Frutta martorana, dalla leggenda alla variante segreta L’ideazione dei dolci si deve alle suore del monastero

Piccole delizie. Colorate, se di buona fattura dolci al punto giusto. La frutta martorana è una specialità dolciaria tipica di questo periodo dell’anno che ha origini strettamente palermitane. «Il monastero della Martorana fu il terzo che venne edificato in città dopo quello del Santissimo Salvatore e quello del Gran Cancelliere. Fondatori del monastero furono Eloisa e Goffredo Martorana nel 1194, sotto la regola di San Benedetto. Avrebbe mai immaginato Eloisa Martorana, nobildonna palermitana, fondatrice del monastero accanto alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, che il suo nome sarebbe stato ricordato nei secoli futuri perché legato a dolcetti dai colori accesi, confezionati proprio dalle mani sapienti delle monache?». Così Maria Oliveri scrive nel suo libro I Segreti del Chiostro in merito alla nascita della tradizione dolciaria che accompagna la Festa dei Morti. 


La leggenda narra che la frutta martorana fu inventata per decorare gli alberi del chiostro che in autunno restano spogli, con della frutta, in particolare limoni e mandarini, realizzata con un impasto di mandorle e miele. Queste prelibatezze furono realizzate – secondo quanto si apprende dal libro –  in occasione della visita di un vescovo o di un re, forse Ruggero II. Deriverebbe da qui anche il nome di pasta reale, degna di un re: «Erano dipinti così bene da sembrare agrumi veri!».  

Come da tradizione la frutta martorana veniva realizzata per la festa dei morti, una ricorrenza molto sentita non solo a Palermo ma anche in tutta la Sicilia. Adesso si trova in vendita in tutti i periodi dell’anno. «Le suore del monastero di Santa Caterina, che fino agli anni ’80 del secolo scorso vendevano i dolcetti della tradizione attraverso la ruota del convento, erano solite realizzare i frutti di martorana con un ripieno di cedrata  – racconta l’autrice del volume –  che conferiva all’impasto di mandorle e zucchero un retrogusto di agrumi». 

Erano particolarmente conosciuti i fruttini plasmati in forma di grappolo d’uva: «con grande pazienza ogni acino veniva riempito di conserva di cedro – conclude –  dalle mani delle abili suore pasticcere. Le monache inoltre erano solite regalare delle pomelie fresche a chi acquistava i loro dolci. Le ultime fiorivano proprio nei giorni della vendita della frutta martorana, a fine ottobre». 

Ecco la ricetta tratta dal libro I Segreti del Chiostro

Ingredienti:

1 kg mandorle siciliane
800 g zucchero
600 ml di acqua
1 bustina aroma vaniglia in polvere
4 mandorle amare

Procedimento:

Scottate le mandorle in acqua bollente, pelatele e tritatele finemente. A parte in un largo tegame mettete a sciogliere lo zucchero con l’acqua e unite la vaniglia. Portate a ebollizione, mescolando sempre. Quando lo zucchero fila spegnete la fiamma, versate in una volta sola le mandorle trite e mescolate velocemente, facendo amalgamare il tutto. Versate su una spianatoia e fate raffreddare. Formate fruttini a piacere, con le mani o con gli stampini di gesso: mandarini, limoni, castagne, pere. Colorate con colori alimentari e lucidate con gomma arabica.


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