata io mi trovo in questa situazione:
– le sedie non ci sono e non ci saranno ancora non so fino a quando;
– non ci sono sedie in altri istituti o perlomeno fra di loro non se le scambiano più perché oramai tutto il circuito ne ha poche e visti i tempi ognuno – leggi: dirigente scolastico – se le tiene strette;
– parlare di responsabilità è come parlare di mafia: non esiste e se esiste è una parola che scotta. In pratica il problema sembra essere chi se la prende la responsabilità di dire che esiste la responsabilità?
– non so più e non ho capito a chi tocca comprare queste sedie, se cioè anche il dirigente scolastico avrebbe potuto essere più accorto;
– ecco perché non mi sono occupato in tutti questi anni di refezione scolastica – dei miei figli – che è un altro di quei settori in cui c’è da perdersi;
– ma cosa posso dire a mio figlio senza sembrare e dare un’immagine di impotenza anch’io?
– ma può un funzionario pubblico tacere sulle responsabilità degli altri oltre che su quelle sue?
Io non volevo prendermela con nessuno ed ancora non me la voglio prendere con nessuno: ma così si rischia però di perpetrare il fatto, il costume, la prassi che nessuno è responsabile e questo è il tradimento maggiore di tutti i possibili messaggi educativi.
(lettera firmata)